È importante ricordare sempre che per manifestare non bisogna “chiedere l’autorizzazione”, ma solo preavvisare le autorità perché possano disporre i servizi di ordine pubblico. Per la Costituzione, le manifestazioni si possono vietare solo per “comprovati motivi di incolumità pubblica”. Dopo un anno di manifestazioni settimanali per la Palestina, ogni sabato, senza mai nessun problema di ordine pubblico, la proibizione della manifestazione del 5 ottobre a Roma era chiaramente solo dettata dal supporto del governo italiano al genocidio dei palestinesi a Gaza e in Cisgiordania, e all’aggressione di Israele contro Libano, Siria e Iran, condotta anche con armi italiane. Ma il divieto della questura e del ministero degli interni, confermato poi anche dal Tar del Lazio, non ha spaventato centinaia di organizzazioni di tutta Italia, dagli orientamenti più diversi – da Cambiare Rotta all’Arci, dai sindacati di base a Disability Pride, da No Tav a Possibile, fino alla neonata rete Liberi di lottare che si oppone al ddl 1660 in corso di approvazione – che si sono date appuntamento nel grande piazzale dei Partigiani, tra Stazione Ostiense e Piramide Cestia. Alle autorità non è rimasta altra opzione che autorizzare il presidio – non il corteo – che si sarebbe svolto in ogni caso. Ma l’autorizzazione è stata comunicata solo a poche ore dall’appuntamento.
La polizia si è rifatta rendendo quasi impossibile l’arrivo e la circolazione dentro Roma. Molti treni e autobus di linea sono stati bloccati: un pullman da Pisa è stato fermato sull’autostrada e trattenuto per ore; i manifestanti sono stati anche caricati sull’autostrada. Altri sono rimasti fermi alla partenza nelle proprie città o subito una volta usciti (è successo a Bologna). Su un pullman che veniva da Massa, la polizia ha distribuito fogli di via a chi aveva precedenti legati alla propria attività politica, costringendo l’intero autobus a tornare indietro sotto minaccia di portare i manifestanti in caserma; la stessa cosa è avvenuta a un pullman da Reggio Emilia, e a uno da Bergamo rimasto bloccato a Poggio Mirteto. Centinaia di persone che viaggiavano sui pullman di linea Itabus partiti da Napoli sono state perquisite e una decina almeno portate in questura (anche per loro fogli di via da Roma, per due o tre anni, solo sulla base di “precedenti politici”). Chi veniva in macchina ha trovato blocchi su molte autostrade: i poliziotti obbligavano le auto a incanalarsi in un imbuto di due corsie, per controllare gli arrivi. A Roma, la polizia ha bloccato le stazioni di Termini e Tiburtina per tutta la mattina, e identificato decine di persone in zone lontanissime dal presidio, come San Lorenzo. Verso mezzogiorno molti di questi blocchi sono stati allentati, vista la determinazione di migliaia di persone a raggiungere comunque piazzale dei Partigiani. A quel punto è stato lo sciopero dei mezzi pubblici a rendere difficilissimo muoversi dentro Roma; per di più, alle due ha iniziato a piovere.
A Piramide centinaia di agenti – polizia, carabinieri, guardia di finanza – chiudevano l’enorme piazzale con sette cordoni di furgoni e antisommossa: un cordone per ogni uscita della piazza, il più grande dei quali su viale Aventino, alcuni con grosse cancellate. I poliziotti lasciavano entrare i manifestanti, ma in alcuni varchi chi entrava veniva identificato: migliaia di persone sono state filmate e schedate. La piazza ha continuato a riempirsi per tre ore, mentre correvano voci di negoziazioni per tentare di partire in corteo. Alle cinque c’erano sicuramente molto più che diecimila persone in piazza, probabilmente anche più di quindicimila (l’area coperta dal presidio era di circa diecimila metri quadri, e la densità era sicuramente più di una persona a metro quadro). Ma i cordoni di polizia non davano segno di volersi aprire, nonostante molti gruppi di giovani provassero a forzare. A quel punto un insolito corteo interno ha cominciato a girare in cerchio sul piazzale blindato, finché, verso le sei – cioè dopo quattro ore in cui migliaia di persone sono state tenute chiuse nella piazza, anche sotto sporadiche raffiche di pioggia –, la tensione è salita intorno al cordone di finanzieri che bloccava l’uscita su via Ostiense, con lancio di petardi e oggetti. È stata la scusa per un’offensiva degli agenti, che irresponsabilmente hanno iniziato a tirare lacrimogeni in mezzo alla folla, senza nessun ordine né senso apparente. Un lacrimogeno è arrivato addirittura contro il cordone di polizia dalla parte opposta della piazza, su viale Aventino, costringendo gli agenti antisommossa a mettersi le maschere antigas. Ai candelotti lacrimogeni, che hanno continuato a piovere sulla piazza gremita, è seguita l’entrata del camion con le idropompe di fronte alla Piramide, e cariche sporadiche sulla folla.
