NapoliMONiTOR
  • Home
  • reportage
  • temi
    • biblioteche
    • città
    • culture
    • iniziative
    • lavoro
    • migranti
    • recensioni
    • rifiuti
    • sanità
    • scuole
  • edizioni
italia
3 Marzo 2017

Dallo sgombero all’incendio. Sulla morte di due migranti al Gran Ghetto di Rignano

gran ghetto, incendio, migranti, puglia, rignano, sgombero Leave a Comment
(disegno di canemorto)
(disegno di canemorto)

Due cittadini africani sono morti questa notte, vittime di un incendio all’interno del Gran Ghetto, la baraccopoli pugliese nelle campagne tra San Severo e Rignano Garganico. Al momento dell’incendio il Ghetto era presidiato da vigili del fuoco, carabinieri e agenti di polizia, da giorni sul posto per effettuare le operazioni di sgombero dell’area, cominciate il primo marzo scorso. Il Ghetto è abitato da oltre seicento migranti, impegnati quasi interamente nei lavori stagionali nelle campagne. Molti tra loro si sono rifiutati nei giorni scorsi di lasciare la propria abitazione, in assenza di risposte rispetto al luogo in cui sarebbero stati portati. Secondo le dichiarazioni di un ufficiale dei vigili del fuoco riportate dall’Ansa, non è ancora possibile capire l’origine dell’incendio, sebbene non sia da escludere la possibilità del dolo, considerando “la velocità con cui le fiamme si sono sviluppate, in modo violento e improvviso”. Pubblichiamo a seguire il comunicato congiunto del Comitato Lavoratori delle Campagne e della Rete Campagne in Lotta in cui, stando alle testimonianze rilasciate da alcuni abitanti del Ghetto, si evidenzia la possibilità che siano state le stesse forze dell’ordine a dar vita all’incendio, poi degenerato.

Questa notte un nuovo gravissimo episodio è accaduto al Ghetto di Rignano. Due persone sono morte in un incendio. Dalla notte del 28 febbraio è in atto una maxioperazione di sgombero che sta coinvolgendo più di settecento persone. Dopo la prima giornata, in cui cento persone sono state deportate in due strutture site nel territorio del comune di San Severo, la polizia ha avuto difficoltà a procedere con lo sgombero. Nonostante i tentativi di deportazione forzata, e le false promesse di documenti e lavoro per chi avesse lasciato volontariamente il Ghetto, i lavoratori e le lavoratrici lì presenti non hanno accettato di lasciare le loro case senza una reale alternativa immediata e praticabile. Intanto perché i posti disponibili nelle due strutture non sono sufficienti per tutte e tutti, e poi perché senza un sistema di trasporto da e per i luoghi di lavoro abbandonare il Ghetto significa perdere qualsiasi possibilità di sostentamento, per quanto misera. Per non parlare della condizione delle donne, che hanno ancora meno opportunità di reddito al di fuori del sistema dei ghetti. A tutti coloro che sono rimasti, però, è stato impedito di accedere alle case, anche solo per recuperare gli effetti personali, e hanno passato notti all’addiaccio. Per questo, nella giornata di ieri, 2 marzo, si è mosso un corteo spontaneo che dal Ghetto ha raggiunto la prefettura al centro di Foggia. I manifestanti hanno ottenuto che una delegazione fosse ricevuta dai rappresentanti del governo e della polizia, ma l’esito dell’incontro è stato negativo, e la prefettura ha confermato la volontà di procedere allo sgombero. Stanotte ci sono state nuove tensioni, fino ad arrivare allo scoppio di alcuni incendi. In uno di questi sono morte carbonizzate due persone, ancora da identificare.

L’incendio, secondo i tanti lavoratori lì presenti che ce l’hanno testimoniato, è stato appiccato dalle forze dell’ordine, con la finalità di intimorire ulteriormente i presenti a lasciare quel posto. È praticamente impossibile in queste ore documentare quanto sta accadendo, perché è impossibile a chiunque superare i cordoni di sicurezza della polizia. Nemmeno la stampa ha facoltà di esercitare il diritto/dovere di cronaca. Ma gli abitanti del Ghetto si rifiutano di consegnare i loro morti alle autorità fino a quando non emergerà la loro versione dei fatti.

