
TUNNEL
Rutu Modan (traduzione di Leonardo Rizzi)
Rizzoli Lizard, 288 pagine, 19.00 euro
L’archeologia sembra una malattia di famiglia dai Broshi, dove però ogni familiare ne è affetto in maniera diversa. Abbiamo Israel Broshi, professore e archeologo ormai reso quasi assente da una malattia neurodegenerativa. Poi c’è Nili, la figlia maggiore, quella che lo accompagnava fin da bambina nelle più folli avventure fatte di scavi non sempre autorizzati e di mappe, proprio come nel romanzo L’isola del tesoro. Archeologa anche lei, ma senza lavoro. Madre single di un figlio, sei anni, Doctor, che segue la mamma ovunque, però con gli occhi sempre incollati sul cellulare e sui videogame. E infine il fratello minore, che tutti chiamano semplicemente Broshi, professore precario che pur di prendere la cattedra cede tutta la sua fede all’uomo che ha spodestato il padre all’università. Questi personaggi sono le colonne portanti di Tunnel, racconto della disegnatrice Rutu Modan. Un fumetto interessante perché all’apparenza leggero, ma profondo e terribilmente umano. La storia si svolge tra Gerusalemme e i territori palestinesi. Una vera e propria caccia al tesoro guidata da personaggi donchisciotteschi, tutti mossi da un interesse apparentemente comune, l’archeologia. Pian piano che le pagine scorrono però la disegnatrice dimostra il suo talento nello scavare nelle anime dei suoi personaggi, realizzando un’archeologia dell’essere umano e dei motori che lo spingono.
Una caccia al tesoro che parte con una mappa e un tesoro mitologico, l’Arca dell’Alleanza, un artefatto del Primo Regno ebraico che sta a quei territori come il Sacro Graal sta all’Europa. Un oggetto mitico che cristallizza fede, storia e passioni. L’oggetto che tutti cercano e che nessuno trova. La mela d’oro dell’eterno piacere. Nei testi sacri l’Arca dell’Alleanza fu sottratta da Geremia per evitarne la distruzione. Quest’oggetto rappresenta nell’immaginario collettivo il non-plus-ultra della sacralità, simbolo del dialogo tra Dio e l’uomo. Secondo le Scritture il ritorno dell’Arca simboleggia il momento di redenzione massima. Una storia antica alla quale la disegnatrice riesce a dare una rilettura allo stesso tempo moderna e ironica.
Rutu Modan ci fa entrare in questa storia – che sembra una favola dai contorni a volte surreali e spesso comici – raccontando con eleganza quella che è l’essenza di vivere in un paese dilaniato da tensioni belliche, dove anche le amicizie non si trasformano automaticamente in alleanze, perché la divisione è dogmatica. Affrontando temi come la brutalità delle sanzioni israeliane sui territori palestinesi, l’Isis e il traffico di artefatti storici, in mezzo all’ipocrisia di un mondo di filantropi che pur disprezzando il mostro non si fanno scrupoli a mercanteggiare con lui; ma anche temi più intimi come il rapporto padre-figlio, quello da snocciolare in contumacia quando l’uomo forte dei ricordi si è ormai trasformato nella conchiglia di quello che è stato.
Ed è proprio nel Tunnel che tutti i paradigmi vengono, con grande maestria, scombussolati. Anzi nei Tunnel, quelli fisici che collegano i territori palestinesi con Israele, quelli antichi scavati migliaia di anni prima e quelli più recenti utilizzati dalle milizie per scorazzare sottoterra indisturbate. Sottoterra non c’è il muro che separa Israele e Palestina, sottoterra i personaggi si aggrappano l’uno all’altro, ognuno per i propri scopi, ma ognuno dipendendo quasi interamente dall’altro, per quanto folle l’alleanza possa apparire.
Il personaggio che più rimane dentro è il piccolo Doctor, anche se tutti gli altri – dal più bieco al più dolce – sono disegnati con contorni così reali da risultare se non simpatici quantomeno umani. Doctor è l’ombra di sua madre, la segue in un’avventura folle, punteggiando il racconto con il suo continuo chiedere agli adulti il permesso di evadere da quella storia che non gli appartiene, provando a fuggire nei suoi videogame. Doctor racchiude tutti noi, partecipanti distratti intorno ai quali si dispiega una storia terribile. (eva de prosperis)