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Hanno fatto il giro del mondo le immagini di uno spettacolo del circo Orfei andato in scena a Licola il 23 dicembre. È successo che a un certo punto i leoni si sono innervositi e progressivamente si sono ribellati al loro domatori, ruggendo, saltando dappertutto e scuotendo la gabbia (tra il terrore degli spettatori). Per calmarli Sonny Caroli, il domatore, ha dovuto colpirli ripetutamente col frustino e lanciare contro di loro le pedane, alimentando ancora di più la sensazione di pericolo tra il pubblico.
Nei giorni successivi sono montate le polemiche. Da un lato chi ritiene che non sia più accettabile utilizzare gli animali per i circhi, dall’altro chi si è schierato con il domatore, difesosi sostenendo che chi lavora e abita nel circo vive in simbiosi con i suoi animali.
Mestiere infame, c’è poco da dire, quello di domare.
Zenobia: Io a Roberto mio non gli faccio mancare niente! (Allungando la voce verso il marito) Seh, quello chesto vulesse vede’: ca quando tiene appetito non fosse pronto il mangiare… Madonna, me ne potrei fuggire!
Bettina: Che? (Come dire: Avete sentito? Ad alta voce, con intenzione) Ce vo’ ‘a furtuna a ‘stu munno…
[…]
Giannina: Sì, ma è troppo ‘na servitù.
Zenobia (piccata): E che viene a dire questa “servitù”? È dovere della moglie fare tutto al marito. La moglie lava, stira, cuce, rattoppa…
Bettina: E il marito fa il damerino!
Roberto: Donna Betti’… Donna Betti’, lasciate sta’ a mia moglie. (Mordendosi a stento) Fatela cucinare!
Bettina (sgraziata): Ma chi ‘a sta dicenno niente?
[…] Carletto (a Bagonghi, che appare mortificato per l’accaduto): Oh, ma comme s’adda fa’ cu ‘a mugliera vosta…?
Bagonghi (andando verso Bettina, uscendo fuori dai gangheri): Ma comme, io aggio ammaistrato cane, gatte, surice e pulice, e nun so’ stato bbuono maje a te ‘mpara’ ca nun he ‘arapi’ ‘a vocca?
(raffaele viviani, circo equestre sgueglia)
Per un periodo ho frequentato sporadicamente Reggio Calabria, città bellissima e dalle devastanti contraddizioni. Mi è capitato una volta di andarci in aereo, di atterrare poco dopo l’alba e di riposarmi su una spiaggia dall’aspetto californiano, una distesa enorme di sabbia poco distante dall’aeroporto, per raggiungere la quale bisognava attraversare una terra abbandonata e occupata da un circo.
Ora, non so se sia un’esperienza comune visitare un circo alle sette del mattino, ma a me pareva di essere in un film di Fellini, solo senza la monaca-nana, e con tutti gli altri dormienti, insonni o appena svegli. Una ragazza dalle gambe lunghissime, con una sottoveste anni Sessanta e degli zoccoli in legno dava da mangiare ai cavalli. Una signora dai capelli bianchissimi disponeva biancheria intima su uno stendino malconcio. Un cane spelacchiato si mise a seguirmi per un po’, finché all’improvviso, così com’era comparso, sparì. Mi sembrò che quella scena così poetica e decadente volesse significare qualcosa, ma non riuscii proprio a comprendere cosa e dopo pochi minuti mi addormentai usando la valigia come cuscino e il giubbotto come telo.
Positiva la presenza di Nettuno in Ariete, tra aprile e ottobre, che ti spingerà a ricercare significati più spirituali e profondi alla tua esistenza, in poche parole conferirà una dimensione più spirituale alla tua personalità. (manuela livi, oroscopo 2025: leone; da: virgilio.it)
Hai l’impressione di aver già vissuto come in un romanzo d’avventura negli ultimi anni e adesso sei pronto a risolvere senza piagnucolare qualsiasi cosa la vita ti metta nel piatto. (ginny chiara viola, oroscopo 2025: leone; da: fanpage.it)
Uno dei gruppi ultras più longevi e determinati dello stadio Maradona – nonché, se non sbaglio i conti, l’unico che ancora rinuncia alle trasferte, avendo rifiutato di fare la “tessera del tifoso” – è quello dei Vecchi Lions. Nato nel 1992 dalla scissione dei Blue Lions, il gruppo viene descritto in una delle periodiche informative che la Digos si premura di inviare a tutti i giornali come “composto da circa cento tifosi, soliti posizionarsi nell’anello superiore della Curva A, all’altezza dell’ultimo boccaporto centrale. Gli aderenti provengono da varie aree di Napoli e provincia. […] Si riunisce in piazza Sannazzaro, attesa la mancanza di una propria sede. Non Fidelizzati”.