Si continua poi a sostenere, in malafede, che ci sono sistemazioni alternative per tutti. Non riusciamo a toglierci dalla testa che dopo un inverno in cui le persone sono state abbandonate a loro stesse, in balia delle intemperie e degli incendi, a primavera e in concomitanza con la campagna elettorale di Michele Emiliano per la scalata a quel che resta del Pd, si proceda con un’operazione che ha sapore di propaganda, ma che evidentemente è sfuggita di mano. A pagarne le conseguenze, però, sono sempre coloro che il sistema vorrebbe deboli e muti.

Questi morti, gli ennesimi che siamo costretti a piangere, sono sulle coscienze di chi sfrutta le persone a fini politici, di chi le sfrutta sul lavoro, di chi ne fa un fenomeno da baraccone, di chi con leggi criminali crea marginalità, segregazione, ricatto. Nessuno si azzardi a dire che è colpa loro, che l’incendio è stato appiccato da qualche abitante del Ghetto, che le persone si sono rifiutate di andarsene nonostante gli sia stata offerta un’alternativa. Quell’alternativa è un’invenzione, qui si gioca con la vita delle persone, una vita che evidentemente non conta nulla. I responsabili hanno nomi e cognomi, e la lista è lunga. Siedono alla presidenza della regione Puglia, al ministero dell’interno, nelle questure e in tutti i palazzi del potere, ma anche nei posti di comando delle loro aziende, con sede in mezzo mondo. Il vostro made in Italy è sporco del nostro sangue! Questi morti gridano giustizia. E finché giustizia non sarà, non potrà esserci pace.

Previous Article Atene e le sfilate di moda. L’Acropoli non è un luogo sacro
Next Article La compagnia Anagoor all’Asilo: (una) Rivelazione

Related Posts

  • Lo snodo logistico di Novara e il processo per l’omicidio del sindacalista Adil Belakhdim

  • Forti con i deboli. Palazzinari e presidenti contro un’anziana di Castel Giubileo

  • Ritorno a Trieste. Il movimento No GreenPass un anno dopo

  • La residenza contesa. L’esclusione dall’anagrafe come confinamento dei marginali

Leave a Reply

Annulla risposta

Edizioni MONiTOR

La memoria bucata

Lo stato delle città, n°9

Confini

Le guarattelle

Lo stato delle città, n°8

Le fragili alleanze

Lo stato delle città, n°7

La settimana santa

L’estate è finita

La Venere degli stracci

Lo stato delle città, n°6

Baby Gang

Lo stato delle città, n°5

Lo stato delle città, n°4

Solidi

Detti

Lo stato delle città, n°3

Lo stato delle città, n°2

Risalendo la china

Quartieri Spagnoli

L’infelicità italiana

Lo stato delle città, n°1

Lo stato delle città, n°0

Heroes

Lo sparo nella notte

Qualcosa che bruci. Oroscopo di Foucault

Il cielo in una stanza

La città orizzontale

Grigio

Primavera breve

Fino all’urdemo suspiro

Vai mo

Palude

iL SINDAKO

Lo stato della città

Il fuoco a mare

La sfida

Odissee

Lo stato delle città / LA RIVISTA

Iscriviti alla nostra Newsletter

Manteniamo i tuoi dati privati e li condividiamo solo con terze parti necessarie per l'erogazione dei servizi. Per maggiori informazioni, consulta la nostra Privacy Policy.

Controlla la tua casella di posta o la cartella spam per confermare la tua iscrizione

Fotoreportage

Storie Disegnate

Napolimonitor.it 2006 > 2015

Lo stato della città / IL LIBRO

Chi siamo

Napoli Monitor è stato un mensile cartaceo, in edicola dal 2006 al 2014.
A partire dal 2010 è un sito di informazione e approfondimento.
Dal 2015 pubblica anche libri e dal marzo 2018 la rivista “Lo stato delle città”.

I nostri…

cyop&kaf, martina di gennaro, dopolavoro, escif, malov, diego miedo, otarebill, ottoeffe, le sabbie di marte, sam3, i siciliani, lo stato della città

amici

altracittà, article 11, a voce alta, canemorto, carmilla, eduardo castaldo, cqfd, valentina galluccio, giulia landonio, pagina3_radio3, periferies urbanes, sensibili alle foglie, irene servillo, mario spada, lo squaderno, la terra trema, la versione di jean, rosario vicidomini, una città, yairaiha onlus

Contatti

La redazione di Napoli Monitor è ai Quartieri Spagnoli (via Emanuele De Deo 63/a, 80134 - Napoli) info: [email protected]
NapoliMONiTOR
© Copyright 2015. Proudly supported by dopolavoro and Shift-Left