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5 Aprile 2012

Lo scambio c’è ma non si vede

Antonio Bove
(disegno di ottoeffe)

Ci sono vite che oscillano nel vuoto. Nessun dolore infinito, nessuna gioia persistente, solo tonalità di grigio. La vita di Dino, confinata fra le campagne devastate che da Giugliano degradano verso Aversa appartiene a queste. «Lavoro per una ditta di pulizie, con la mia squadra laviamo le scale e i cessi di un paio di torri del Centro Direzionale. A pagare, pagano sempre. Mille euro, niente di che. Poi arrotondo con le cose che gli impiegati si dimenticano in ufficio. Qualche orologio, il laccettino. Pure un pacchetto di sigarette che comunque sono più di quattro euro». Una vita così, la tirannia delle scadenze, il fitto, le bollette. Le carenze del welfare scaricate sulla famiglia. Nel caso di Dino la famiglia di lei. «Mio padre è morto da un sacco di tempo, mia mamma non è che tiene tanta fantasia…».

Poi una mattina di luglio di otto anni fa Dino apre la porta di casa e trova sua moglie impiccata a una trave del soffitto. Nessun biglietto, nessun preavviso. Un dolore compresso da anni ed esploso in un solo tragico momento. La periferia di Giugliano. Un figlio di tre anni. Un lavoro di merda. Ti viene voglia di salire su quello stesso tavolo e fare un salto nel vuoto con la corda al collo pure tu. «I problemi ti mantengono coi piedi per terra. Il giorno dopo il funerale mi sono sorpreso a vedere che stavo pensando solo a come andare avanti. Nemmeno per soffrire un poco ci sta mai tempo». Secondo Gerry, compagno di scuola e di avventure, però, la morte di sua moglie ha anche avuto un effetto liberatorio. «Come se a un certo punto avesse detto basta con questa vita così squallida. Quella mazzata gli ha detto: bello tieni quaranta anni, mo’ amma parià». È in questa ricerca del pariamiento che Dino scopre i privè.

Il tradimento è il Babau italiano. Insieme a “ricchione” con tutte le sue varianti, “cornuto” si attesta in cima alla classifica degli insulti nostrani da sempre. Nonostante ciò negli ultimi anni la crescita dei locali per scambisti è un dato costante e oggi gli swingers sono una realtà italiana articolata e persino organizzata. Sono tempi strani, mentre svaporano le associazioni di lavoratori, fioriscono nuove forme di aggregazione sociale come la Federsex, secondo cui sarebbero cinquecentomila le coppie italiane che praticano lo scambio, secondo altri circa due milioni. Una su quattro, per lo più coppie benestanti. Un segno dell’emancipazione dei costumi ma anche la dimostrazione che questa crescita del fenomeno avviene solo in funzione della sua capacità di profitto. Il cammino di liberazione per queste coppie dipende dall’espansione dell’imprenditoria del sesso e dei suoi investimenti su redditizi club che oggi sono una realtà economica e di conseguenza rendono il fenomeno quantomeno tollerato. Purché sommerso. Lo scambio c’è (perché muove denaro) ma non si vede.

In realtà sono numerosi i luoghi all’aperto in cui ci si può scambiare il partner, ma il privè è un’altra cosa. Che succederebbe se i parcheggi delle autostrade fossero invasi da folle di professionisti che se ne stanno seduti sulla piazzola a guardare mentre gli sodomizzano la moglie? Il sesso commercializzato è un’industria fiorente ma bisogna trovare il posto “compatibile” con l’ordine costituito. Un “c’è ma non si vede” che non offenda la morale comune e non danneggi il PIL. La doppia morale, del resto, è la cifra del Paese. In questo senso con “Signore e signori”, che vinse a Cannes nel 1966, Pietro Germi ci ha regalato un affresco spietato della doppiezza che trova nel sesso l’immagine simbolo ma che bagna come un olio tutti i campi del vivere civile. «Là dentro ti fai le cose tue con discrezione. Ci sta quasi sempre gente coi soldi. Architetti, medici, avvocati, la mattina dopo devono tornare alla normalità».

È in questo tempio del “famolo strano” per ceti abbienti che Dino cerca l’antidoto alla sua vita andata a male. E conosce Gigi e Daniela. Coppia di quarantenni disinibita bisex distinta e pulita, con lui attivo o contemplativo cerca giovane non peloso e dotato. E trova Dino che, modestamente, è dotatissimo. È proprio la sua naturale arma di piacere in dotazione ad aprirgli le porte di quel mondo facendo innamorare la signora Daniela e suo marito Gigi, mettendoli in condizione di maturare la proposta. Ci vediamo due volte al mese, paghiamo noi l’ingresso al locale e tutto quello che vuoi da bere. Ci sta pure qualche pista di coca. E già che ci siamo un regalino da cento euro a serata. Follie per un fallo. «E chi se lo credeva, fratè, pagano tutto loro, al locale faccio il padrone e mi faccio pure la moglie». Insomma, quella fuga dai propri dolori finita nel cuore di Sodoma finisce per garantire anche una rendita extra, oltre al tanto agognato pariamiento. Con Gigi e Daniela due volte a settimana, ma ci sono anche Salvatore e Rosa tutti i sabato, Gabriele e Monica, da Modena, una domenica al mese. Locali chic, champagnini e cognacchini, botte di bamba tagliata benissimo e un migliaio di euro mensili di extra. Affanculo la tristezza e la lotta di classe, alla fine conviene davvero diventare imprenditori di se stessi. A partire da una merce su cui non è necessario fare l’investimento iniziale. Il corpo. (antonio bove)

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