Giorni fa Amato Lamberti proponeva un’analisi del risalto mediatico che la protesta di Terzigno sta avendo in questi giorni. In breve, Lamberti diceva che l’attenzione dei media è necessaria per suscitare l’interesse delle istituzioni ma allo stesso tempo può portare alcune parti della popolazione ad azioni sempre più eclatanti al fine di meravigliare l’opinione pubblica, correndo anche il rischio di screditare la protesta stessa. Erri De Luca, invece, sul Corriere della Sera ha scritto di quella che ritiene ancora la sua gente, nonostante lui viva a Roma da anni raccontando amene storie di amori e sessantottini. De Luca dice che il popolo vesuviano è abituato a subire ma quando poi si incazza… allora sono dolori! A suo dire, questa gente non si arrenderà mai. Analisi interessanti, che in ogni caso vanno rapportate a ciò che davvero accade nei territori vesuviani, e soprattutto a ciò che accadeva quando opinionisti e scrittori avevano anche loro dimenticato la triste sorte della loro amata terra.
La lotta di Boscoreale e Terzigno ha tante anime e, nonostante tutte ormai si ritrovino in piazza, le stesse hanno origini e idee diverse. Un salto andrebbe fatto quanto meno all’anno 2007 e un racconto merita di essere affrontato da allora e fino al giugno del 2010.
All’epoca, a individuare le due discariche all’interno del parco nazionale del Vesuvio fu il governo Prodi, nella persona del ministro verde Pecoraro Scanio. Ricordo quel periodo perché alcuni dei miei più cari amici diedero forza e voce al “movimento difesa del territorio area vesuviana”: nacque da subito un presidio permanente ai cancelli della cava Sari, dove ancora non si sversava. L’atmosfera era tutto sommato allegra: solo in compagnia si può passare il tempo all’aperto e all’umidità pungente dei boschi del Vesuvio. C’era allegria sì, ma anche tanta amarezza per la distanza dal resto dei cittadini. Due popolazioni c’erano all’epoca: quelli che i presidianti li prendevano per pazzi estremisti e quelli che, membri dei partiti di centrosinistra, all’epoca maggioranza nel paese e nella regione, tuonavano contro il presidio perché, dicevano, in quella discarica al massimo ci sarebbe andata la frazione organica stabilizzata. Agli eredi del Pci, allora, piacevano le discariche! Il pericolo, dunque, il popolo non lo percepiva per niente e pian piano, dopo alcuni mesi, il piccolo punto di incontro sotto le cave venne chiuso, proprio mentre il governo Prodi annunciava di rinunciare a quei siti di stoccaggio. Quando si rimane in dieci a passare le notti al freddo, non è facile andare avanti…
Poi arrivarono Silvio e Guido, la provvidenza e la concretezza. Arrivarono perché una buona fetta di quelli che additavano i ragazzi dei movimenti come pazzi visionari, dissero basta ai logori governi del centrosinistra e alle deplorevoli amministrazioni provinciali e regionali del rovinoso Bassolino. Buona parte degli abitanti del vesuviano vollero credere nel cavaliere e accolsero il capo della protezione civile come un salvatore della patria. L’immondizia era sparita e Napoli poteva tornare a respirare. Anche Boscoreale, con il sindaco Langella, fu liberata da tonnellate di rifiuti e lo stesso dicasi per Terzigno, con il ritorno di Mimì Auricchio nella casa comunale. Anche loro accolsero il miracolo del Popolo delle Libertà mentre il malconcio centrosinistra rimase in silenzio a leccarsi le ferite. Ma sotto quale tappeto avevano messo quelle montagne di immondizia?
Gli unici diffidenti, manco a dirlo, furono i soliti contestatori del movimento, che fin da subito iniziarono ad avvisare, con una fitta serie di volantini, circa la pericolosità della cava Sari – aperta a maggio 2009 – e dell’ancora più temibile cava Vitiello. Iniziarono le prime assemblee, i raduni in piazza con i megafoni. Ma si era in pochi, in cento, forse in centocinquanta, e si era guardati con sospetto perché “di sicuro anarchici, quanto meno drogati e ce l’avevano a morte con Berlusconi”. Dal canto loro i partiti del centrosinistra non volevano che i discorsi del movimento intaccassero anche quella piccola fetta di elettori ancora fedeli alla quercia striminzita che aveva, negli anni, schiacciato la falce e il martello.
