Boscoreale, due i cortei fra giovedì e venerdì. Giovedi 30 settembre, in concomitanza con il lutto cittadino dei paesi vesuviani, hanno sfilato le mamme, le scuole, i bambini, i licei… e le istituzioni. Riabilitato dalla popolazione, dopo aver ignorato per anni le voci preoccupate dei comitati, il sindaco di Boscoreale, Gennaro Langella, è stato accolto al grido di “Langella uno di noi” dopo aver annunciato la promessa del premier di non aprire la cava Vitiello. Di tutt’altro avviso invece il corteo di venerdì primo ottobre, lungo tutta via Zabatta, sede delle discariche. La comunità in lotta non ha dimenticato le promesse da marinaio, non ha perso d’occhio il pericolo grave che viene dalla attuale cava Sari e sa bene che anche questa notte centinaia di camion sverseranno nell’invaso vesuviano. Spenti i riflettori di “Anno Zero”, la realtà e ritornata quella di sempre anche perché il programma di Santoro non ha affrontato il problema con attenzione, limitandosi ad aprire la finestra su Terzigno per pochi minuti mostrando un popolo stremato ed arrabbiato a cui il ministro della difesa La Russa ha quasi riso in faccia.
Il corteo, dunque, si è mosso con circa mille persone al seguito, con l’apporto numerico anche dei cittadini di Chiaiano e dei collettivi partenopei. «Mi è piaciuta questa partecipazione esterna – dice Laura F. – anche se il buio ha reso tutto meno vistoso» . Già, il buio. Ancora una volta infatti buona parte della strada è stata lasciata in un buio pesto, di cui hanno risentito anche i cori dei manifestanti. E’ un popolo consapevole, arrabbiato ma a tratti anche stremato da tutto ciò che succede ogni notte sulla rotonda di via Panoramica. «Sui loro volti – dice Eugenia C. – si leggono i segni di una vita normale, fatta di lavoro, sacrificio, famiglia; e la rabbia. La rabbia di chi viene ucciso poco a poco, avvelenato. La rabbia di chi vive, lavora, dorme in quel fetore insopportabile. La rabbia di chi viene avvelenato giorno dopo giorno e ucciso lentamente. La rabbia di chi è stato fottuto da chi doveva proteggerlo: lo Stato».
Dinanzi alle strade che portano alle cave, sempre vigile ed in tenuta antisommossa il cordone delle forze dell’ordine: dalla folla viene acceso un petardo ma in pochi minuti tutto si calma. Arrivati in fondo alla strada, un’assemblea spontanea prende forma nonostante l’intensa umidità scesa ai piedi del Vesuvio: a parlare i comitati di Napoli, di Bosco e ad ascoltare anche padre Alex Zanotelli. E’ ormai l’una, fa un po’ più freddo e molte persone lasciano la strada mentre altre si dirigono decise verso l’invaso da cui, ovviamente, vengono allontanate. Alle prime luci dell’alba arrivano, come ogni giorno, le colonne di camion scortate dalla polizia, e nuovi cumuli di immondizia trovano alloggio nel Parco Nazionale del Vesuvio. (alessio arpaia)