La parola “rione” viene da regiones, un termine con cui nell’antica Roma si identificavano le quattordici aree in cui Augusto aveva diviso la città. Nei manuali di geografia urbana ricorrono alcune espressioni per enfatizzare la differenza nel mondo contemporaneo tra “rione” e “quartiere”. Tra queste: comunità, appartenenza, ritualità. Anche la religione è molto presente, unendo in sé tutti questi elementi.
(credits in nota 1)
Credo di aver messo piede al Rione Traiano per la prima volta una trentina di anni fa. La scuola calcio era quella del Cral Banco di Napoli e il campo quello di via Romolo e Remo, al confine con la Loggetta. Pochi anni prima su quel campo avevano giocato i fratelli Cannavaro, e nella mia stessa squadra, un paio di categorie più avanti, c’era Pasqualino Foggia, che aveva fatto quasi cento gol in un campionato e un giorno salutò tutti perché era stato preso dal Padova.
Mi ricordo che mi piacevano molto i cognomi dei miei compagni: Gabutti, Minauda, Vitiello, diversi dai Di Stasio, D’Alessandro e Letizia della scuola elementare che frequentavo in un quartiere alto. Tutti nominavano sempre il “Rione”, qualcuno copiava i tatuaggi dei genitori e si scriveva RT col pennarello sul braccio, citando di continuo personaggi dai soprannomi e dalle storie improbabili. Il campo era in terra battuta e mister Gigi controllava se avessimo pulito gli scarpini prima dell’inizio di ogni allenamento.
Le scuole superiori le ho fatte in un liceo scientifico al confine tra il Vomero e Soccavo. Avevo anche molti compagni di classe di Quarto, perché vicino alla scuola c’era la stazione della cumana di Piave, una delle più disastrate dell’intera linea, nonché tra le preferite dai writer e dai piccioni che l’avevano occupata approfittando del fatto che avesse spazi coperti e scoperti. La mia migliore amica abitava a via Tertulliano, al Rione Traiano, dove qualche volta sarei andato negli anni della scuola a fare acquisti. Quando andai a casa sua per la prima volta non riuscivo a trovare il palazzo, chiedevo ai pali delle basi quale fosse il civico, ma la numerazione era tutta disordinata e l’unico modo per trovare la sua casa era rispondere alla domanda che tutti mi facevano: «Sì, ma di chi è figlia?».
(credits in nota 2)
Nel 2014 al Rione Traiano hanno ucciso un ragazzino di sedici anni, Davide Bifolco. L’ha ucciso un carabiniere, che l’aveva scambiato per un latitante. Qualche volta mi è capitato di vedere come agisce la polizia al Rione. La maggior parte degli agenti crede di stare in territorio di guerra: sono bruschi, aggressivi, spesso provocatori, danno l’idea di credere che tutte le persone che abitano in quel quartiere siano criminali, se non camorristi. Come in tutti i quartieri di periferia i ragazzini poi, con il loro naturale atteggiamento di sfida (Cesare Moreno qualche giorno fa ha parlato al Rione Traiano, durante un’iniziativa che abbiamo organizzato per ricordare Davide, dell’esigenza di “sperimentare” il pericolo, comune tanto ai Gabutti quanto ai D’Alessandro), sono i più temuti e odiati dagli agenti, che probabilmente si illudono di poter estirpare quella vitalità con le multe, i sequestri, i fermi, in casi estremi gli spari.
Sono passati dieci anni dalla morte di Davide, e al Rione, come nei tanti ghetti di periferia in cui avrebbe potuto morire, non è cambiato nulla (non è una frase fatta: non è proprio cambiato nulla). Sono però stati scritti libri, film e canzoni di successo, ma la maggior parte dei loro autori non si è degnata nemmeno di venire al ricordo organizzato dalla famiglia in occasione di questo triste anniversario. (riccardo rosa)
PS. Un po’ di storie e persone interessanti che abbiamo incontrato in questi anni al Rione Traiano le abbiamo raccontate qui.
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¹ Tina Pica ed Eduardo De Filippo in: L’oro di Napoli, Vittorio De Sica (1954)
² Progetto RT (Ekspo, 2Phast, Ale Zin, Joz), Fuga dal rione (2004)
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