Il nodo autostradale di Bologna è cruciale per il sistema di trasporto nazionale e internazionale. Vi convergono tre autostrade (A1, A13 e A14) e vi transita una parte rilevante del traffico merci che attraversa l’Europa. Ai suoi lati scorre la tangenziale di Bologna. Questo “nastro” a dodici corsie, posizionato a poco più di tre chilometri dal centro storico, è percorso quotidianamente da circa 180 mila veicoli. Da molti anni si discute sulle soluzioni per risolvere la congestione dell’intero asse. Tra Natale e Capodanno il consiglio comunale di Bologna ha approvato definitivamente il progetto di ampliamento a 16/18 corsie, che prevede un notevole incremento del traffico. Progettazione e realizzazione sono affidate ad Autostrade per l’Italia, a cui è stata demandata anche l’analisi ambientale.
La novità rispetto al progetto originario presentato nel 2016 è rappresentata dalla previsione di alcune opere di mitigazione, frutto dell’accordo elettorale tra il Pd e Coalizione civica, formazione di sinistra nata sei anni fa in contrapposizione al partito di maggioranza. Nel mandato amministrativo precedente, dai banchi dell’opposizione, Coalizione civica aveva avversato il progetto di ampliamento. La nuova amministrazione comunale sostiene che, con le mitigazioni, il Passante può essere definito “green”, o “di nuova generazione”, e che l’opera rappresenta un “simbolo della transizione ecologica”.
Da anni si discute sulle soluzioni alla congestione della tangenziale di Bologna e dell’autostrada che corre al suo interno. Si è ipotizzato di spostare l’autostrada creando il cosiddetto Passante nord, un progetto che avrebbe devastato una vasta zona della pianura. Poi nel 2016 si è deciso di realizzare l’allargamento in sede, il cosiddetto Passante di mezzo. Per circa vent’anni il ceto politico ha discusso se realizzare l’opera in un luogo oppure in un altro, senza mai prendere in esame opzioni diverse per ridurre il traffico privato e il trasporto merci su gomma. Vorremmo partire da qui, da questa mancanza di immaginazione di politici e pubblici amministratori.
«Nel 2017 sono stato chiamato a far parte della commissione di esperti del Pums (Piano urbano della mobilità sostenibile). Feci notare al sindaco allora in carica che il punto chiave era quello del Passante, mi rispose che gli accordi erano già presi e non si poteva ricominciare a discuterne. In questa commissione affrontammo molti problemi e suggerimmo valide soluzioni, ma del Passante non se ne parlò mai.
«Perché siamo così interessati a questo Passante? Iniziamo col dire che nel 2015 la conferenza di Parigi ha stabilito in modo chiaro che il cambiamento climatico è il problema più preoccupante per l’umanità. Di recente l’International Panel on Climate Change (IPCC) ha affermato che la produzione di gas serra è fuori controllo e lo è stata anche durante la pandemia, quando il traffico e le attività produttive si sono ridotte. Due mesi fa, alla COP26 di Glasgow, l’attuale segretario dell’Onu, Gutierrez, ha detto ironicamente che “procediamo sulla buona strada verso la catastrofe”. Allora chiedo: a tutte queste cose ci crediamo o non ci crediamo? Sappiamo che è in atto un cambiamento climatico disastroso e abbiamo certezze sul fatto che sia dovuto in gran parte all’anidride carbonica generata dall’uso di combustibili fossili. Dobbiamo metterci in testa che la transizione alle energie rinnovabili è necessaria e urgente per controllare il clima. Alcuni studi, inoltre, dimostrano che con la transizione energetica l’economia migliorerà e aumenterà l’occupazione. Oggi non ci sono più i “negazionisti” riguardo il cambiamento climatico, ma ci sono gli “inattivi”, persone che riconoscono la necessità di questa transizione, però dicono che bisogna stare attenti a non danneggiare l’economia, che le energie rinnovabili non sono ancora mature, che non dobbiamo avere fretta perché poi arriverà il nucleare da fusione e così risolveremo definitivamente il problema dell’energia; per cui, almeno provvisoriamente, dobbiamo continuare con i combustibili fossili. Eni, con paginate di pubblicità sui principali giornali, è maestra in questa attività volta a sviare l’attenzione dell’opinione pubblica dal problema reale e urgente di abbandonare l’uso dei combustibili fossili.
