Il grigiore del fine settimana ha preservato ancora per qualche giorno le sfumature decadenti del litorale Domizio, le larghe curve di spiaggia tra Lago Patria e Castel Volturno, prima che, tra una settimana, il traffico a singhiozzo, l’avidità dei balneari che ti chiedono il biglietto di ingresso o lo scontrino del bar anche per fare la pipì, e i Porsche Cayenne neri dell’hinterland casertano, con le ruote grandi come i nastri di coils dell’Italsider, prendano possesso del ricovero che è invece a esclusivo beneficio di certe malinconie in altri momenti dell’anno.
La casa si trova in un viale laterale della Domiziana, l’ultimo prima del ponte dei Regi Lagni, e termina con un cancello che segna l’inizio della pineta comunale. All’inizio del viale, sul lato sinistro, c’è il portone d’ingresso dell’American Palace, poi subito dopo la villetta bifamiliare dove è avvenuto l’omicidio. Sul posto c’erano alcune persone, prevelentemente connazionali che abitavano nei dintorni. […] Parlai con una donna. Chiesi se era presente al momento dell’omicidio e se conosceva la persona accusata del delitto. Mi raccontò che abitava al piano di sopra, ma che era uscita presto per lavoro. Disse che l’uomo “con la testa pazza” era sempre lì, non parlava mai con nessuno e che quando lo vedeva lei scappava via. (salvatore porcaro, l’estate è finita. racconto corale del litorale domizio)
Qualche giorno fa, pensando a Castel Volturno, mi è venuto in mente Lo straniero di Camus, il freddo Meursault che nei miei ricordi – ho problemi di memoria, negli ultimi tempi – si confondeva con il pensoso Pereira sulla spiaggia di Cascais, tanto che non sapevo più chi dei due, a un certo punto, nuotava e (forse) amoreggiava con una donna tra le acque blu genziana. Sono andato in studio per controllare. In effetti Meursault passa del tempo con la sua collega Marie sulla spiaggia di Algeri, poi quando vanno a vedere al cinema un film di Fernandel lei gli chiede di sposarlo e lui le dice che non ha problemi, ma non ha problemi nemmeno a non sposarla.
Tabucchi non l’ho trovato. Devo averlo prestato a qualcuno ma non ricordo a chi. Vorrei comprare uno di quei libri che spiegano come tenere allenata la memoria. I testi delle canzoni che ho imparato quando ero più giovane non li dimentico mai.
– Pronto, si tu Marì…
– Chi siete? Che volete?
– Nun te ricuorde ‘cchiù? Je so’ Gennaro. Ce simme cunusciute ‘ncopp’ ‘a spiaggia…
(pino mauro, grazie marì)
L’ultima volta che ho fatto il bagno a Castel Volturno è stato a luglio scorso. La spiaggia era sporca come poche volte ho visto sporca una spiaggia d’estate. Come tutti gli altri cercavo di convincermi che quei rottami di elettrodomestici, quella plastica, quelle carte appiccicaticce non esistessero affatto, e che il Comune e i lidi privati che circondano la spiaggia libera e che dovrebbero occuparsi della sua pulizia avessero fatto con coscienza il loro lavoro. Davanti a me, e al gruppo di amici con cui ero, alcune famiglie rom avevano disposto un piccolo gazebo, tavolini, lettini e salvagenti, palette e secchielli esattamente come su tutto il resto della distesa i napoletani, in un revival di quei film degli anni cinquanta con Aldo Fabrizi e Ave Ninchi.
Su quella stessa spiaggia, un paio d’anni prima, ero stato con un gruppo di adolescenti di Bagnoli, del rione Sanità e del campo rom di Cupa Perillo. Alcuni di loro avevano confessato che era la prima volta che vedevano il mare. Tra Scampia e il Castel dell’Ovo ci sono meno di dieci chilometri di distanza.
Ho capito che avevo distrutto l’equilibrio del giorno, il silenzio eccezionale di una spiaggia dove ero stato felice. Allora ho sparato altre quattro volte su un corpo inerte, nel quale le pallottole si conficcavano senza lasciare traccia. Ed è stato come se bussassi quattro volte alla porta dell’ infelicità. (meursault, lo straniero)
Anche a Ostia, come a Napoli, e in altre parti d’Italia, il comitato Mare Libero ha preso possesso di una spiaggia di fatto occupata illegittimamente da concessionari privati, piazzando asciugamani e ombrelloni lì dove dovrebbero stare, considerando che il mare è di tutti, e che le concessioni dei lidi privati sono scadute, in tutta Italia, il 31 dicembre. Persino il Consiglio di Stato, qualche mese dopo la scadenza, ha stigmatizzato il blitz con cui alcune giunte regionali avevano prorogato automaticamente le concessioni fino a fine 2024, confermando che i balneari non hanno alcun diritto a star lì con le loro attrezzature e a chiedere soldi alle persone. Tuttavia, i privati non sloggiano, e se non ci pensano i bagnanti, a riprendersi le spiagge, probabilmente non sloggeranno. A Napoli come a Ostia.
Diciamo che io gestisco una attività economica, uno stabilimento di gran lusso, facendo pagare centinaia di euro per entrare, offro servizi di lusso, e così via. Chi potrebbe mai venirmi a contestare la mia attività economica se io lo facessi in un’area privata? Invece ci sono imprenditori che ottengono profitti elevatissimi dallo sfruttamento di beni comuni ad alto valore ambientale, senza rispettare neppure i minimi diritti dei cittadini impedendo l’accesso al mare. Col tempo si sono inserite anche delle problematiche di tipo eco-sistemico di tutela ambientale, come la cementificazione a discapito dei paesaggi dunali e l’erosione costiera, che fino agli anni Cinquanta o Sessanta non sono state considerate. (claudia vellusi, comitato mare libero)
– Te piacerebbe Bru’? Andassene via da tutta sta merda?
– E ‘ndo annomo? ‘A Ce’ nun lo guarda’ er mare che te vengono i pensieri…
(brutto e cesare, non essere cattivo)
(riccardo rosa)