
TANGO
Antonio Pronostico e Fulvio Risuleo
Coconino Press, 230 pagine, 24 euro
Di Tango, l’ultimo fumetto realizzato dalla coppia di autori Fulvio Risuleo e Antonio Pronostico, si può dire che racconta del rapporto di coppia. Considerazione, questa, vera quanto evidente, anche solo sfogliando il volume: Lele e Miriam sono al centro della scena, si avvicinano, si allontanano, i loro corpi si avvicendano come in una danza. È con queste premesse che ho iniziato la lettura, curioso di leggere una storia su un tema di cui non è semplice (almeno quanto invece è necessario) dire qualcosa di originale. Quello che colpisce del fumetto e di cui si è molto parlato, è la struttura: Tango, ispirandosi al romanzo Rayuela di Cortázar, pone chi legge davanti a una serie di bivi in cui sarà lui/lei a scegliere che direzione prenderà la storia.
Questa scelta apre già a una serie di possibili riflessioni, ma non tutto il fumetto è giocato su questo espediente: la storia a bivi si limita alla vita che Lele e Miriam conducono nella nuova casa, acquistata insieme da poco, mentre tre sequenze (distribuite all’inizio, in un momento vicino alla conclusione e nell’epilogo) mostrano proprio il momento della visita all’immobile insieme a un dipendente dell’agenzia. A queste due situazioni, marcate da diversi colori delle pagine, si aggiunge la sequenza del documentario sulla savana, che i due protagonisti guardano insieme nella nuova camera da letto.
Ora, se la sezione che racconta la vita della coppia dopo l’ingresso nell’appartamento è centrale e narrativamente interessante, io vorrei invece concentrarmi sulle premesse, quel momento che è l’origine del racconto e che apre le danze: la scelta della casa.
Nel momento in cui cominciamo la lettura, capiamo immediatamente la situazione: l’agente immobiliare descrive le stanze, la coppia si guarda intorno con interesse, si scambia battute sottovoce per commentare le parole di chi li sta guidando nel piccolo tour degli spazi. Attraverso il disegno essenziale e sinuoso di Pronostico riconosciamo quello che è un topos narrativo. Basta pensare a quanti film iniziano con l’ingresso nella casa nuova, soprattutto nel genere horror, ma non solo (Panic room di Fincher si apre con una scena analoga, mentre un esempio illustre è sicuramente Shining, in cui la famiglia viene introdotta dal direttore dell’albergo negli spazi dell’Overlook Hotel). Insomma, comprare una casa, accettare di trasferirvisi, è un momento di passaggio, una soglia: anche per la coppia di Tango si intuisce che è un passo delicato e che da lì in poi le cose saranno diverse. È l’ingresso in un luogo che scandisce un prima e un dopo.
Tale scelta è così centrale che non solo dà inizio alla storia raccontata, ma la conclude: come accennato, l’ultima sequenza ritorna a quel momento e chiude una narrazione che risulta quasi circolare. Naturalmente quel quasi è una delle chiavi di lettura del fumetto di Pronostico e Risuleo. Non voglio fare anticipazioni, quindi mi rifarò ancora a Shining: nel film di Kubrick è il luogo stesso che spinge perché il passato si ripeta, perché Jack commetta un omicidio che ha già commesso; ma non ci riesce, madre e figlio scappano. La fuga è un’immagine che torna anche in Tango, con note meno drammatiche e più surreali: Miriam e Lele non fuggono da una violenza, ma possiamo comunque notare la presenza di un passato, di una struttura circolare dalla quale uscire.
Questa chiusura è resa efficacemente dalla rappresentazione grafica della casa: un’intera sezione del libro ci mostra la piantina dell’abitazione, riprendendo lo stile delle carte usate da architetti e agenti immobiliari, all’interno della quale la coppia non fa altro che litigare. Non escono mai dall’abitazione e la visione dall’alto suggerisce l’idea che i due protagonisti siano stati messi lì da qualcuno che li sta osservando senza essere visto. Insomma, sembrano animali in gabbia e qui risulta piuttosto chiara l’opposizione con i leoni del documentario: l’uso di colori intensi e uno stile vicino all’espressionismo, vignette che riempiono ciascuna metà della pagina, tutto suggerisce una situazione radicalmente diversa da quella ripetitiva ed estremamente stilizzata vissuta da Miriam e Lele.
In fondo, nel nostro immaginario arriva sempre il momento per una coppia di andare a vivere insieme e, quando non succede, viene considerata un’eccezione: “Insomma, sono anni che vi frequentate, perché non andate a convivere?”. Non è un caso se l’acquisto dell’appartamento non è tra le possibilità della storia a bivi e nemmeno che tutte le scelte possibili portino alla scena del documentario. La casa appare come un destino, qualcosa cui si è condannati in partenza e che perseguita già il futuro della coppia (la struttura a cerchio, ricordate?).
Ciò che Tango mette in discussione è proprio l’ineluttabilità di una scelta che, forse, non è sana per chiunque. Comprare casa rompe alcuni equilibri dei due protagonisti, i quali si troveranno chiusi in una dimensione nuova; darà voce a tutta una serie di ansie e di paure, finirà per opprimere e snaturare le loro forze, ridotti a leoni in gabbia. La metafora dell’abitazione che consuma i suoi inquilini non è nuova: c’è la casa che divora, che trasforma, che uccide. Questo è un espediente, lo abbiamo detto, che torna spesso nel genere horror perché la casa, che dovrebbe dare sicurezza e proteggere dal mondo esterno, si rivela una minaccia. Ma non si tratta solo di questo: la casa isola, chiude, divide. È quel luogo di stabilità necessario per condurre la propria vita in maniera funzionale: quanti racconti di fantascienza hanno accostato quartieri e città a un alveare? Nella casa si invecchia, col rischio di venire consumati dallo scorrere di un tempo ripetitivo e sempre uguale.