«Cosa c’entra il Passante di Bologna con tutto questo? C’entra, perché ogni nazione, ogni regione, ogni città deve favorire, non ostacolare la transizione energetica. Ogni città per dare il suo contributo deve fare due cose: sviluppare il più possibile la produzione di energia rinnovabile e tagliare l’uso di combustibili fossili. In Italia, in Emilia-Romagna, a Bologna si fanno queste due cose? A me sembra di no. Per esempio, la Regione fa accordi con la Snam, l’università fa accordi con l’Eni. Viene ostacolata dalle autorità locali la costruzione di parchi eolici off shore a Rimini perché rovinano il panorama. Ma quando sei sulla spiaggia di Rimini, se anziché guardare il mare guardi verso la città, vedi i disastri estetici che sono stati fatti con gli alberghi! Sono le pale eoliche a dieci chilometri dalla costa che rovinano il panorama?
«Come ci attrezziamo per il futuro? Vogliamo che ogni famiglia abbia due o tre automobili, o vogliamo che ne abbia al massimo una e se possibile nessuna? Ogni volta che si costruisce una nuova strada oggi si favorisce l’aumento del traffico, anche di mezzi pesanti, e quindi l’aumento dei consumi di combustibili fossili. Dobbiamo invece passare dai trasporti privati a quelli pubblici e dai combustibili fossili alla elettricità prodotta dalle energie rinnovabili. Questo significa potenziare le ferrovie, che sono un mezzo di trasporto pubblico e funzionano con l’elettricità. Non possiamo continuare a trasportare le merci da Bari al nord Italia o in Svizzera lungo le strade, perché questo vuol dire camion che usano combustibili fossili. Passare a camion con trazione elettrica non sarà facile e, in gran parte, neppure necessario; vediamo che fatica si fa a passare alle auto elettriche, figuratevi i camion. Quindi, se si fa una strada nuova si favorisce, per i prossimi dieci-quindici anni, l’uso dei combustibili fossili. Ecco perché le scelte sul Passante di Bologna sono importanti. Si dice che la soluzione che si è adottata favorisce la transizione ecologica. Non è vero. Questo Passante farà transitare più automobili e più autocarri. Per andare nella direzione giusta, che è quella delle energie rinnovabili, delle ferrovie e dei mezzi elettrici pubblici o privati, il nuovo Passante non aiuta».
Nel progetto che è stato approvato si sostiene che dopo l’ampliamento a 16/18 corsie, e nonostante l’aumento di traffico stimato, le opere di mitigazione previste (alberi, vernici fotocatalitiche, elettrofiltri) determineranno una riduzione delle emissioni rispetto alla situazione attuale. Lei ritiene che questo sia sostenibile?
«Innanzitutto, bisogna distinguere tra la CO2, che determina il cambiamento del clima, e le emissioni di sostanze inquinanti (ossidi di azoto, sostanze organiche, polveri sottili), dannose per la salute. Per compensare le aumentate emissioni di CO2 ho letto che si pianteranno 34.305 alberi. Sarebbe stato più interessante fornire una stima, anche grossolana, del rapporto tra l’aumento di emissioni di CO2 causato dall’aumento del traffico e la CO2 che possono assorbire questi alberi. A parte il fatto che l’albero, finché non è cresciuto, di CO2 ne assorbe ben poca.
