Il sopralluogo del sindaco de Magistris al cantiere di piazza Garibaldi lo scorso maggio conferma la nuova vocazione che l’amministrazione napoletana intende assegnare all’area: porta decorosa per i sempre più numerosi turisti che visitano la città. Tra le iniziative che concorrono a definire il nuovo profilo della piazza c’è anche quella del Mercato dei Colori, la cui realizzazione è prevista entro luglio: progetto che promette inclusività, ma che invece, nel tentativo di accomodare chi abita i quartieri vicini, rischia di dimostrarsi esclusorio. Soprattutto verso i venditori ambulanti dello storico mercato di via Bologna, modello di integrazione realizzato attraverso lunghe battaglie politiche, che ora rischia di venire spazzato via sventolando la promessa del nuovo mercato.
Il progetto del Mercato dei Colori che si intende realizzare sulla piazza antistante la stazione è ispirato al principio della multiculturalità, mettendo insieme l’artigianato multietnico, un mercato dei fiori e l’artigianato napoletano. L’iniziativa rientra in una variante del grande progetto di riqualificazione della piazza firmato da Dominique Perrault e cofinanziato da Grandi Stazioni, inizialmente criticato perché sottraeva spazio pubblico ai quartieri adiacenti senza però contribuire al loro miglioramento, a dispetto della ingente spesa di fondi pubblici. La Municipalità 4, raccogliendo le istanze dei comitati di abitanti, in particolare dell’area del Vasto, si è fatta promotrice di una modifica al progetto. La variante approvata – in fase di esecuzione – prevede varie attrezzature di cui si immagina che possano usufruire gli abitanti: campi da calcetto e da basket, una pista da skateboard, un parco giochi e una gradinata per spettacoli, insieme ai gazebo che dovranno ospitare il Mercato dei Colori. Il nuovo mercato ambisce a rimpiazzare l’esperienza del mercato di via Bologna, diventato un problema – secondo i fautori del Mercato dei Colori – in relazione alla contraffazione e allo spaccio di droga.
Uno spazio conteso
La fama del mercato di via Bologna però non è sempre stata così negativa. Per lungo tempo, anzi, è stato portato come esempio di integrazione di successo. Da oltre vent’anni, i suoi commercianti di nazionalità mista – italiani e senegalesi soprattutto – vendono merce autorizzata con regolare licenza. Negli anni Novanta, quando la comunità senegalese iniziava a dare il proprio contributo alla demografia locale, l’ambulantato informale rappresentava la principale fonte economica per molti dei nuovi abitanti della città. All’epoca l’insieme di bancarelle disegnava una T, occupando oltre all’area di via Bologna anche un tratto del marciapiede di piazza Garibaldi, e – non essendo formalmente autorizzato – subiva continui sgomberi da parte delle forze dell’ordine. Questo segnò l’inizio di una lunga battaglia politica e culturale, portata avanti dall’Associazione dei senegalesi insieme all’Associazione 3 Febbraio, per cambiare la percezione degli ambulanti da parte del quartiere e per conquistare il diritto formale del mercato a esistere. Le prime autorizzazioni per le bancarelle su piazza Garibaldi arrivarono nel 2000, sotto la giunta Bassolino. Nel 2001 anche il tratto di via Bologna venne formalmente riconosciuto e regolamentato dall’amministrazione. Il riconoscimento rappresentò una grande vittoria – non solo contro gli sgomberi ma anche contro la camorra, al cui controllo il mercato da sempre sfuggiva.
