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italia
7 Febbraio 2022

Frigolandia rischia di sparire. Un appello di Vincenzo Sparagna

Diego Miedo
disegno di diego miedo)

Vincenzo Sparagna, vulcanico direttore di storiche riviste come Frigidaire e Il Nuovo Male, mi appare stanco quando lo sento al telefono. Ho appena appreso che il Tar dell’Umbria ha emesso una sentenza sfavorevole riguardo alla chiusura di Frigolandia, la sua casa, teatro di tante iniziative memorabili. In passato abbiamo già affrontato la vicenda e mi sembrava giusto continuare a raccontarla, soprattutto dopo gli ultimi importanti avvenimenti. Questa volta però ho deciso di farmi da parte e lasciare tutto lo spazio a Vincenzo. Queste sono le sue parole. (diego miedo)

Frigolandia, o per meglio dire la immaginaria Repubblica di Frigolandia, è nata nel 2005 con la firma di un contratto di convenzione con il comune di Giano dell’Umbria che ci affidava, a pagamento beninteso, un parco e tre edifici di una ex colonia di Balilla fascisti, abbandonata da anni, il cui bando era andato deserto già varie volte. Dei tre edifici uno non aveva né tetto, né pavimento. Gli altri hanno avuto bisogno di molti soldi e moltissimo lavoro volontario per renderli abitabili. Nel contratto abbiamo specificato che volevamo dare vita a una città immaginaria, Museo e Laboratorio dell’Arte Maivista. L’inaugurazione ufficiale è avvenuta il 25 aprile 2006, durante la sesta Festa della Liberazione dei Frigoriferi Intelligenti. Da allora sono venute in visita oltre trentamila persone da ogni parte d’Italia e da vari paesi del mondo. Inoltre siamo riusciti a coinvolgere nelle più varie iniziative e a far apparire sulle pagine delle nostre riviste Frigidaire e Il Nuovo Male (dirette da me e curate dall’artista e grafica romana Maila Navarra) centinaia di giovani autori e autrici, abbiamo organizzato seminari di studio, allestito decine di mostre dell’Arte Maivista in molte città italiane e innumerevoli dibattiti in circoli, librerie, ecc. In breve Frigolandia è divenuta quello che sognavamo, cioè un centro culturale vitale e attivissimo, redazione dei nostri giornali, casa editrice di volumi d’arte, luogo di riflessione teorica, zona libera di incontro non solo per disegnatori, scrittori e poeti, ma anche per musicisti, videomaker e mille altre figure creative. 

L’atteggiamento dei sindaci e delle giunte del comune di Giano è stato quasi da subito ostile per odio ideologico verso l’universo culturale da noi rappresentato (un primo tentativo di cacciarci fu avviato nel 2008 con un’assurda causa di sfratto, infine vinta da noi nel 2012). Poi, in seguito alle elezioni comunali del 2019, che hanno visto il successo di una lista civica di estrema destra e di un sindaco leghista, questa ostilità si è trasformata nell’ennesimo tentativo di distruggerci. L’11 marzo 2020, in piena emergenza Covid, la giunta, non potendo avviare una normale causa civile poiché siamo perfettamente in regola con i pagamenti e abbiamo realizzato esattamente il progetto presentato, ha emesso un’ordinanza di sgombero cercando di invalidare il contratto da noi sottoscritto e dunque cancellare i rinnovi automatici decennali in esso previsti fino al 2045. Questo ci ha costretto a ricorrere al Tar dell’Umbria, il quale, dopo obbligati rinvii dovuti all’emergenza sanitaria, si è infine riunito il 21 dicembre scorso e, incredibilmente, ha emesso una sentenza a noi sfavorevole con motivazioni discutibili e contraddittorie che sarebbe troppo complesso illustrare.

I media locali generalmente non si sono comportati troppo male, con rari ma corretti articoli di protesta, soprattutto sul web. Così anche (benché distrattamente) qualche giornale nazionale, nonché riviste inglesi, francesi e perfino l’Università di Yale che ha pubblicato nel suo magazine un articolo di protesta e incredulità sulla vicenda. Grazie a giornalisti sensibili sono usciti anche dei brevi servizi sulle reti Rai. Ma abbiamo registrato anche il silenzio quasi compiaciuto di molti pseudo/sinistri da salotto (un caso per tutti quello di Propaganda Live) e l’indifferenza sostanziale di politici e intellettuali della sedicente sinistra democratica. Clamoroso è stato il silenzio del ministro dei beni culturali Franceschini, cui pure, via change.org, è stato recapitato un appello per salvare Frigolandia firmato a oggi da quasi ventimila persone. Evidentemente diamo fastidio per la nostra indipendenza, ma non bisogna neppure sottovalutare la profonda ignoranza dei funzionari di quel ministero occupati solo dalle loro miserabili carriere e dello stesso ministro, che non ci ha degnato nemmeno di una generica dichiarazione di sostegno.

Noi comunque continueremo a batterci per contestare la decisione del Tar e ricorreremo al Consiglio di Stato, ma viste le premesse c’è poco da essere ottimisti sulla rapidità di una risposta e dunque il rischio di uno sgombero effettivo è concreto. La sentenza del Tar è una minaccia imminente alla nostra sopravvivenza come centro culturale, museo e casa editrice. Se dovessimo chiudere rischia non solo di andare disperso un enorme patrimonio di opere che rappresentano le più avanzate sperimentazioni artistiche nel campo del fumetto e dell’illustrazione dell’ultimo mezzo secolo, ma di essere distrutto quel lavoro di connessione tra le nuove giovani forze creative che abbiamo portato avanti in quindici anni di intensissima attività. Finora del resto nessun comune italiano o istituzione ci ha offerto una sistemazione diversa. Per capire fino a che punto la persecuzione contro di noi ha aspetti decisamente sordidi, aggiungo che, oltre l’odio ideologico, quello che spinge in solido i nostri persecutori comunali è, se il posto fosse vuoto, la possibilità di ottenere ingenti fondi pubblici da sperperare in progetti senza capo né coda. Un esempio clamoroso è quanto accaduto proprio accanto a Frigolandia. Nel 2014 il comune di Giano ha imposto la chiusura per la scadenza del contratto di concessione di un campeggio che andava avanti da trent’anni e funzionava d’estate. Subito dopo il Comune ha ottenuto quasi mezzo milione dalla Regione per fare del campeggio… un campeggio! Soldi spesi in appalti per lavori cervellotici che dovevano concludersi nel 2016. Beh, sono passati otto anni e il campeggio è ancora abbandonato. Ora, se distruggeranno Frigolandia, arriveranno molti altri soldi “europei” da dividere con gli amici degli amici, salvo a non realizzare altro che insensati piani di carta senza futuro.

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