
Parte domani, venerdì 24 novembre, l’undicesima edizione de La Terra Trema. Fiera Feroce. Vini, cibi e cultura materiale. L’evento si svolgerà come ogni anno per tre giorni presso il centro sociale Leoncavallo di Milano, organizzato dagli attivisti del Folletto25603 di Abbiategrasso. Qui il programma della manifestazione.
“Città e politiche si chiudono a riccio, in difesa di una scala di economie escludente, usando una nomenclatura appetitosa: food policy, food district, city of food. Un lessico godurioso e conviviale che ammicca al bel vivere, a presunte socialità felici, ma che nasconde dinamiche di capitalizzazione, private e violente, esclusive. La piccola produzione agricola e quella vitivinicola rimangono ostracizzate dalle disposizioni delle grandi aziende, dalle multinazionali, dalla GDO, dalle imprese milionarie che si vedono regalare un sistema di protezione costruito su misura. A chi fa piccola agricoltura di qualità nulla è dovuto, nulla è chiesto, spazio non ne è dato. Deve tirare fuori i denti, combattere, costruire resistenza verso chi tenta di intralciare l’enorme lavoro culturale che compie nel quotidiano per la tutela dell’eccellenza reale e viva in Italia”. (da: La Terra Trema)
Pubblichiamo a seguire un articolo pubblicato sull’ultimo numero de L’almanacco de La Terra Trema (autunno 2017), rivista trimestrale autofinanziata e pubblicata a partire dal novembre 2015.
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Agosto 2017, la terra spinge e le vigne chiamano alla vendemmia prima del solito. Ci immergiamo in un mare immenso. Vignaioli, agricoltori, storie indicibili, cultura materiale pura, memoria reale di una nazione arsa dal sole.
A volte si ha la sensazione che l’Italia sia un paese triste, depresso, perso e malato, destinato a un futuro tremendo. Del resto il mondo che abitiamo sembra non darci vie di uscita. Poi succede che macini chilometri, prendi una strada poco battuta, ti inerpichi tra montagne, colline, strade sterrate, salite e tornanti e scopri che c’è un’altra Italia, un altro mondo. Succede che lì incontri uomini e donne dal coraggio inaudito, presi a costruire basi di resistenza solide, reali. Custodi ostinati di un sapere inestimabile costruiscono senza affabulazioni un futuro lontano dalla società artificiale. Giovani, non solo giovani, determinati e volenterosi che scommettono tutto quanto ciò che hanno per realizzare esperienze che non siano soltanto una questione privata. Comunità, relazioni, fatiche quotidiane che serve conoscere di persona, che occorre supportare e sviluppare, che sono lì pronte, a raccontarsi, a farsi ascoltare.
L’estate del 2017 ci ha regalato questa e altre consapevolezze e il merito va a chi ci ha accolto e spiegato. Siamo partiti a fine agosto con l’idea di arrivare fino a Minervino di Lecce e raggiungere una cara amica, Melania Del Santo, astrofisica tosta, conosciuta calcando le strade per l’isola di Santo Stefano per Liberi dall’ergastolo. Saranno 1424 km, all’andata. Un tragitto costellato di tappe studiate tra questioni affettive e produttori che partecipano a La Terra Trema.
La prima tappa è per l’appunto luogo d’affezione. Toscana, Radicondoli (Siena), un borgo medioevale splendido abitato da mille anime, siamo ospiti da amici artisti e artigiani: Ammos, lampade e quadri onirici. Radicondoli è bella e merita un viaggio, molti lo sanno. Aperta e accogliente come i sogni di Alessandro e Viviana, come la loro bottega, le vite gioiose che si muovono tra i vicoli, come Le notti di Giove, festa periodica che anima la città in estate con un insieme interminabile di altre cose.
Radicondoli ha mille abitanti con altrettante storie da raccontare e sondare. Per esempio c’è Tommaso Vatti, detto Tommi, e dietro di lui c’è La Pergola. Tommaso è uno che lavora sodo e studia molto, con passione e voglia di sperimentare sempre, pronto al confronto e sensibile agli stimoli. La Pergola è un ristorante storico. Forse la madre di Tommaso (e di Ghigo) è l’inizio di tutto, forse lo è la sua cucina toscana preziosa e verace. A La Pergola Tommi prepara pizze di qualità, in pala, al padellino, con materie prime ricercatissime e di prima prossimità (hanno pure un orto da cui attingere a quelle della Pergola), farine esclusivamente macinate a pietra e impasti fatti rigorosamente con lievito madre, lievitazioni molto lunghe (anche di trenta, cinquanta ore). La cura di Tommi nel preparare le sue pizze è maniacale così come la ricerca degli ingredienti a contorno. Parlare con lui di impasti e lievitazione è perdersi in un fiume in piena e ritrovarsi a figurarsi l’idrolisi degli amidi o a immaginare la forma di una sacrosanta carta degli oli extra vergini d’oliva.
Dopo una giornata di lavoro, è facile trovarlo in chiusura tra i tavoli della bella terrazza assorto a ragionare fitto di salubrità e gusto dei grani. In estate Radicondoli freme, per tanti è il periodo di lavoro più intenso, verrà l’inverno e la quiete ma questi sono i mesi di ripopolamento, arrivano turisti, facce vecchie e nuove si affacciano in città. Una rete eterogenea di abitanti, associazioni, professionisti di ogni sorta si confronta e organizza, festival, musica, ricerca. È coinvolgente e consolidato. Un tempo anche Luciano Berio aveva trovato qui rifugio e si era fatto trascinare tra le strade strette.
Lasciamo Radicondoli per dare inizio a questo viaggio verso sud, oltre questa cittadina ormai familiare le cose ci sono per lo più sconosciute. Attraversiamo i monti del Chianti in auto, il panorama è scandito dalle tipicità conclamate del territorio: urbanizzazione vitata, moltitudini di cartelli in lingua inglese che invitano i turisti a fermarsi a degustare i vini di quella e quell’altra cantina.
TASTING! WELCOME! Benvenuti sulla strada del Chianti Classico.
Il gallo nero del consorzio gorgheggia. L’Arno è alle spalle, la meta è Loro Ciuffenna (Arezzo). Alle pendici del Pratomagno, cinquecento metri sul livello del mare, ci aspetta Daniele Corrotti, vignaiolo dell’azienda Sàgona, sotto una tettoia che è un’oasi fiorita e fresca nel caldo torrido di agosto. Va detto subito che l’azienda è intestata a Daniele ma che Sàgona è un progetto collettivo e che l’impronta salta all’occhio immediatamente. Una decina di persone ruota intorno a questa esperienza che oltre alla coltivazione di viti, ulivi, seminativi, alberi da frutto e un po’ d’orto, porta avanti la piccola e bellissima osteria ove si utilizzano solo prodotti dell’azienda e di altri produttori del territorio a raggio strettissimo. All’osteria si aggiunge il lavoro alla bottega aperta dall’Associazione dei Produttori del Pratomagno a Loro Ciuffenna. Una declinazione ulteriore della vocazione collettiva e reticolare di questo nugolo operoso di persone e delle complesse riflessioni su cui si sofferma: qualità, tempi e valore monetario del proprio lavoro, territorio, salvaguardia e questioni ambientali e poi riappropriazione a piena voce di un’idea di cultura, non artefatta, non scontata, non subita. (laura alemagna e paolo bellati / continua a leggere)