Dai primi anni Duemila in poi, dunque, i venditori del mercato di via Bologna hanno potuto esporre la propria merce con regolare licenza. Ma nel 2011 l’amministrazione de Magistris ebbe la necessità, in vista del processo di riqualificazione della piazza, di delocalizzare, con un’ordinanza, il tratto del mercato su piazza Garibaldi. I commercianti risposero accogliendo i posteggi rimossi da piazza Garibaldi all’interno del tratto di via Bologna. Oggi la localizzazione del mercato è tornata a rappresentare un problema in senso duplice: da una parte, occupa un tratto di strada che impedisce l’accesso a un nuovo parcheggio costruito sotto piazza Garibaldi; dall’altra, i comitati di abitanti del Vasto lamentano che tra le sue bancarelle si annidino spaccio di droga e vendita di merce contraffatta, contribuendo a generare un disordine che maschererebbe presunte attività illecite svolte dai negozi alle loro spalle, e ne vorrebbero la rimozione dal quartiere. Nel 2016, quando per liberare il tratto di strada che avrebbe permesso l’accesso al parcheggio si tentò di arretrare il mercato all’interno del quartiere, i comitati del Vasto insorsero. Che le accuse di illeciti siano fondate o meno, i comitati hanno saputo farsi sentire e quando nel 2017, a parcheggio ultimato, si è tornato a parlare del mercato, lo si è fatto in termini di rimozione.
Scala metropolitana
Poiché si chiede che il mercato di via Bologna venga rimosso, la finalità del Mercato dei Colori è anche quella rimpiazzare il vecchio modello di integrazione, ormai tacciato di essere fonte di problemi, con uno nuovo. Nei fatti, però, il passaggio da via Bologna a piazza Garibaldi non si prospetta altrettanto semplice. Gli ambulanti di via Bologna, che al momento conta quaranta posteggi, potranno sì partecipare al bando per i trenta posteggi (su un totale di ottanta) riservati alla sezione “multiculturale” del nuovo mercato, ma trattandosi di un bando pubblico l’assegnazione avverrebbe sulla base del punteggio ottenuto, e non per diritto. La municipalità ha rilevato, in questo senso, che molti ambulanti non sarebbero interessati a parteciparvi, a causa degli elevati standard di qualità dei prodotti imposti dai requisiti del bando, troppo alti per la merce attualmente venduta in via Bologna. A dispetto quindi dell’ambizione multiculturale del progetto, non esiste garanzia per i venditori storici di potersi trasferire con successo all’interno del nuovo mercato, caratterizzato da requisiti e vocazione differenti.
Le vicende dei mercati di via Bologna e dei Colori si inseriscono in un contesto di riqualificazione urbana più ampio, che interessa questa parte di città in funzione di obiettivi di portata metropolitana. Il processo di trasformazione di piazza Garibaldi sembra capace di portare beneficio anche ai quartieri adiacenti, dove si inizia a investire in strutture destinate ai turisti attesi in futuro. Lo sviluppo del Vasto da sempre si lega alla stazione centrale e a piazza Garibaldi – rispetto alle quali il quartiere soffre, storicamente e tuttora, un ruolo di subalternità. Basti ricordare che quando il fabbricato della stazione, nella sua prima forma del 1867, fu localizzato nell’area dell’odierna piazza, ebbe l’effetto di compromettere la completa esecuzione del progetto urbanistico dell’area e l’espansione a est dell’intera città. Ma se in passato la superficie della piazza ha saputo ospitare alcune delle esigenze commerciali del Vasto, l’attuale processo risponde invece a necessità metropolitane, legate al crescente traffico di pendolari e turisti. L’apertura alle istanze poste dagli abitanti del quartiere, come nel caso del Mercato dei Colori, non è ancora sufficiente a definire la complessiva azione progettuale come condivisa e inclusiva, o guidata dalle esigenze dei quartieri limitrofi.
