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sanità
1 Aprile 2020

Lavorare con le persone fragili. Storie dalla frontiera della salute mentale

Antonio Esposito
(disegno di cristina moccia)

«Ogni mattina chiamo Anna (il nome è di fantasia), discutiamo sui lavori domestici da fare, come tenersi occupata nel corso della giornata, dare senso al tempo, poi ci risentiamo altre volte e valutiamo come stanno andando le cose. Prima del virus Anna lavorava al ristorante. Ora che l’abbiamo chiuso, lei trascorre a casa tutto il tempo, a meno di emergenze non andiamo da lei per non creare situazioni di pericolo, ma cerchiamo di essere, comunque, come possiamo, costantemente presenti. Non è facile, lo sarà sempre meno, ma ci proviamo».

Simmaco Perillo, presidente della cooperativa sociale “Al di là dei sogni” che lavora per il reinserimento socio-lavorativo delle persone svantaggiate attraverso lo strumento dei budget di salute, ci spiega come il Covid 19 abbia stravolto il loro lavoro. «Le persone in budget sono all’interno dei percorsi di reinserimento socio-lavorativo realizzati attraverso il riutilizzo del bene confiscato a Maiano di Sessa Aurunca, con le attività agricole, di trasformazione agroalimentare, di ristorazione e turistiche. Chiuse le attività lavorative gli operatori, con le dovute salvaguardie, continuano a seguire direttamente le persone che abitano in gruppi appartamento, mentre, con chi vive al proprio domicilio, abbiamo intensificato i contatti telefonici e corriamo in caso di emergenza. Andrea (nome di fantasia), per esempio, qualche giorno fa ci ha chiamato perché diceva di essere stato morso dal cane e stava vivendo il panico di essere stato contagiato dal virus. Abbiamo passato qualche ora con lui, tranquillizzandolo, innanzitutto spiegandogli che il Coronavirus non viene trasmesso dagli animali domestici. Quindi abbiamo appurato insieme che non era stato morso, anche perché il cane in realtà non c’era. Ma era una sua paura, generata anche dall’improvviso isolamento, e le paure sono sempre reali, vanno affrontate con rispetto e si può provare a venirne fuori insieme. È estremamente duro, per le persone con fragilità, interrompere improvvisamente percorsi di risocializzazione e sviluppo dell’autonomia, soprattutto quando questo determina nuove solitudini».

Si lavora però in una situazione paradossale: le determine di affidamento dei singoli progetti riabilitativi, decise dall’Unità di valutazione integrata (Uvi), sono infatti scadute il 30 dicembre. A oggi manca ancora un atto ufficiale di rinnovo. È una condizione “normale” in queste terre, ma aggravata, da un lato, dall’emergenza sanitaria che rende tutto ancora meno certo, dall’altro dalla rotazione degli incarichi dirigenziali dei distretti sanitari, determinata dalle normative anticorruzione e realizzata, con una certa ottusità burocratica, quando già le complicazioni del Coronavirus si stavano palesando, con la conseguenza di nuovi responsabili catapultati in realtà che non conoscono, in un momento di estrema difficoltà. «Sarebbe necessario un maggiore coordinamento con le autorità sanitarie e sociali, una presenza più costante, delle indicazioni più nette – dice ancora Perillo –. Per ora il maggiore sostegno lo stiamo avendo proprio dalle persone in budget che hanno compreso la situazione e collaborano perché tutto vada per il meglio. Ma certo, nel tempo, aumenteranno le difficoltà quotidiane. Tutti noi soffriamo a seguire le news quotidiane, ma per una persona fragile quella messe di notizie sempre più drammatiche, unite alle restrizioni della libertà di movimento, partecipazione, obbligo a rimanere forzatamente a casa, determinano situazioni di stress emotivo davvero enormi. Per ora riusciamo a fronteggiarle grazie all’impegno straordinario di tutti gli operatori, soprattutto le giovani donne che sono l’ossatura della nostra compagine sociale. Certo, però, diventa difficile senza avere nemmeno la determina degli affidamenti e senza alcuna fornitura di quegli strumenti di protezione individuale che pure sarebbero strettamente necessari».

Il sistema dei progetti terapeutici individualizzati sostenuti da budget di cura rappresenta in Campania anche un’opportunità di sviluppo territoriale, caratterizzandosi per innovativi percorsi di economia sociale che partono dal riutilizzo dei beni confiscati alla camorra (i budget di salute, tra l’altro, sono definiti dalla normativa regionale sui patrimoni sottratti ai clan la “linea rossa delle migliori esperienze di riutilizzo”). Prima dell’emergenza si era avviato un tavolo regionale per aggiornare le linee guida di questo strumento, la crisi è sopraggiunta mentre si stava per concludere un percorso che forse avrebbe rafforzato e sviluppato l’intero sistema. In questo periodo, nelle solitudini che ha determinato, tutti noi stiamo sperimentando l’importanza e insostituibilità delle relazioni, e quando finalmente tutto sarà finito dovremo imparare di nuovo a coltivarle. Forse potremmo iniziare proprio da quelle realtà che, come “Al di là dei sogni”, con le persone più fragili, ne ha fatto la loro “realtà sognata”. (antonio esposito)

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