«Le emissioni di sostanze inquinanti riguardano la nostra salute. Sì, è vero che la scienza ha sviluppato varie tecniche (correnti di gas, filtri, catalizzatori, elettrofiltri) per abbattere le polveri inquinanti e anche gli ossidi di azoto e le sostanze organiche con materiali per la pavimentazione stradale e vernici fotocatalitiche. Ma, come riportato nelle ottanta pagine dell’analisi redatta dal Cnr e intitolata “Sullo stato di applicazione delle diverse tecnologie per l’abbattimento di inquinanti nei tunnel disponibili sul mercato a livello nazionale e internazionale”, le esperienze finora compiute sono pochissime e i risultati non sono certo incoraggianti. In ambienti confinati, per esempio le stanze di un ospedale, le vernici fotocatalitiche sono usate con successo, ma il Passante è un sistema aperto e, inoltre, queste vernici spalmate sulle volte delle gallerie andrebbero continuamente irradiate con luce visibile o ultravioletta, con grande consumo di energia e, quindi, ulteriore inquinamento. La relazione del Cnr conclude dicendo che “i dati provenienti dalle sperimentazioni effettuate non consentono di effettuare valutazioni statistiche sulla efficacia dei materiali fotocatalizzatori in contesti reali e soprattutto in ambienti esterni”. Si stima che il traffico sul Passante, così com’è oggi, provochi il quaranta per cento delle emissioni nella zona di Bologna. Il nuovo passante ne produrrà certamente di più e nessuno è in grado di valutare l’efficienza di eventuali opere di mitigazione. Inoltre, qualsiasi opera di mitigazione comporterà spese non solo per la costruzione, ma anche per l’alimentazione energetica e la manutenzione dell’impianto».
L’amministrazione comunale e la Regione Emilia Romagna sostengono di aver creato le condizioni per installare degli elettrofiltri che cattureranno gli inquinanti, ma la stessa società Autostrade per l’Italia ha detto che tutto sommato non sono considerati particolarmente efficaci né tantomeno sostenibili.
«Gli elettrofiltri sono efficaci per abbattere le polveri inquinanti negli scarichi di una sorgente “puntuale”, come le ciminiere delle centrali a carbone o di altri impianti industriali Per il Passante, sistema aperto, bisognerebbe costruire centrali di filtrazione a terra, esterne, con camini e ciminiere. Oltre all’energia necessaria per far funzionare queste centrali, c’è il problema di un ulteriore consumo di suolo. Nella relazione del Cnr si legge anche che “l’uso di precipitatori elettrostatici e in generale di sistemi di abbattimento degli inquinanti in galleria non è difatti universalmente accettato”, perché la loro efficienza “può variare di molto da sito a sito e sono quindi necessari approfondimenti specifici riguardanti l’effettivo beneficio in termini di riduzioni delle emissioni inquinanti”. E si legge anche che “alcuni paesi come la Norvegia hanno abbandonato l’uso di tutti i sistemi di filtrazione a causa di incerte prestazioni e costi operativi elevati derivanti dal consumo di energia”».
Si sostiene che tra gli interventi che andranno a mitigare l’impatto dell’opera c’è l’installazione complessiva di cinquanta megawatt di impianti fotovoltaici in aree anche distanti dal tracciato autostradale. Ha senso realizzare impianti fotovoltaici che compensano l’ampliamento del Passante?
«Purtroppo no, non ha senso. Assomiglia molto a quanto fanno alcune importati industrie, che affermano: “Noi inquiniamo qui in Italia, ma piantiamo alberi in Africa”. Questa della compensazione con pannelli fotovoltaici è la stessa cosa: nel nuovo Passante consumo più combustibili fossili e genero più CO2, ma da qualche parte installo pannelli fotovoltaici e così, in qualche modo, “compenso”, producendo energia rinnovabile. Se ci sono superfici su cui installare pannelli fotovoltaici, questi dovrebbero essere installati a prescindere dal Passante. E sarebbe ora di farlo!».
Ci sono due richieste che sono sempre rimaste inascoltate: la realizzazione di un sistema di monitoraggio fisso della qualità dell’aria sul tracciato attuale e la realizzazione di una indagine epidemiologica per verificare l’impatto dell’infrastruttura esistente sulla salute dei cittadini. Queste due analisi dovevano essere preliminari a qualsiasi scelta politica sul destino del Passante, ma non sono state fatte. Nel 2016 i comitati contrari all’ampliamento indicarono un comitato di esperti che produsse un documento nel quale, oltre a ribadire queste richieste, venivano forniti dati dettagliati che contraddicevano quelli forniti da Autostrade per l’Italia, ma l’amministrazione locale non lo ha mai preso in considerazione. Si invoca la competenza e poi la si ignora. La vicenda del Passante conferma che il tema del rapporto tra scienza e politica è sempre controverso.
