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9 Febbraio 2016

Giulio Regeni, una petizione internazionale per fare chiarezza sull’assassinio

egitto, giulio regeni, pasolini, ricercatore, siria
(archivio disegni napolimonitor)
(archivio disegni napolimonitor)

Sono addolorati, preoccupati, tristi di fronte a un dolore che non trova spiegazioni. Forse increduli, ma altrettanto determinati per cercare verità e giustizia. Gli amici di Giulio Regeni, ricercatori, dottorandi, studiosi sparsi in tutto il mondo, hanno lanciato una petizione (tradotta in arabo, francese, inglese, spagnolo) per chiedere che si faccia chiarezza sulle cause di questo omicidio. Perché se ancora sono opache le circostanze e ignoti i nomi degli assassini, appare evidente che Giulio sia stato rapito, torturato e ucciso con un obiettivo preciso da parte dei suoi aguzzini e che la sua scomparsa si inserisce in quella delle centinaia di vittime dell’attuale regime. I motivi, però, come la ricostruzione dei fatti, sono ancora tutti da chiarire. Scriveva Pasolini: “Io so tutti questi nomi e so tutti i fatti  di cui si sono resi colpevoli. Io so. Ma non ho le prove. Non ho nemmeno indizi”.

Stefania Villanacci, studiosa di lingua araba, laureata all’Istituto Orientale di Napoli, è tra gli amici di Regeni promotori della petizione. «Abbiamo conosciuto Giulio in Siria, nell’estate del 2010. Seguivamo un corso di arabo standard all’Università di Damasco, perciò abbiamo avuto modo di condividere con lui, oltre che la casa, i pasti, le ore di studio, le conversazioni. Eravamo mossi dalle medesime intenzioni e a un certo punto siamo diventati come una famiglia. Poi, negli anni, ci siamo tenuti costantemente in contatto. Quando abbiamo appreso della sua scomparsa e del suo macabro omicidio abbiamo deciso di partecipare attivamente alle vicende. Vogliamo che la verità venga fuori, che nessun accordo commerciale prevalga dinanzi alla tutela dei diritti umani. In questi giorni abbiamo pensato spesso a lui ed abbiamo condiviso bei ricordi. Si è verificata una cosa meravigliosa: ci siamo riuniti tutti, in una chat, e ognuno dalla parte del mondo in cui si trova ha fatto la sua parte».

L’ultimo contatto di Stefania con Giulio risale al 23 gennaio. Le chiedo se avesse avuto la sensazione che si sentisse in pericolo o particolarmente preoccupato, e se ha una idea del perché il suo tema di ricerca potesse preoccupare così tanto il governo. «Giulio era una persona consapevole e prudente. Se avesse avuto sentore di un rischio o timori personali non si sarebbe esposto a rischi eccessivi. Studiava l’economia egiziana e approfondiva, come oramai tutti i giornali raccontano, i temi legati al sindacalismo indipendente e al lavoro. Peraltro non era la prima volta che si trovava in Egitto per motivi di studio. In questa ultima settimana sono circolate tante notizie diverse sulla vicenda. Se è vero che si è trattato di un crimine politico, ci chiediamo se la strada intrapresa dalle nostre istituzioni sia la più opportuna. Riteniamo che l’Europa e l’Italia dovrebbero intraprendere indagini indipendenti, e non collaborare con i probabili assassini di Giulio. Le cose di cui si occupava Giulio potrebbero essere state pericolose per il governo egiziano. Il controllo dell’informazione è fondamentale ai regimi. Dovremmo saper riflettere sul fallimento delle primavere arabe e sulla tutela dei diritti: molte di quelle esperienze si sono risolte con una restaurazione e non sono riuscite a consolidare quelle conquiste che si prefiggevano, e l’Egitto ne è un esempio lampante. Quanto all’informazione, a volte è così parziale e filtrata da non riuscire nel suo intento. Per questo persone come Giulio si rivelano fondamentali, e andrebbero tutelate».

Quando le chiedo come intendono proseguire, spiega: «La nostra volontà non è solo ricordare Giulio ma, partendo dal nostro dolore, dare un messaggio. Vogliamo che la petizione sia un punto di partenza e che il dibattito coinvolga soprattutto coloro che, concretamente, potrebbero fare qualcosa per Giulio e per tutti quanti noi. Vogliamo la verità. Per lui e anche per noi che, proprio come lui, abbiamo scelto di conoscere il mondo coi nostri occhi e non soltanto dallo schermo di un computer. Vogliamo non avere paura di viaggiare». (dario stefano dell’aquila)

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2 Comments

  1. Alessandra Cennamo
    9 Febbraio 2016 at 13:05

    Per Giulio e per la libertà

  2. claudia
    29 Marzo 2016 at 14:25

    A tutte le persone che stanno andando in vacanza o per lavoro in Egitto: NON ANDATE!!!! l’Egitto ci deve dare una spiegazione sulla morte di Giuio! Basta lascaire denaro ad un paese che non collobara con la giustizia o meglio che finge di farlo! L’Egitto deve delle spiegazioni soprattutto alla famiglia del ragazzo!

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