Da gennaio ad aprile del 2010 la protesta aumentò. Volantini e documentari provavano a informare il popolo e ad avvertirlo delle falde che si stavano inquinando e di quello che di lì a poco, con l’arrivo dell’estate sarebbe successo… Ed eccoci a giugno: dopo un anno di scarichi incontrollati nella cava Sari, la puzza che comincia a farsi insopportabile e il popolo che inizia ad aver paura davvero. “Forse hanno ragione i ragazzi, forse Berlusconi ci ha presi in giro ancor più di Bassolino. Forse è meglio scappare, andar via”. Ma ormai è quasi impossibile perché il valore degli immobili nel giro di un anno è calato terribilmente e vendere una casa accanto al Vesuvio per scappare altrove è diventato difficilissimo. Chi l’avrebbe mai detto? I ragazzi del movimento, loro sì; e avevano anche detto che, oltre alle discariche, anche gli inceneritori fanno male e che un metodo di gestione dei rifiuti virtuoso esiste. Avevano parlato, per esempio, del centro riciclo di Vedelago, dove si raggiunge l’obiettivo dei “rifiuti zero”… Ma siamo andati troppo avanti. Perché l’unica consapevolezza che in buona parte del popolo è nata, è soltanto il fetore proveniente dalla discarica. L’unica vera consapevolezza a cui sono giunte tante persone è che QUESTA discarica di Terzigno fa male.
La lotta di questi giorni, dunque, parte da lontano ma per tante persone non mira ad arrivare lontano. Le bottiglie incendiarie, i camion dati alle fiamme, i fuochi d’artificio lanciati in mezzo alla strada, e poi tante e tante persone presenti notte e giorno sulla rotonda a gridare e cantare contro la discarica nel parco nazionale del Vesuvio. Tante persone che nei prossimi giorni arriveranno da Pompei, Scafati, Torre Annunziata… Tante urla e tanta forza. Ma a parlare in un modo più ampio e più a lungo termine, a parlare di rifiuti zero, a dire no alle discariche, ovunque esse siano, a parlare degli effetti nocivi degli inceneritori, a fare tutto questo restano sempre e comunque in pochi. E questo il governo del fare lo sa bene, perciò sta cercando il sistema di gettare profumo sulla cava e, magari, sversare altrove i rifiuti destinati alla cava Vitiello. Il governo, in fondo, lo sa che il popolo, difficilmente, guarda al di là del proprio naso. (alessio arpaia)
By Asteco October 26, 2010 - 9:33 am
La mancata consapevoleza fa parte di quello strano contesto montato ad arte chiamato emergenza rifiuti. Personalmente non ritengo che proteste che si massifficano quando l’aria diventa irrespirabile, abbiano un retroterra di conoscenza del problema né che guardino lontanto per così dire, verso un mondo a rifuti zero.
La difficoltà oggettiva di far sì che una proposta politica alternativa sia fatta propria da chi sente minacciato il proprio orticello è qualcosa che contraddistingue proprio i nostri giorni. Finita la puzza non ci sarà più tutto questo clamore, anche se la discarica rimane, anche se la falda è inquinata, anche se non si fa la differenziata. Fortunamente ci sono molte persone che sanno bene quale è la vera natura del problema che nei mesi passati hanno parlato con la gente, hanno allargato per quanto poco, il consenso e l’informazione sul disastro della spazzatura in campania e sull’unico modo per far sì che altre Terzigno non si ripetano. Questo è avvenuto a Chiaiano, ad Acerra. Ma il tutto sembra poi divenire sempre un suono lontano nel deserto grazie soprattutto al compiaciuto silenzio delle istituzioni, complici di un gioco tanto subdolo quanto redditizio che ripropone sempre gli stessi meccanismi, prende in giro le persone, e fa si che siano i soliti noti a bere dalla fontana dei danari versati nei commissariati straordinari, nei consorzi, a impregilo, all’asìa. Finchè anche solo in pochi sapranno, almeno, la luce della speranza non sarà completamente spenta.
By m October 27, 2010 - 9:45 am
Come non poter annuire al racconto di questo articolo?
Ogni tanto vedo qualcosa di diverso, tuttavia, come l’ho vista a terzigno. Anni fa a parigi assistetti a giorni e giorni di protesta dei cosiddetti cassuer, nient’altro che abitanti delle banlieu parigine. Quello che colpiva era la loro consapevolezza. Non era colpire per colpire. Per quanto l’informazione anche in francia, come ovunque, fosse sotto il controllo del potere di turno, ai tempi era chirac, tuttavia filtravano, trapelavano le idee di chi dava battaglia alla polizia e ad una società da cui era per nascita escluso.
Quello che mi ha sorpreso di terzigno/boscoreale è la stessa cosa: una consapevolezza che non ho trovato in passato nè a chiaiano nè a pianura. Una consapevolezza diffusa, anche in quelle fasce sociali (espressione che mi fa cacare) che per nascita vengono schedate come “piccola delinquenza”, “giovani violenti” e altre cazzate del genere.
Il discorso a lungo termine sarà portato avanti sempre e solo dal movimento insomma. Ma forse le condizioni per parlare anche a chi è molto diverso da noi ci sono in alcuni casi. Ma noto una difficoltà enorme a relazionarsi. “Noi” nascosti dietro slogan, “loro” dietro una rabbia esplosiva.