Io voglio che l’Italia non esca dal Patto Atlantico anche per questo, e non solo perché la nostra uscita sconvolgerebbe l’equilibrio internazionale. Mi sento più sicuro stando di qua, ma vedo che anche di qua ci sono seri tentativi per limitare la nostra autonomia. (enrico berlinguer intervistato da gianpaolo pansa per il corriere della sera, 1976)
Giovedì ho visto il film su Berlinguer di Andrea Segre, ambientato negli anni del compromesso storico. C’è dietro un bel lavoro sulle immagini di repertorio da parte del regista e sul personaggio da parte di Elio Germano. Poco altro. Politicamente è quantomeno semplificante e in alcuni passaggi nemmeno troppo onesto. Qualche giorno fa Nanni Moretti ha fatto notare a regista e attore – che nella propria carriera hanno sempre preso precise posizioni politiche ma che nelle presentazioni del film si entusiasmano oltre ogni ragionevolezza per la figura dell’ex segretario del Pci – che se avessero avuto vent’anni nel ’73 probabilmente non sarebbero stati dalla parte di Berlinguer.
La gravità dei problemi del paese, le minacce sempre incombenti di avventure reazionarie e la necessità di aprire finalmente alla nazione una sicura via di sviluppo economico […], rendono sempre più urgente e maturo che si giunga a […] un nuovo grande “compromesso storico” tra le forze che raccolgono e rappresentano la grande maggioranza del popolo italiano. (enrico berlinguer su rinascita, 1973)
Qualcuno uscendo dal cinema, come di solito fa la gente quando vuole criticare un film ma non sa cosa dire, lo definiva “lento”:
(credits in nota1)
In queste settimane di dibattito sulla probabile approvazione al senato del Ddl 1660 mi è capitato di rileggere della scomunica che il Pci aveva fatto su l’Unità a sindacalisti, magistrati, docenti, giornalisti che avevano sottoscritto un appello lanciato dai gruppi extraparlamentari contro la legge Reale sull’ordine pubblico.
Qualche anno prima il partito aveva organizzato, nel suo istituto di formazione delle Frattocchie, un Seminario sull’estremismo, in cui si faceva un dettagliato punto sugli sviluppi delle realtà extraparlamentari, denotando particolare preoccupazione per la crescita di alcune, che avrebbe potuto rafforzarsi a causa della scarsa accettazione di una parte della base comunista della politica del compromesso storico.
È falso che io abbia definito provocatori gli studenti in lotta. Ho accusato di essere provocatori oltre ai fascisti alcuni gruppi dell’area dell’Autonomia che il 2 febbraio scatenarono un’intollerabile violenza in risposta al raid squadrista del giorno precedente. […] Mi riferivo (quando ho detto che è necessario chiudere i covi da cui partono le azioni violente, ndr) anche a covi di gruppi come quelli della cosiddetta Autonomia, per esempio quello di via dei Volsci, i cui aderenti da anni paralizzano alcune facoltà universitarie. […] Sono vere e proprie formazioni paramilitari che bisogna cercare di comprendere ma senza giustificazionismi e applicando la legge fino in fondo. […] In nessun modo i tentativi di capire questi estremisti devono poter essere confusi con un modo paternalistico di civettare con loro. (ugo pecchioli, responsabile della sezione “problemi dello stato” del pci, intervistato da paolo mieli nel febbraio 1977)
Nella mia adolescenza, e fino credo al primo anno di università, sono stato iscritto a uno dei due partiti comunisti che ancora portavano qualche parlamentare in Camera e Senato. Una cosa che trovavo difficile era capire, e poi giustificare, i continui cambiamenti di opinione e collocazione rispetto al nascente “centrosinistra”. In effetti, nel ’98 i Comunisti Italiani avevano due ministri (prima volta al governo nella storia d’Italia), nel 2001 due parlamentari europei, appoggiavano Rutelli e Prodi, poi non appoggiavano Prodi in un nuovo governo, si scindevano da Rifondazione Comunista, appoggiando di nuovo Prodi, poi proponevano sempre a Rifondazione, ogni sei mesi, un partito unitario, e infatti poi i due si univano ma intanto era nato il Pd e li aveva scaricati. A livello locale andava ancora peggio: le posizioni sulle giunte comunali e regionali Bassolino e Iervolino cambiavano più o meno ogni tredici giorni, a seconda della convenienza politica. Non si può certo dire che la politica del compromesso non sia stata assorbita bene dai comunisti.