Già negli anni Ottanta, la frangia più radicale dei Blue Lions, quella che poi darà vita ai “vecchi leoni”, si era distinta per alcune azioni rimaste epiche nella narrativa popolare ultras. Su tutte, l’aver sventato un possibile gemellaggio che il Commando Ultrà napoletano, capitanato da Palummella, stava preparando nientedimeno che con le Brigate Gialloblù del Verona, andando a caricare i tifosi veneti al Bentegodi, sotto la loro curva. Dopo quell’evento, tra il 1982 e la fine del 1983 i Blue Lions e i Fedayn arrivarono ripetutamente allo scontro con gli ultras veneti, finché la situazione non degenerò in violenti scontri successivi alla partita, a Verona, del 20 novembre 1983 (1-1, con leggendario gol di capitan Bruscolotti). Sugli spalti, quel giorno, gli ultras locali avevano esposto uno striscione dedicato al loro ex giocatore, il brasiliano Dirceu, appena passato al Napoli: “Ora non sei più straniero: Napoli ti ha accolto nel continente nero”.
Vado in Mozambico!
Mi sbucciai un dito!
Fatta infezione,
necessaria amputazione!
Dito! Gamba!
Vuoi ballare tu la samba?
Samba! Samba! Sam-ba!
Oh leon, oh leon,
questa è la canzon dei vecchi leon!
Oh leon, oh leon,
questa è la canzon dei vecchi leon!
(inno vecchi lions, curva a napoli)
A dispetto del suo carattere aperto (per essere un capo militare e un dirigente del CCCP si potrebbe dire che era quasi un viveur), Trotskij fu un bambino solitario, almeno nella sua primissima infanzia. In realtà era accaduto che i genitori del piccolo Lev (Leon, nella traslitterazione anglosassone dal cirillico) l’avevano mandato a una scuola ebraica, dove non riusciva a socializzare con nessuno non parlando una parola di yiddish. Negli anni successivi, quando un parente di sua madre lo portò con sé a Odessa per fargli frequentare la scuola parificata luterana, le cose cambiarono. A dieci anni il ragazzo fu tra i protagonisti di una protesta contro un professore e fu espulso per colpa di altri studenti che lo avevano denunciato al preside. Tempo dopo avrebbe commentato così quell’episodio: “I gruppi sorti in quell’occasione – gli invidiosi e i delatori da una parte, i giovani franchi e valorosi dall’altra, e la massa neutrale, incerta, amorfa nel mezzo – li ho incontrati anche più tardi, nelle più svariate circostanze”.
Chissà se immaginava, il giovane Trotskij, che sarebbe morto dall’altra parte del mondo per mano di una spia assoldata dai suoi vecchi compagni di partito: Jaime Ramón Mercader del Río. Gli avvenimenti che hanno portato alla morte di Trotskij sono stati il principale motivo di critica di una serie distribuita da Netflix che ne racconta la vita, un’operazione di propaganda putiniana che lo ritrae come un leader sanguinario e cinico. Quel che conta è che saltellando da un link a un altro sono arrivato a un’altra storia di propaganda, che non conoscevo.
Autunno 1943: il ministro della cultura popolare della Repubblica di Salò cerca di assicurarsi, approfittando della distruzione quasi totale di Cinecittà, l’appoggio di una serie di registi e attori famosi, invitandoli a girare dei film “schierati” e ben pagati negli studi della nascente Cineisola, che avrebbe dovuto sorgere in una ex fabbrica di birra della Giudecca (Venezia).
Tutti i registi o quasi si rendono irreperibili, qualcuno si sfila in altro modo, tra cui De Sica, che si inventa di essere impegnato a Roma con un film commissionato dal Vaticano. In effetti, quando De Sica interagisce con il ministro Mezzasoma (già vicesegretario del partito fascista, fucilato e poi esposto a piazzale Loreto qualche anno dopo) la lavorazione de La porta del cielo non è ancora partita, e De Sica non è nemmeno il regista designato. Il suo nome viene imposto, con l’obiettivo di sottrarlo alle pressioni repubblichine, dall’attrice protagonista del film, sua amante (sarà poi sua seconda moglie e madre di due dei suoi figli), innescando una serie di avvenimenti per cui la basilica romana dove viene girata la pellicola diventerà un nascondiglio per molti ebrei e antifascisti.
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La protagonista de La porta del cielo si chiamava (è morta nel 2011) María de la Asunción Mercader, ed era la cugina dell’assassino di Trotskij. (a cura di riccardo rosa)