
Dal n.59 di Napoli Monitor
Il 10 giugno, con una conferenza stampa a palazzo San Giacomo, il sindaco de Magistris annuncia che il comune di Napoli sarà l’organizzatore del I Mondiale Solidale, in appoggio delle popolazioni in lotta in Brasile, che protestano contro la coppa del Mondo della Fifa. De Magistris racconta di aver preso questa decisione in maniera impulsiva dopo aver visto le immagini degli indios brasiliani scontrarsi con la polizia davanti al nuovo stadio Mané Garrincha, a Brasilia. «In Brasile – sottolinea il sindaco –, la gente protesta perché dagli investimenti fatti la popolazione non trae alcun beneficio. Per questo abbiamo deciso di destinare i ricavati del Mondiale Solidale a una enorme scuola guida di offshore. L’obiettivo è formare centinaia di piloti di motonavi da mandare a gareggiare nel mondo con in petto il simbolo del comune». La formazione dei piloti si svolgerà sul lungomare di Coroglio, mentre le lezioni teoriche in un’ala ancora inutilizzata di Città della Scienza. Al Mondiale, che si giocherà nelle piazze della città, parteciperanno celebri artisti, ex calciatori, modelle, politici e intellettuali. Ospiti della conferenza al fianco del sindaco, e testimonial del Mondiale, sono Hugo Maradona, Idris e Paolo Brosio. In serata, dopo aver letto la notizia via internet, gli indios brasiliani si dissociano immediatamente dall’iniziativa: «Non ci rappresenta nessuno!».
Il 12 è il giorno della prima partita. Sul modello del calendario ufficiale si scontrano il Brasile di Toquinho e la Croazia di Nina Moric. A poche ore dal calcio d’inizio la Soprintendenza per i beni artistici e paesaggistici blocca tutto: «Piazza Plebiscito deve essere tutelata!». Al manto d’erba sintetica di ultima generazione con cui era stato ricoperto il pavimento della piazza vengono apposti i sigilli, e la gara inaugurale viene spostata nel parcheggio del centro Polifunzionale di Soccavo. Il tappeto d’erba resterà nella piazza in attesa dei fondi per la sua rimozione. Intanto il Brasile batte la Croazia, come da pronostico, per due a zero (doppietta dell’ex attaccante del Napoli, Iniacio Pià).
Il 14 scendono in campo Colombia e Grecia. La gara, che si svolge sul vialone d’ingresso del parco Virgiliano a Posillipo, inizia con due ore e venti di ritardo, a causa del prolungarsi della manifestazione organizzata prima della partita: un’assemblea pubblica per tracciare un filo comune tra le esperienze rivoluzionarie colombiane e greche con quella arancione partenopea. Quando l’intervento dell’ultimo dei diciassette militanti di Rifondazione Comunista partecipanti all’evento arriva al minuto quarantatre, lo stopper della Colombia, ex membro delle Farc (Forze armate rivoluzionarie colombiane) irrompe in campo, disarcionando l’assessore Fucito che presiede l’iniziativa, e annunciando con volto disgustato l’inizio del match. La partita verrà sospesa al trentunesimo per il brutto infortunio subito dal capitano della Grecia, Tsipras, inciampato in una delle radici degli alberi che fuoriescono dall’asfalto del terreno di gioco. Ancora, al settantaseiesimo, la gara verrà dichiarata terminata, sul risultato di quattro a zero per la Colombia, a causa di “sopraggiunto buio” e “mancanza di illuminazione pubblica”. Il comune di Napoli dovrà pagare una multa, oltre che provvedere alle cure per il leader greco. Il giorno successivo è la volta dell’esordio dell’Argentina, che mobilita centinaia di tifosi per la prima gara contro la Bosnia. Madrina della partita è Belen Rodriguez, protagonista di uno spiacevole episodio, quando viene alle mani con una modella di Srebrenica che – secondo le accuse – le avrebbe copiato il colore dello smalto. L’Argentina si conferma squadra favorita, vincendo la partita per cinque a uno, con reti del capitano Maradona jr., di un ristoratore di Liniers a cui è stato appaltato l’intero servizio catering della manifestazione e una straordinaria tripletta di Angelo Pisani, a cui l’altro Maradona, quello più famoso, ha assegnato l’onorificenza di cittadino onorario argentino.
