
La Dora è traccia da seguire per ritrovare un orientamento nella città. Lambisce fabbriche in abbandono, mercati di oggetti dismessi, il centro direzionale Lavazza, il nuovo campus universitario. Il fiume non segna un confine naturale, ma una frontiera dove ancora avvengono incontri e conflitti. Qui alcuni abitanti resistono agli sfratti, gli straccivendoli vengono allontanati dalle amministrazioni e una scuola di scrittura insegna ad apprendisti funzionari l’arte di manipolare il linguaggio. L’osservatore lungo le sponde del fiume può notare il dispiegamento del governo e la gestione dei marginali. Le esplorazioni sono parziali e frammentarie, perché non esiste un disegno o una ragione che domina, ma poteri sparsi che aspirano all’egemonia. Sembra a volte che queste forze – per quanto variegate – spingano in una medesima direzione, come rivoli d’acqua trascinati insieme nel corso del fiume. Eppure persistono i movimenti controcorrente.
Riproporremo nei prossimi giorni alcuni degli articoli dedicati alla questione, pubblicati sul nostro sito.
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La città contro il suq. Governo dei marginali e interessi della riqualificazione a Torino
In città, ogni settimana, uomini e donne recuperano oggetti in cantine e solai, rovistano nell’immondizia, esplorano gli angoli delle strade dove si ammassano alla deriva i resti del consumo. Gli oggetti – scarpe, bicchieri, un frigorifero da bar, libri, cartoline, cornici di ottone, ferramenta – si spargono sulle stuoie dei mercati del sabato e della domenica. Gli amministratori nominano questi luoghi “mercato del libero scambio” o “barattolo”, i detrattori dicono “suk” e su alcuni balconi lungo la Dora hanno appeso striscioni contro il “degrado” e gli “abusivi”.
Il mercato della domenica è stato spostato tre volte negli ultimi cinque anni, e sempre più a nord: da piazza della Repubblica all’ex Scalo Vanchiglia, poi in via Monteverdi e ora in via Carcano alla foce della Dora. Ogni spostamento, imposto dalle amministrazioni del Pd come dalla giunta Appendino, è un’opportunità per interpretare i progetti urbanistici e i conflitti sociali al di qua e al di là del fiume. Il sabato, invece, il mercato s’allestisce in Borgo Dora: lungo il Canale Molassi e nel piazzale di San Pietro in Vincoli. Gli straccivendoli – rom, italiani, migranti d’oltre deserto e magrebini – stendono le stuoie a ridosso di antichi edifici militari che accolgono la scuola Holden e il Sermig, un’istituzione di solidarietà sociale d’ispirazione cattolica. Ora l’esistenza del suq è precaria perché da mesi l’assessore alle pari opportunità annuncia come imminente lo sgombero da Borgo Dora.
Diciassette anni fa l’amministrazione comunale regolamentò il mercato degli oggetti ritrovati con una legislazione specifica ed emanò un bando per la gestione. Da allora il governo del suq – salvo rare eccezioni, e di breve durata – è stato assegnato all’associazione Vivi Balon, responsabile del controllo, dell’organizzazione e della pulizia delle aree di mercato. L’associazione prende il nome dal Balon, lo storico mercato delle pulci di Borgo Dora che oggi accoglie negozi di antiquariato, bancarelle con vestiti di seconda mano, libri, bigiotteria, oggetti d’epoca e dischi. La minaccia di sgombero, tuttavia, riguarda solo gli straccivendoli – circa quattrocento, il sabato – gestiti da Vivi Balon.
Il mercato delle pulci di via Borgo Dora occupa la sezione orientale del quartiere – la scuola Holden e il Sermig segnano la frontiera con il suq – ed è gestito da un ente differente: l’Associazione Commercianti del Balon. Da anni l’associazione invoca lo sgombero dei venditori più scalcagnati. Il presidente, Simone Gelato, rappresenta circa trecento espositori e settanta esercizi commerciali – soprattutto bar e ristoranti – operanti nel quartiere. Secondo Gelato il suq va spostato perché genera una concorrenza sleale: «Il problema è aver collocato il mercato del libero scambio accanto al nostro mercato. Questo ha creato una grave diseguaglianza fra i nostri operatori. I nostri seguono un regolamento, ma dall’altra parte della strada ne vige uno molto diverso. Anni fa molti espositori si sono trasferiti nel mercato del libero scambio, perché era molto più conveniente a livello economico. Infatti dalla nostra parte, a quel tempo, era necessario avere la partita Iva. Ultimamente abbiamo avuto un contro-esodo, perché il mercato del libero scambio è cambiato e la qualità dell’offerta è scesa. Molti sono dunque tornati dal nostro lato perché di là l’appiattimento della merce ha causato un crollo generale dei prezzi».
Nonostante le differenze normative, alcuni commercianti hanno preferito tornare nell’area più ricca del Balon per vendere le merci a prezzi migliori. Ho chiesto allora se vi sono ragioni ulteriori per opporsi al suq: «C’è un gravissimo danno per il nostro mercato, sia da un punto di vista commerciale che di immagine», continua Gelato. «Non a tutti piace attraversare il mercato del libero scambio a causa dello sporco, dell’immondizia. Questo condiziona tutta l’area e nell’immaginario collettivo il libero scambio è tutt’uno con il nostro mercato. Il nostro mercato è danneggiato, i prezzi si abbassano, perché la merce perde di valore a causa del contesto attorno. Se tu hai cinque o sei commercianti e in mezzo a loro uno che ha roba tutta buttata e arruffata a terra, il cliente scappa, perché purtroppo il mondo è fatto di apparenza». Chiedo se le ambizioni qualitative dell’Associazione Commercianti siano coerenti con i progetti di riqualificazione del quartiere. «I cambiamenti del quartiere – come l’ostello per turisti in piazza della Repubblica e altre forme di riqualificazione – aiutano il commercio. E non è vero che saranno penalizzati i poveri. Chi ha investito e ha creduto nel Balon quando si trovava in momenti difficili, non era ricco e certo ne trarrà un vantaggio. Se l’area viene riqualificata in ottica turistica, se i torinesi vengono qui a passeggiare più piacevolmente, è meglio per il commercio». (continua a leggere…)