Sabato 30 ottobre. Alle prime luci dell’alba era girata una falsa notizia: il corteo si trasforma in una festa. Nel servizio del Tg3 delle 14, prima della manifestazione, il sig. Franco Matrone – esponente di spicco del Pd di Boscotrecase e membro del comitato civico – affermava dinanzi alle telecamere di essere contento dell’accordo raggiunto e di essere felice che nella cava Sari avrebbero sversato solo i comuni vesuviani. Ma a queste parole Luigi Casciello, del movimento difesa del territorio area cesuviana, rispondeva secco: «Parla per te, parla per te! Noi continueremo a protestare finché la cava Sari non sarà chiusa e bonificata, devono smetterla di mangiare sulla nostra pelle!».
Dunque a tanta gente tutto ciò non va a genio: «Noi siamo ancora a lutto, la cava Vitiello è solo uno specchietto per le allodole usato dal governo per placare gli animi. Vogliamo l’immediata chiusura e bonifica della cava Sari che da trent’anni inquina e devasta il nostro territorio».
La risposta all’accordo firmato dai sindaci insieme a Berlusconi, le popolazioni vesuviane l’hanno data ed è stata incisiva ed energica come non era mai successo nelle terre alle falde del vulcano. Un unico enorme grido: la protesta non si ferma, la lotta va avanti; i cittadini giurano che nessun camion riuscirà più a sversare nella cava Sari, e denunciano i sindaci della zona di essere complici della carneficina in atto, sia mediatica che ambientale.
Oltre diecimila persone suddivise in quattro grandi cortei − Boscoreale, Boscotrecase, Terzigno e Torre Annunziata − sfilano per oltre tre ore lungo i tanti paesi dell’hinterland. Una folla che nessun fotografo, per quanto costosa sia la sua macchina, riesce a prendere per intero; i quattro spezzoni sembrano non avere ne’ inizio ne’ fine e vantano un’organizzazione capillare: musica, striscioni, megafoni, microfoni e tanta, tantissima fatica.
Sembra proprio che tutta questa gente pian piano stia arrivando a capire che non esistono solo le promesse, che non sempre si può venire schiacciati dal peso trasversale di scelte politiche indegne del rispetto dei cittadini: «Nonostante dieci giorni di stop agli sversamenti, la puzza qui è ancora insopportabile: segno tangibile dell’enorme danno creato da questa bomba atomica infilata sotto il parco nazionale del Vesuvio», dicono i manifestanti.
Lungo le strade sono presenti realtà sociali provenienti da tutta la Campania, i “noTAV” da Torino, il “popolo viola”, i disoccupati organizzati, il Legal Team, il Coreri, e molti altri. Il corteo affronta durante la marcia temi concatenati come lo sfruttamento del lavoro, la gestione dei rifiuti e la repressione messa in atto, secondo i movimenti, in maniera arbitraria e con tecniche “cilene”. I manifestanti urlano a gran voce di non lasciarsi intimidire dalle violenze dello stato, dalle perquisizioni con esito negativo, dallo stato di polizia in cui, denunciano, è piombata Boscoreale nell’ultimo mese.
In un volantino a firma del movimento si legge “A fest do cazz”. La voce più chiara, dopo quattro ore di corteo e una lunghissima assemblea in cui si sono espresse tutte le realtà in lotta, è quella che dice: «Non abbiamo nulla da festeggiare, la lotta va avanti: ci avete avvelenato per anni, ora basta!». (alessio arpaia)