La risposta della piazza è stata sorprendente: migliaia di persone si sono allontanate con calma dalla zona dei lacrimogeni, senza panico e senza fuggi-fuggi, nonostante i gas stessero intossicando l’intero piazzale. Il fatto che la piazza non abbia perso la calma e la determinazione di fronte a decine di lacrimogeni è degno di nota, soprattutto sapendo che a Roma da molti anni non si vedevano scene di questa portata, e che quindi per molti dei ragazzi e delle ragazze che manifestavano questa potrebbe essere stata la prima volta. A quel punto il presidio si è diviso in due grandi gruppi, uno al lato della Piramide, che tentava di uscire su via Marmorata o viale Aventino; l’altro verso viale Marco Polo, dove però di nuovo migliaia di persone sono rimaste bloccate perché il cordone di guardie non li lasciava passare. Ma gli agenti stessi non riuscivano a gestire la situazione, soprattutto quando le prime persone intossicate, tra cui bambini e anziani, hanno cercato di uscire; poco dopo le sette i cordoni di polizia si sono aperti, lasciando defluire fuori migliaia di manifestanti, alcuni su viale Giotto, altri su via di Porta Ardeatina, dove è stato improvvisato un corteo spontaneo lungo le mura. La polizia ha tardato quasi un’ora a riorganizzare un cordone, ma a quel punto gran parte dei manifestanti erano già andati via. Nel frattempo un altro spezzone della manifestazione ha riorganizzato un nuovo breve corteo su via Marmorata, verso Testaccio. Fortunatamente la pioggia ha moderato il bruciore dei gas.
La giornata si è chiusa con un presidio di solidarietà davanti alla questura di via Genova, per richiedere la liberazione delle cinque persone fermate: a una di esse – un ragazzo marchigiano, che la polizia ha anche malmenato – è stato assegnato un processo per direttissima che si terrà lunedì; altri – una ragazza di Pisa, un ragazzo di Firenze e un ragazzo di Roma molto giovane – sono stati rilasciati la sera stessa, con una denuncia di resistenza a pubblico ufficiale e di “manifestazione non autorizzata”. Eppure sono stati tutti fermati in una piazza in cui il presidio era autorizzato. Di nuovo vediamo applicata in modo arbitrario e strumentale una legge che esiste da più o meno mezzo secolo, ma che negli ultimi anni si usa con regolarità contro manifestazioni, ultras, parcheggiatori abusivi, a seconda degli interessi del momento. I provvedimenti di divieto di ingresso in città per due, tre, quattro anni sembrano essere stati alla fine una quarantina. Sarà da vedere quanti di questi saranno confermati o contestati nei prossimi tempi: quello che è in gioco in questo momento è la possibilità di disertare e disobbedire a provvedimenti e decreti applicati strumentalmente, con massimo disprezzo non solo per la razionalità, ma per il senso stesso delle leggi che li autorizzano.
In serata, uno studente del liceo Righi appena uscito dalla manifestazione su via Marmorata è stato aggredito da un gruppo di sionisti, che l’hanno mandato in pronto soccorso. Fortunatamente ne è uscito poco dopo. (redazione)
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