
LA FESSURA
Anke Feuchtenberger
Canicola, 36 pagine, 17 euro
Nel libro La guerra non ha un volto di donna la giornalista bielorussa Svetlana Aleksievič spiega che le donne che hanno vissuto un conflitto armato non lo raccontano nella maniera ufficiale a cui abbiamo fatto l’abitudine: non c’è eroismo propagandistico e nemmeno la celebrazione epica delle vittorie estorte al nemico sopraffatto. Nelle testimonianze femminili la guerra ha odori, colori e spazi propri. E si racconta con parole intime che a fatica entrerebbero nei manuali di storia. È un atto inumano che incastra e si nutre di esseri umani. In guerra non sono solo le persone a soffrire: soffrono la terra, gli alberi, gli animali. E quello che è più terribile, dice Aleksievič, è che lo fanno in silenzio.
Le persone, gli animali e gli spazi che popolano La fessura (Canicola, 2021), l’ultimo lavoro dell’illustratrice tedesca Anke Feuchtenberger, sembrano fare eco proprio a questa comunanza esistenziale.
Nel libro di Feuchtenberger tutto ha inizio con la domanda – “cos’è una fessura?” – che un bimbo fa a sua nonna mentre scendono dal vagone di una metropolitana. La curiosità infantile resta però temporaneamente insoddisfatta perché nella mente della donna si è aperto un tunnel spazio-temporale che la ammutolisce. All’improvviso, infatti, in quella semplice parola si è concentrato tutto il peso del mondo. Un fagotto troppo grosso che lei si rifiuta di affidare al nipotino.
Cos’è una fessura? Fessura è quello squarcio nel camino da dove, quando è notte, fuoriescono frotte di pipistrelli. È il varco in cui si insinuano i ricordi, alle volte con dolore. Al tempo stesso è quel baratro che resta tra le persone dopo un litigio o quando una pandemia semina isolamento e diffidenza. Fessura è la fenditura da cui nasce la vita ma anche password che delimita frontiere tra chi è degno di vivere e chi non lo è.
Tavola dopo tavola Feuchtenberger ci invita a viaggiare nel suo universo intimo senza però regalarci il biglietto. “Questo spazio è per me. Non è il mio spazio”, scrive l’autrice a margine di una delle sue illustrazioni, ed è forse a questo punto che la storia che racconta acquisisce un carattere espressamente organico. Qui l’essere umano non la fa da protagonista, è invece co-partecipe del divenire della vita – insieme ai pipistrelli, ai rami degli alberi e ai tunnel della metropolitana.
Tutto è vivo nel racconto che traccia Feuchtenberger – e il tutto, a seconda delle circostanze, contiene, accoglie, espelle. E chissà, in questo destino comune non siamo che batteri annidati nel manto del mondo. (caterina morbiato)