‘O ‘vvi’, so’ stato bbuono…
Quanno ‘o sanghe cavero int’e vvene scurreva
io ero pronto pe’ fa’ ‘a rivoluzione.
Succedeva o nun succedeva
ca murevo o nun murevo
io ero pronto pe’ fa’ ‘a rivoluzione.
‘O ‘vvi’, so’ stato bbuono…
Quanno tu diciste: “Lotta ‘e classe sì, ma senza sanghe;
ca ‘o sanghe nun ha maje fatto ‘nu munno nuovo”,
me cunviciste e dint’e ccarne meje nascette Cristo.
‘O ‘vvi’, so’ stato bbuono…
Ma mo’ me so’ rutt’o cazzo!
Mò ‘o nemico mio ‘o staje pittanno ‘e russo,
e parle ‘e compromesso cu’ chi m’ha fatto fesso,
cu’ chi so’ secoli ca me sta rumpenno l’ossa,
cu’ chi me fa scava’ ‘a fosse cu’ ‘e stesse mmane meje…
(napoli centrale, ‘o nemico mio)
Le scene meno riuscite del film su Berlinguer sono in realtà proprio quelle che dovrebbero, nelle idee di chi l’ha pensato, dare profondità alla pellicola, come quando il segretario si trova a spiegare ad altri – a un’assemblea operaia, o ai suoi figli – le scelte alla base del compromesso. Mi è venuta in mente un paio di volte una scena di Palombella Rossa, quando la giornalista che “si occupa di sport” lancia, senza capirci troppo, al protagonista, una serie di accuse anche sensate ma rese ridicole dalle frasi retoriche che ha trovato su “un libretto sul Pci”. Apicella risponde con un paio di supercazzole a cui sembra non credere nemmeno lui, non troppo diversamente dal Berlinguer di Germano, che invece nelle sue scelte, nel resto del film, sembra avere una fede incrollabile.
(credits in nota2)
«Se fossi cattolico come lei crederei anche nel dogma dell’Immacolata Concezione. Ma non sono cattolico, e non credo né a questo dogma né all’evoluzione democratica dei comunisti italiani». (henry kissinger ad aldo moro, 1975)
Del Pci del compromesso storico diamo una definizione diversa da prima. Ai nostri occhi era stato un grosso partito democratico che mirava per via opposta al nostro stesso scopo. Ma col tempo era diventato – scrivemmo – il partito che riduceva gli interessi della classe operaia a quelli dello Stato. […] A un certo punto della prigionia Moro si rivolge “al Santo Padre”, con tutto quello che questa espressione significa per lui. Montini risponde con una lettera politica a noi. Gli accenti sono molto alti, accorati, anche toccanti, ma il significato del messaggio è un macigno. Moro se ne rende conto. Quelle parole che cominciano con “Uomini delle Brigate Rosse” e finiscono con “lasciatelo senza condizioni” gli dicono che anche Montini si è schierato, e il cerchio si è chiuso. È disperato. Se il Papa, che avrebbe tutta l’autorità morale per percorrere i sentieri di un compromesso, non si è proposto come mediatore o almeno come interlocutore neutrale, vuol dire che sta con chi ha deciso: meglio Moro morto che trattare con le BR. Dopo quel “senza condizioni” nessuno avrà il coraggio di fare la minima mossa. (mario moretti intervistato da rossana rossanda e carla mosca, 1994)
[…] Paolo VI ha gettato la ghiara
si è travestito in abiti da prete.
Sta ingozzando a viva forza Berlinguer
per punirlo della sua frugalità,
lo ucciderà parlandogli d’amore
dopo averlo avvelenato di pietà.
E mentre Paolo grida
quattro suore si son spogliate già:
Berlinguer sta per essere violentato
in via della Povertà.
(fabrizio de andrè, via della povertà – uncensored)
(a cura di riccardo rosa)
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¹ Mario Pachi, Roberto Benigni, Carlo Monni e Maresco Frantini in: Berlinguer ti voglio bene, Giuseppe Bertolucci (1977)
² Mariella Valentini e Nanni Moretti in: Palombella Rossa, Nanni Moretti (1989)