«Per il Covid è stato creato un comitato tecnico-scientifico nel quale gli scienziati non sono tutti d’accordo, perché naturalmente sulla soluzione di problemi complessi è difficile l’unanimità, ma alla fine riescono a fornire linee guida utili. Bisognerebbe che la politica capisse che cambiamento climatico e inquinamento sono cose più gravi di una pandemia anche se, essendo fenomeni più graduali, ce ne accorgiamo meno. Anche per il cambiamento climatico e l’inquinamento andrebbero istituiti comitati tecnico-scientifici ai quali sottoporre tutti i progetti importanti. Ma non mi risulta che questo si faccia, neppure a livello nazionale. Il ministro Cingolani, dopo aver detto che bisogna attuare la transizione energetica, in contrasto con gli scienziati pensa a un ritorno al nucleare e dice che si può anche continuare a usare il gas. In Italia gli scienziati nessuno li ascolta. Io sono il coordinatore del gruppo Energia per l’Italia, una ventina tra docenti e ricercatori; cerchiamo di suggerire al governo nazionale e a quello regionale cosa si dovrebbe e cosa non si dovrebbe fare, con scarsi risultati».
L’amministrazione comunale continua a muovere la stessa critica di sempre a tutti coloro che sono critici rispetto all’allargamento del Passante: sapete solo criticare, noi invece ci assumiamo la responsabilità di “fare”. Lei come risponderebbe?
«Riguardo al “fare”, secondo me bisognerebbe agire su due fronti. Da un lato smettere di incentivare, anzi iniziare a frenare il traffico su gomma basato sull’uso dei combustibili fossili. Dall’altro, sviluppare al massimo grado le energie rinnovabili per produrre una quantità di elettricità sufficiente per alimentare la mobilità basata sulla trazione elettrica: per le persone, ferrovie, metropolitane, tramvie, bus elettrici; per le merci su lunga distanza, ferrovie. Dovremmo anche far capire alle persone che, a causa delle limitate risorse del nostro pianeta, non potremo avere una macchina elettrica a testa e che quindi dovremo usare di più i mezzi pubblici, che devono avere trazione elettrica. Molte città, anche italiane, procedono in questa direzione. Da noi, invece, si è continuato a comprare autobus a metano, considerati più ecologici di quelli diesel perché il metano, bruciando, genera il trenta per cento in meno di CO2 rispetto al diesel. In realtà, il metano è peggio del diesel per due motivi. È molto più potente della stessa CO2 come gas serra ed è noto che l’estrazione, il trasporto e l’uso del metano comportano perdite (metano fuggitivo) niente affatto trascurabili, con conseguenze negative sul clima. Inoltre, il metano quando brucia genera polveri molto più “sottili”, e quindi molto più dannose alla salute, di quelle generate dal diesel. Anziché comprare autobus a metano, avremmo dovuto favorire già molti anni fa la conversione della Breda Menarini per la produzione di autobus elettrici. A mio parere bisogna anche che una grande città come Bologna, sede di una famosa e valida università, promuova una profonda operazione culturale per spiegare alle persone che bisogna completare rapidamente la transizione alle energie rinnovabili. Accade invece che, mentre l’Europa vuole fermare entro il 2035 la produzione di auto con il motore a combustione, il governatore della nostra regione chieda una deroga per le macchine prodotte nella Motor Valley dell’Emilia Romagna: Ferrari, Maserati, Lamborghini e altre potenti auto di lusso, grandi emettitori di CO2 e di sostanze inquinanti, insostenibili dal punto di vista ecologico e sociale.
«Come già ricordato, il cambiamento climatico è stato giudicato dalla conferenza di Parigi del 2015 come il pericolo più grave per l’umanità. L’inquinamento, in Italia provoca circa 80 mila morti all’anno ed è legato anche alla diffusione del Covid-19. Bisogna attuare al più presto la transizione dai combustibili fossili alla elettricità generata dalle fonti rinnovabili. Non mi sembra che la soluzione approvata per il Passante vada in questa direzione». (a cura di mauro boarelli e marco palma, un ringraziamento a luisa moratelli e mariadele di blasio per la collaborazione)