I gironi eliminatori vanno avanti. Le squadre che meglio si comportano sono: l’Argentina, di cui si è già detto, e che ha dalla sua il pubblico napoletano; la Nigeria, la cui formazione è costituita da immigrati che abitano nella zona del Buvero, a cui il consorzio Gesco ha regalato sgargianti completi di gara biancoverdi, oltre che tecnologici cronografi da polso e delle t-shirt per i tifosi con la scritta in pidgin english: “Vota Sergio D’Angelo, per una vera rivoluzione civile”; la Svizzera (che il 20 rifila tre palloni alla Francia di Gerardo Marotta, sistematosi sulla panchina transalpina dopo aver accantonato il suo progetto di una nazionale europea), che schiera in campo i parenti dei calciatori elvetici del Napoli; gli Stati Uniti, il cui bomber è l’ex console Moore, noto per i festini a luci rosse organizzati nella sede di rotonda Diaz, e che esulta dopo ogni gol polemicamente e impunemente, invitando gli spettatori a praticargli una fellatio. Faticano invece le favorite Spagna, Brasile e Italia.
Il 24 la nazionale azzurra si gioca tutto contro l’Uruguay. La partita è bloccata. Le squadre non riescono a trovare i varchi giusti, anche perché si gioca nello spiazzale antistante la metro del Frullone, pieno di automobili come sempre. I sudamericani accarezzano fino all’ultimo istante il sogno qualificazione, ma a tre minuti dalla fine Stefano Caldoro, subentrato tra i fischi al papà di Insigne, mette dentro il gol vittoria con un goffo colpo di testa che gli costa la rottura degli occhiali, ma che vale tre punti. Al termine della partita, per tenere maggiormente sotto controllo le spese mediche, stranamente gonfiate con fatturazioni di dubbia provenienza, il governatore annuncia che da quel momento la nazionale diventerà una Selezione Regione Campania, delle cui cure si occuperà il già oberato pronto soccorso dell’ospedale Cardarelli. Contestualmente all’annuncio, i neoborbonici smettono di tifare Spagna e passano «al supporto della squadra della nostra terra».
Il 27 scoppia la prima vera grana del Mondiale. I capitani di tutte le squadre si riuniscono per protestare contro le vergognose condizioni dei campi da gioco della città. Gli infortuni occorsi al greco Tsipras e all’allenatore del Brasile Cané (che ha perso la voce dopo aver provato a farsi sentire dai suoi calciatori nell’immenso campo ricavato nell’ex area industriale di Bagnoli), provocano una vera e propria fronda. Le polemiche coinvolgono l’assessorato allo sport del comune, colpevole di aver lasciato in abbandono decine di strutture sportive (il campo Paradiso di Soccavo, il palazzetto Mario Argento, il campo Italsider di Cavalleggeri su tutte) e non aver assicurato i servizi necessari, come gli spogliatoi, agli stadi-piazza. Luigi de Magistris, oscillante tra il desiderio di tutelare gli interessi dei più deboli, la maglia numero nove della Selezione Campania, e il ruolo di Presidentissimo Emerito del Mondiale, svolge durante l’assemblea il doppio ruolo di contestatore e contestato. Dopo lunghe ore di discussioni il sindaco riesce a trovare una sintesi. Nel suo ruolo di presidente del Mondiale inoltrerà una lettera di protesta al comune; come sindaco interverrà, comminando una sanzione economica al suo stesso ente; come cittadino ricorrerà alla Corte dei conti contro se stesso (in qualità di sindaco), per lo spreco di denaro pubblico rappresentato dal Mondiale a sua volta da lui stesso presieduto. Al termine di questi laboriosi passaggi, il 28, il comune approva una delibera che concede al presidente del Napoli De Laurentiis, e alla presidente della cordata Naplest, Marilù Faraone Mennella, la possibilità di costruire undici stadi in giro per la città, ognuno dei quali sarà intitolato a una delle nazionali partecipanti al Mondiale. Gli stadi saranno costruiti entro il 2018, per permettere lo svolgimento della seconda edizione della competizione. Le abitazioni e le strutture che insistono sui terreni che i due imprenditori considereranno più favorevoli, saranno abbattute e ricostruite in altro loco, sempre dall’accoppiata De Laurentiis-Mennella. Non inclusa nelle nazioni a cui verrà intitolato uno stadio, la Nigeria di Sergio D’Angelo abbandona la competizione, gettandosi nell’organizzazione di un Mondiale Alternativo, per il quale l’unica partita (la cui macchina organizzativa costa duecentosettanta milioni di euro di fondi europei) sarà quella tra una selezione di migranti e un’altra di operatori sociali.
