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recensioni
12 Febbraio 2025

La storia del collettivo e della rivista S-Contro. Un libro sugli anni Ottanta a Torino

Lucio Serafino
(archivio disegni napolimonitor)

S-Contro. Un collettivo antagonista nella Torino degli anni Ottanta (DeriveApprodi, 2024) è un libro di Sergio Gambino e Luca Perrone e racconta la storia di S-Contro, collettivo redazionale e militante torinese legato all’omonima rivista “aperiodica con intenti bellicosamente classisti” apparsa fra il 1984 e il 1987.

S-Contro nasce nei primi anni Ottanta per iniziativa di un ristretto gruppo di giovani proletari delle periferie torinesi di Lucento, Vallette e Parella, attivi politicamente all’interno del Collettivo studentesco autonomo e del Comitato disoccupati, emanazioni del gruppo marxista-leninista torinese “Proletari”. Il gruppo si distingue presto dalla matrice ortodossa per una spiccata vocazione antidogmatica e un’apertura al dialogo con le altre componenti politiche della sinistra extraparlamentare. Nel 1983, assieme ad altri compagni torinesi provenienti da diverse esperienze, fondano un Centro di Documentazione, e poco dopo, con i disoccupati dei Banchi Nuovi di Napoli e i Nuclei leninisti milanesi, danno vita a un gruppo nazionale: l’Organizzazione comunista internazionalista (Oci). Centro di documentazione e Oci condividono la medesima sede in via Po 12, dove ogni sabato ci si ritrova per discutere e confrontarsi. È qui che, nel 1984, vede la luce il primo numero della rivista S-Contro.

Il libro di Gambino e Perrone dedica uno spazio all’analisi dei cinque numeri di S-Contro comparsi fra il 1984 e il 1987, mettendo anche a disposizione un link per poter consultare l’intera collezione digitalizzata. Rivista di taglio giovanile, sia nelle tematiche, sia nel linguaggio, S-Contro mescola ai temi politici fondamentali (la disoccupazione, l’antimilitarismo, la scuola) il gusto per l’arte e la controcultura, con un’attenzione particolare per il teatro (Brecht, Majakovskij) e le nuove tendenze musicali (punk e new wave). Colpisce, fin dal primo sguardo, l’aspetto grafico della rivista: dinamica, ricca di immagini e di collage neodadaisti. L’intento è quello di “raggiungere una grafica che si faccia anch’essa portatrice di determinati messaggi e non mero appoggio formale agli articoli”.

Se da un lato S-Contro si richiama all’esperienza bolognese di A/traverso, la rivista rappresentativa della cosiddetta “ala creativa” del movimento del ‘77, dall’altro abbraccia un’estetica più punk. Il nome stesso della rivista porta in sé questa doppia ispirazione: il trattino (orizzontale, anziché obliquo) è una strizzata d’occhio ad A/traverso; il nome della rivista, invece, è la traduzione di quello del leggendario gruppo punk The Clash.

La storia del collettivo S-Contro non si esaurisce, tuttavia, alla sola attività redazionale. Fin dal primo numero la redazione si presenta come “aperta a chiunque voglia intervenire / confrontarsi / s-contrarsi per costruire delle iniziative (che non si riducono al solo giornale) di aggregazione giovanile sul filo di un discorso politico e culturale”. Obiettivo esplicito della rivista, insomma, “non è creare opinione pubblica”, bensì “fare politica, creare lotte, creare organizzazione”.

Ripercorrendo con l’aiuto degli autori le diverse fasi del collettivo vediamo S-Contro trasformarsi da semplice gruppo controculturale giovanile a vero gruppo organizzato di redattori-militanti, impegnati direttamente nei principali movimenti politici di quel periodo, dal movimento studentesco del 1985 a quello antinucleare che sarà poi protagonista degli eventi del 10 ottobre 1986 a Trino Vercellese. In seguito, intorno al 1988, S-Contro abbandona la rivista, si apre a interventi politici nel settore del lavoro, e in particolare davanti ai cancelli di Mirafiori, prendendo parte al progetto nazionale di “Politica e Classe”. Infine, con la caduta dell’Unione Sovietica e l’aprirsi di una nuova fase storica, il collettivo si dissolve naturalmente. Per alcuni anni ancora resteranno visibili, sui muri della città, le scritte “S-Contro” accompagnate dal simbolo del martello e del regolo incrociati.

Il percorso del collettivo è ricostruito dagli autori del libro attraverso gli strumenti propri della storia culturale e della storia orale. Se la firma è di Gambino e Perrone, i curatori del volume, la voce che da esso emerge è collettiva. Il libro si apre con due capitoli di analisi dell’esperienza di S-Contro e di suo inquadramento storico-sociale, nella cornice della militanza politica nella Torino post-fordista (uno a firma dello stesso Perrone, l’altro di Salvatore Cominu). Segue un doppio intermezzo musicale: un excursus sulla scena musicale torinese degli anni Ottanta (a cura del critico musicale Alberto Campo), seguita da un’intervista a due suoi esponenti (Oliver e Bruno dei CCC CNC NCN). Infine, la seconda metà del volume riporta una lunga intervista collettiva agli ex-militanti di S-Contro, dove la storia del collettivo viene narrata di nuovo, ma stavolta “dall’interno” e “dal basso”, direttamente dai suoi protagonisti e protagoniste.

Questa struttura del libro, al contempo corale e orale, appare riuscita. La prima parte permette un inquadramento storico-culturale fondamentale per apprezzare la seconda parte. Qui, il discorso procede disegnando una spirale, con eventi e nomi che ritornano, ma ogni volta da uno specifico punto di vista, narrati da una voce diversa. Ne risulta una ricostruzione che mantiene vive le contraddizioni e le differenze di vedute (gli s-contri, per l’appunto), mentre la complessità dell’esperienza storica diventa “esperienza unica” contro ogni “immagine eterna del passato”, come raccomanda Walter Benjamin nelle sue Tesi di filosofia della storia.

Osservando la Torino degli anni Ottanta attraverso la lente della “microstoria” di S-Contro, il libro permette di esplorare un aspetto ancora trascurato e sottovalutato nella narrazione di quella fase storica: quello della multiforme galassia militante e controculturale, certamente minoritaria, che, nella Torino delle sconfitte operaie, della fine della lotta armata e del riflusso, è comunque rimasta in fermento, navigando controcorrente e provando, malgrado le condizioni avverse, a organizzarsi collettivamente.

Dalla lettura emerge una composita cartografia di gruppi, luoghi di incontro e riviste della militanza torinese di quel decennio, con le loro peculiarità, affinità e controversie ideologiche. È un documento di grande interesse: sia per chi ha vissuto quell’epoca in prima persona (e, tramite la lettura, può riviverla e rielaborarla); sia per chi, anagraficamente più giovane, abbia interesse a ricostruire e a comprendere la Torino di quella fase. Proprio in questo secondo senso sembra orientata la nota introduttiva degli autori che presenta il volume principalmente come un ponte verso le giovani generazioni: un passaggio di testimone verso chi prova a remare ancora contro, affinare il senso critico e organizzarsi collettivamente. (lucio serafino)

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