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25 Febbraio 2018

Lavoratori della logistica, blocchi nelle fabbriche e corteo a Roma

(foto di lorenzo spairo)
(foto di lorenzo spairo)

I primi pullman partono alle 23 di venerdì dalla zona di Milano, per riuscire a raggiungere la capitale nelle prime ore della mattinata. L’intento è quello di mettere in crisi i dispositivi di controllo della forze dell’ordine che in occasione delle ultime mobilitazioni avevano bloccato per diverse ore alcune delegazioni ai caselli autostradali. Fiano Romano è il primo punto di raccolta degli oltre settanta bus organizzati dal SiCobas, il sindacato autonomo ormai maggioritario del settore logistica, che da oltre due mesi ha lanciato per il 23 e il 24 di febbraio una due giorni di mobilitazione con sciopero generale e corteo a Roma. Il contratto nazionale del settore, firmato da Cgil, Cisl e Uil il 3 dicembre scorso, è la ragione principale che ha spinto il sindacato a indire le due giornate di lotta.

Nella giornata di venerdì, diverse assemblee nei magazzini e presidi davanti ai cancelli con il blocco delle merci hanno caratterizzato gli hub della logistica a livello nazionale. Non sono mancate le tensioni e a Novara, davanti ai cancelli della DSV, ci sono stati tre fermi dopo gli scontri seguiti al tentativo di forzare un picchetto da parte di alcuni crumiri. Sabato, invece, dalle grandi città, dalle province e dalle periferie più abbandonate, quasi diecimila lavoratori della logistica sono arrivati in piazza dell’Esquilino.

Nonostante la pioggia e con una puntualità da tempo dimenticata, il corteo parte alle 15 verso il centro. La contemporaneità alla dibattuta manifestazione nazionale organizzata da ANPI e Partito Democratico dopo i fatti di Macerata genera la solita spropositata militarizzazione, con tanto di elicottero della polizia accolto con un grido di sfida dal corteo in partenza.

Il serpentone si colora con le mille sfumature di quella componente migrante che tra i lavoratori è la vera novità degli ultimi anni. Al sud, è entrata in uno dei settori a più alto grado di sfruttamento, come quello della raccolta dei pomodori nelle campagne, e ha saputo organizzarsi, con battaglie quotidiane, trainando i pochi italiani presenti in miglioramenti di stipendio e diritti mai acquisiti in precedenza. A Milano e nei magazzini del nord invece, dove fino a qualche anno fa era normale che non venissero rispettati i contratti e non venissero pagate nemmeno tutte le ore lavorate, oggi la forza è tale che i provvedimenti che sfavoriscono i lavoratori, e che scaturiscono dal discusso Jobs Act, in alcune aziende non vengano messi in atto.

Gli interventi dal furgoncino di testa si susseguono senza sosta e la difficoltà con l’italiano neppure si nota, tanto l’entusiasmo e tante le vertenze raccontate dai vari delegati sotto il telo steso per proteggersi dalla pioggia. «Il nuovo contratto firmato dalla Cgil ci vuole riportare indietro di dieci anni», grida Zazà, delegato SDA dal microfono. «E questo è talmente evidente, che molti lavoratori iscritti agli altri sindacati si sono uniti alle nostre assemblee e hanno detto di voler scioperare con noi». Sotto accusa è la maggiore flessibilità accettata in questo contratto, una banca ore che permetterebbe di non pagare gli straordinari e la moltiplicazione dei gradini di anzianità che si vorrebbe applicare ai nuovi assunti.  Il razzismo e la repressione sono gli altri elementi al banco degli imputati. «Il clima di odio verso gli stranieri ci riguarda in prima persona – spiega Zazà – ed è giusto che la risposta venga data dai lavoratori che queste discriminazioni le combattono tutti i giorni sui luoghi di lavoro. Qui l’unità tra italiani e stranieri è stata raggiunta con le lotte».

A piazza Venezia il corteo si incontra con i lavoratori della Fiat di Pomigliano, i disoccupati napoletani e, unica nota dolente, uno spezzone dei movimenti sociali troppo scarno per un corteo come questo. Ma il 4 marzo, giorno delle elezioni, si staglia all’orizzonte e non poteva essere ignorato negli interventi di chiusura: «La croce la mettiamo tutti i giorni in magazzino, gli scioperi e i picchetti sono le nostre giornate di votazione, è lì che abbiamo la possibilità di migliorare le nostre vite». Viene esplicitamente osservato come «tra gli obiettivi della giornata ci sia anche quello di mostrare che un’alternativa a quello che si presenta alle elezioni esiste, ed è la lotta dei lavoratori». Una opzione che dalla logistica ha necessità di allargarsi agli altri comparti, per diffondersi e non venire schiacciata. (lorenzo spairo)

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