Intanto la competizione prosegue. In semifinale arrivano Argentina, Stati Uniti, Colombia e Campania. La squadra di palazzo Santa Lucia, dopo l’avvio incerto nella fase a gironi, si comporta benissimo nelle eliminatorie. Brillano in avanti i due fratelli de Magistris, affiatata coppia d’attacco della formazione. Il 7luglio, giorno che precede le semifinali, Diego Armando Maradona, supportato dall’avvocato Pisani, ritira l’Argentina dal Mondiale, per protestare contro l’indecorosa rappresentazione teatrale ispirata al libro Futbol di Osvaldo Soriano. La messa in scena è stata organizzata a inizio mese sotto l’egida del Forum delle Culture, con poche risorse e tanta superficialità. Maradona, che già aveva avuto modo di litigare con Caldoro e de Magistris (considerati «il male di questo sport, come e peggio di Blatter»), si infuria perché, dietro le quinte, una registrazione inchioda un attore salernitano mentre paragona il Pibe de Oro al numero dieci brasiliano Pelè, venendo tra l’altro aggredito da una folla indignata di napoletani. Approfittando della situazione, l’organizzazione estromette dal Mondiale anche la Colombia, accusata di “terrorismo” a causa della presenza in squadra dei fortissimi calciatori ex membri delle Farc. La finale, anticipata per motivi di ordine pubblico al 9 luglio, sarà Campania-Stati Uniti.
Le due formazioni arrivano all’ultima gara con stati d’animo molto diversi. Gli americani sono carichi, e non hanno niente da perdere così come accade ogni volta che una outsider arriva a pochi passi da un titolo così importante. L’ex governatore Donald Moore è la sorpresa del torneo: ha totalizzato diciotto gol in cinque partite. Ne ha saltata solo una, per squalifica, nonostante le numerose ammonizioni ed espulsioni. I giudici sportivi, capeggiati dal triumvirato Di Pietro-Ingroia-Boccassini, non hanno potuto far finta di non vedere quando Moore ha inoltrato esplicite e volgari avances al commissario di campo, Pina Tommasielli. La Campania, dal canto suo, ha una formazione rimaneggiata. Le polemiche che hanno coinvolto i fratelli de Magistris (accusati di passarsi il pallone solo tra loro); i tantissimi infortuni che le Asl locali non sono riuscite a fronteggiare, a causa dei tagli del governatore nonché trequartista Caldoro; l’uscita dalla squadra del papà di Insigne, che ha deciso di candidarsi a sindaco e che quindi non vuole condividere lo spogliatoio con l’attuale primo cittadino, costringono l’allenatore Patrizio Rispo a schierare una formazione poco competitiva. In porta c’è Rocco Hunt; difesa a quattro con Bruscolotti, Ermanno Rea e Gianni Simioli, certi di una maglia da titolare. A sinistra si candida Pina Picierno, ma Matteo Renzi le fa notare che da tempo il PD ha smesso di giocare a sinistra. Verrà sostituita da Bassolino. A centrocampo ci sono il presidente della fondazione Ravello, Renato Brunetta, e il giornalista onnipresente Raffaele Auriemma a costruire il gioco; mediano di rottura Luigi Necco, che però ha un’autonomia di tre minuti di corsa, e viene sostituito da Toni Servillo, in staffetta con Erri De Luca. Nel ruolo di trequartista, Stefano Caldoro; in avanti i gemelli del gol, Claudio e Luigi de Magistris.
La finale si svolge sotto il sole cocente di piazza Mercato. Per permettere un incasso maggiore la piazza è stata transennata, e Pasquale X, parcheggiatore abusivo e amministratore de facto dell’area, arrestato preventivamente per impedirgli di svolgere il proprio lavoro. I biglietti staccati, alla cifra di ottanta euro l’uno, sono trentanove. La finale offre uno spettacolo modesto. La formazione campana crolla sotto i colpi degli yankees. Segnano Moore, Bruce Springsteen e Al Pacino, che – non è dato sapere perché – non stringe, prima della gara, la mano ai due fratelli de Magistris. Per tutta risposta, a metà secondo tempo, uno staffista del sindaco lo metterà fuori uso con un’entrata killer. Chiude la gara ancora Donald Moore, con un fantastico gol in rovesciata a tempo quasi scaduto.
Il 13 luglio, giorno inizialmente previsto per la finale, arrivano notizie inquietanti: la procura di Rio de Janeiro ha aperto un’inchiesta, dopo la denuncia della Fifa, per “competizione sportiva non autorizzata”; quella di Napoli ha puntato i fari sulle amministrazioni locali, per una strana gestione delle spese e degli incassi portati dal Mondiale; il console Moore è scappato con la coppa e con tutte le testimonial femminili della manifestazione, prima di essere squalificato per doping. Infine, Diego Armando Maradona, uno dei pochi riusciti a mantenere la lucidità nell’ultimo mese, rilascia una lunga intervista a Gianni Minà, denunciando tutte le irregolarità della competizione, e i mali che la politica continua a infliggere «a quella Napoli che, anche se qualcuno vorrebbe questo, non smetterò mai di considerare casa mia». (riccardo rosa)