“Il panorama della grande piazza con lo sfondo del Vesuvio diventerà un nuovo simbolo di Napoli dove scattare selfie”, sostiene Ennio Cascetta, presidente di Metropolitana di Napoli, in un articolo pubblicato nel mese di marzo da Repubblica – facendo riflettere sul valore iconico che si vuole assegnare alla piazza. Al contempo, le attrezzature pensate per i quartieri inserite nella variante del progetto, immerse nel contesto di trasporto pubblico a elevato transito, corrono il rischio di venire assoggettate a quella logica e non riuscire a soddisfare le richieste per cui sono nate. Insieme al Mercato dei Colori, hanno il sapore di una timida concessione fatta solo alla fine del processo, nel tentativo di riparare a una disattenzione verso le necessità del vicinato. Nel processo di trasformazione in atto, la stazione e la piazza (la più grande di Napoli) non possono che giocare un ruolo metropolitano, per dimensioni, posizionamento e funzione, riuscendo al più a rappresentare una valvola di sfogo per le problematiche di convivenza irrisolte del Vasto.
Una soluzione condivisa
Va riconosciuto d’altra parte che l’amministrazione attuale sta portando avanti uno sforzo importante per tenere insieme sviluppo urbano e multiculturalità, soprattutto mentre quest’ultimo rischia di non essere più considerato un valore, come dimostrano alcuni fatti di cronaca che hanno riguardato il Vasto di recente. Approcci diversi alle trasformazioni urbane, realmente inclusivi, sono però possibili. Da alcuni mesi, per esempio, è al lavoro presso il dipartimento di Architettura della Federico II, l’Informal City Design Studio, un laboratorio di ricerca composto da docenti, ricercatori e studenti, che ha dedicato grande attenzione all’area del Vasto sviluppando il lavoro attraverso l’elaborazione di alcune tesi di laurea. Nella proposta elaborata da Eliana Staiano e Ciro Commitante (relatrice Paola Scala), viene esplorata una strategia di trasformazione urbana condivisa, estesa all’intero territorio del quartiere e fondata sulla logica “win/win”. In tale logica, i diversi attori in gioco (istituzionali, economici e sociali), generalmente portatori di interessi contrastanti, cooperano con l’obiettivo del bene comune: ciascuno riesce a migliorare la propria condizione nel rispetto di quella dell’altro. Le varie reti di attori si intrecciano per attivare, in edifici e aree abbandonate o sottoutilizzate, degli hub, dispositivi dove lo spazio pubblico, la conoscenza e la produzione artigianale multiculturale si incontrano, mettendo a frutto le grandi potenzialità presenti nel Vasto. Un esempio è quello ipotizzato in alcuni spazi, attualmente inutilizzati, che si trovano al piano terra e in copertura di Palazzo Alto (il grattacielo della Stazione). Grandi Stazioni potrebbe farsi promotore del riadattamento di questi spazi assegnandoli a tutti i mercanti di via Bologna, ottenendo, come ulteriore contropartita, la liberazione della strada che dà accesso al parcheggio sotterraneo. A valle del processo quindi, Grandi Stazioni sfrutterebbe al massimo il parcheggio e ricaverebbe una rendita dall’assegnazione dei posteggi; i mercanti troverebbero una sede dignitosa e probabilmente più redditizia e i residenti vedrebbero soddisfatta la loro richiesta di decoro e sicurezza.
Il Mercato dei Colori, progetto presentato come multiculturale e al servizio dei quartieri adiacenti piazza Garibaldi, corre il pericolo di tramutarsi in uno specchietto per le allodole per chi quei quartieri li abita, escludendo al contempo chi non sa parlare il linguaggio della riqualificazione e della “qualità” dei prodotti. Per farne un progetto inclusivo, l’amministrazione dovrà interrogarsi sui processi in atto. Quella di piazza Garibaldi e del quartiere Vasto è un’area segnata dalla complessità, in cui però esistono realtà civili che, anche partendo da posizioni apparentemente distanti, riescono comunque a dialogare senza pregiudizi (è il caso del Comitato Orgoglio Vasto e di attivisti che abitano il quartiere, per esempio). È una circostanza non scontata, e che crea le basi per pensare a una progettazione che tenga davvero insieme gli obiettivi economici e i principi di inclusione. (arianna bianchi e ciro commitante)