Questo è evidente in un altro fumetto, che si presta a essere accostato all’ultimo lavoro di Pronostico e Risuleo: si tratta di Vivono in me di Jesse Jacobs, pubblicato da Hollow Press nel 2017. La situazione iniziale è identica: una coppia visita una casa in vendita in compagnia di un’agente immobiliare. L’abitazione, a detta dei due anonimi visitatori, “è perfetta per noi”, e l’intera narrazione è costellata da quelle piccole chiacchiere che si conducono in queste situazioni: “Questa sarebbe perfetta per la stanza del bebé”, “Mia sorella conosce il feng shui”, “Siamo stati talmente impegnati, dalla nascita di Junior!”.
Il fumetto di Jacobs è giocato sull’assurdo e il paradossale e dopo poche pagine ci rendiamo conto che i due possibili acquirenti stanno invecchiando molto rapidamente nel corso della visita (e con loro il figlio, che nella prima sequenza deve ancora nascere). A questa nota inquietante si aggiunge la rappresentazione della casa: questa è a tutti gli effetti un essere vivente, con una propria fisionomia, volontà e voce, che si nutre di chi la abita – “Non hanno scelto loro la casa. È la casa che li ha scelti”. Le interpretazioni possibili sono numerose (tra cui quella che leggiamo nella prefazione di Noah Van Sciver, secondo cui “la casa rappresenta il signor Jacobs” e i lettori sono i possibili inquilini), ma due sono particolarmente esplicite; da una parte vediamo il risentimento dell’abitazione nei confronti degli esseri umani che l’hanno costruita, che può essere letto in chiave ecologista: “Le assi storte del mio telaio dovevano restare nei boschi, il metallo dei miei tubi e dei miei cavi, sottoterra. La mia esistenza è un insulto all’ordine naturale delle cose”.
Dall’altra parte la casa che sceglie le proprie vittime e le consuma è in linea con il discorso che abbiamo sviluppato per Tango. I potenziali inquilini entrano in scena già all’interno della casa, che sarà l’unica ambientazione dell’intero fumetto e, vissuta un’intera vita nelle sue stanze, la famiglia viene presto sostituita da altri acquirenti, in una struttura perfettamente circolare che richiama lo stile grafico di Jacobs, fatto di geometrie e simmetrie precise quanto paradossali. Siamo ancora davanti a un cerchio dunque, ma, a differenza di Tango, questo si chiude sui visitatori.
In questa prospettiva la casa è quindi legata alla morte, a un declino ineluttabile che viene rimosso da chi desidera abitarla, ma che ritorna a infestarne gli spazi come un fantasma: l’agente immobiliare di Vivono in me brucia foglie di salvia all’ingresso perché “le case nella vostra fascia di prezzo hanno spesso residui di energia negativa lasciati dagli inquilini precedenti”; e anche l’epilogo surreale di Tango porta all’incontro con due figure spettrali. Del resto, il contratto propone una nuda proprietà: la casa potrà andare a Miriam e Lele solo quando gli attuali proprietari si ritireranno in un ospizio o “se dovessero decedere”.
“La casa è dove ci sono i tuoi spettri”, scrive Mark Fisher a proposito di Shining: spettri di un futuro che è già successo, di traumi di un passato che non esiterà a ripetersi. In psicologia si dice che il trasloco è la terza esperienza più traumatica della vita, dopo la separazione e il lutto. E se si pensa ai leoni che Miriam e Lele guardano a letto, o al rapido decomporsi dei personaggi di Jacobs, alla claustrofobia degli ambienti raccontati dai due fumetti, viene il dubbio che il trauma sia quello di trovare casa in un mercato immobiliare speculativo e spietato, le cui condizioni evidenziano come andremo a prendere il posto degli inquilini precedenti e che, presto, a noi toccherà la stessa sorte. Il tutto per fare un passo cui non sempre si è pronti e trovarsi a vivere in una casa che non si ha scelto, ma che ha scelto noi.
Nell’impresa di raccontare uno spazio e le sue problematicità, il fumetto dimostra di poter mettere in luce aspetti che altrimenti resterebbero nascosti, come abbiamo visto per Tango e Vivono in me. Naturalmente non sono gli unici esempi: sono stati versati fiumi di inchiostro sul rapporto tra architettura e fumetto e non è questa la sede per riprendere un discorso che sarebbe articolato e complesso. Ciò che qui mi sembra interessante è la rappresentazione specifica di un luogo come momento, una soglia al di là della quale sono in attesa dei fantasmi che spesso rimangono ignorati. Forse attraverso le riflessioni e le inquietudini che suscitano i due fumetti possiamo sperare di essere più fortunati dei protagonisti di Vivono in me e, come in Tango, trovarci faccia a faccia con i nostri spettri e rompere il cerchio. Questo non significa necessariamente una fuga: del resto non sappiamo se poi Miriam e Lele andranno davvero a vivere in quella casa, ma non ha importanza. Ciò che conta (e che differenzia i personaggi di Pronostico e Risuleo da quelli di Jacobs) è la consapevolezza della situazione e del contesto in relazione alle proprie fragilità, ossessioni, desideri. Il porsi delle domande: “Se la casa distruggesse tutto?”. Solo così sarà possibile avere un assaggio delle possibilità che ci aspettano e fare una scelta. (rodolfo dal canto)