
Sabato 22 giugno migliaia di uomini e donne della comunità indiana di Latina hanno raggiunto il centro città per esprimere la rabbia per l’omicidio di Satnam Singh – il bracciante sikh amputato da un macchinario agricolo e lasciato morire dal padrone. Molte bici, poche auto e qualche pullman sostano a piazza del Popolo, poi, a pochi passi da lì, una marea rossa. Piazza della Libertà è un ormeggio sicuro dove ancorare bandiere, che non smettono di sventolare a pochi centimetri dai manifestanti, ma ben visibili anche dall’alto della Prefettura. La giornata di sciopero del settore agricolo è indetta dalla Flai-Cgil; i rappresentanti del sindacato, locali e non, prendono la parola a turno sul furgoncino, tra gli applausi e i brevi cori in punjabi.

La comunità indiana del Punjab, di cui Satnam faceva parte, e che è presente nel Pontino da circa trent’anni, in questa occasione è una minoranza numerica; a manifestare è soprattutto la società civile di Latina, insieme ai sindacati che da decenni denunciano le violenze del settore agricolo e il culto della prepotenza nell’agro pontino. I connazionali di Satnam sono in prima fila, sembrano conoscersi ma parlano poco tra loro; ascoltano i sindacalisti, i rappresentanti delle associazioni, e aspettano senza fretta la traduzione in punjabi di ciascun intervento. Il sindaco di Latina prova a prendere parola, parlando di responsabilità condivisa, ma la folla si rivolta, fischiando il corpo estraneo.

Martedì 25 giugno, invece, alla manifestazione promossa dalla comunità indiana del Lazio e sostenuta da Uila-Uil e Fai Cisl, con la partecipazione di Usb, gli indiani sono la stragrande maggioranza. Tantissimi pullman sono parcheggiati sulla circonvallazione; il corteo marcia per due chilometri sotto il sole, fino a piazza della Libertà. Il punto di raccolta è lo stesso ma l’atmosfera è meno tesa di tre giorni prima.

Alle quattro il corteo inizia a percorrere via dei Romagnoli, sotto gli occhi della fotografia di Satnam, l’unico manifesto della protesta. I rappresentanti delle istituzioni sembrano più legittimati rispetto al sabato precedente; solo dal fondo si alzano insulti e fischi: “Uil e Cisl dalla parte dei padroni”, è il coro dei sindacati di base e degli studenti della rete della sinistra, che hanno scelto di concretizzarsi come una spaccatura in questa manifestazione. I loro slogan chiedono radicalità nelle politiche sull’immigrazione e sui contratti di lavoro, accusando soprattutto il sistema dei controlli, considerati “gravemente insufficienti”. Le due giornate mostrano il confine e gli attriti tra le indignazioni di vari colori. (valentina mattei)