Vedere le facce dei proletari – leggevo tempo fa in un articolo sull’Internazionale – si può ancora nella metropolitana romana, la prima del mattino. Ma se volete vedere quel che resta di un sottoproletariato in via d’estinzione dovete venire a Napoli e prendere le ultime corse di un qualunque mezzo pubblico, magari di domenica. Questo è quanto…
Dal finestrino la prima cosa che vedo è un mucchio di prostitute sul marciapiede di fronte. Una si cambia le scarpe, sostituendo quelle comode con dei tacchi rivestiti di finti brillanti, appoggiando i piedi tra quel che resta del mercatino diurno di stracci. Un’altra, tutta svestita di rosso parlotta con un potenziale cliente o con un semplice sfottitore. Il camion che lava i cassonetti è a pochi metri ma la puzza non le tange. Una ragazza con zainetto invece si porta le mani al naso chiaramente disgustata. Sale anche lei sull’R2 delle 23:30, forse l’ultimo della giornata. Siamo al capolinea, si aspetta da un quarto d’ora con il motore acceso. La prima porta, quella più vicino al conducente resta chiusa, evidentemente non vuole essere fatto domande. Sul fondo due trans si raccontano senza discrezione. I sediolini sono di un tessuto che in origine doveva essere azzurro, mentre ora, dopo chissà quante andate e ritorno, ciò che li caratterizza più che il colore è la puzza.
Ho di fronte un vecchio accartocciato su se stesso. Ha un braccio che gli avvolge il volto pieno di rughe, solchi vuoti che raccontano una vita piena, piena di qualcosa che non oso immaginare. Dorme mentre l’antichità dei suoi lineamenti fa a cazzotti con la modernità di un abbigliamento recuperato a buon mercato. Due posti più avanti un uomo sulla quarantina poggia il piede sul sediolino vuoto che lo separa dal vecchio, poggia la testa sul vetro unto (o unge il vetro con la testa sudata?) e inizia anche lui a dormire, conciliato dal tremolio del motore. L’aria è condizionata ma tutti sudano lo stesso, come se qualcosa li rodesse dall’interno.
Ecco, ora sale un altro uomo, ha dei piccoli baffetti e un teschio ben visibile. Sembra in fin di vita, arranca, si trascina sul maniglione della porta centrale e striscia fino al posto vuoto tra i due dormienti. Siede con un tonfo tanto è morto il suo peso. L’uomo col piede sul sediolino si sveglia per un attimo, controlla se la gamba è saldamente attaccata al resto del corpo e richiude gli occhi lentamente, lasciando il piede lì dov’era, vicino al ginocchio esile del nuovo arrivato.
Una donna è seduta sul sediolino che sovrasta la ruota dando le spalle al resto dell’autobus. Quando si gira svela uno sguardo che contiene dolore, tanto, che rapidamente si travasa negli occhi di chi guarda guardare. Fa male, e intanto parla al telefono con la madre dicendole che Tonino non ce la faceva a guidare e che non l’aveva potuta accompagnare, che si stava addormentando sullo sterzo e le ha detto pigliati il pùllman. Mentre la tristezza continua a sprigionarsi come i deodoranti per la casa, sale al Rettifilo un giovane studente appena fatto bersaglio di un uovo tra i capelli da qualche balordo. Un carnevale fuori tempo massimo. L’albume, non avendo il giovanotto un fazzoletto, continua a colargli, facendo prima tappa sullo zaino, poi finalmente sul pavimento, mischiandosi a polveri altro che sottili e untuosità varie.
Siamo già a piazza Municipio, chè a quest’ora il traffico è scorrevole, si sa. Il nostro uomo col piede sul sediolino dorme cacciando un filo di bava dalle labbra. Scandito dal respiro il filo sale e scende per un po’, almeno fino a quando non arriviamo al San Carlo, dove dallo stesso finestrino da cui poco prima ho osservato le puttane di Piazza Garibaldi vedo una folla di gente uscita dalla prima della nuova edizione del teatro festival. Scopro poi che si tratta di Le dragon bleu, proprio come il tatuaggio del trans seduto nelle ultime file di quest’autobus neanche notturno… (rc)
By carmine June 29, 2011 - 5:00 pm
reputo offensivo e senza scopo questo articolo, se non quello di disegnare un proletario come un relitto umano, e una “razza” semi estinta,bhè forse dalla tua villa di posillipo non l’hai notato ma i proletari esistono ancora siamo tanti e non siamo tutti relitti umani siamo colti e non,disoccupati o sfruttati,sporchi o puliti invito a rivisitare o eliminare il post inquanto offensivo
By monitor June 30, 2011 - 4:14 pm
a breve un elogio di stakanov per riequilibrare
By g. fofi July 2, 2011 - 3:24 pm
“…la napoli che viviani racconta è quella del proletariato marginale, erroneamente chiamato da molti “sottoproletariato”. la napoli dei mille mestieri precari (ivi compresi quelli dello spettacolo), dei guappi miserabili, delle prostitute, ma anche quella dei contadini e dei muratori, dei portuali e degli operai disoccupati” (g.fofi – la grande recita)
By Point Break July 3, 2011 - 9:53 am
Io invece reputo molto interessante il racconto di un viaggio “come tanti” in una linea “rossa”, una di quelle che ospita le fasce più emarginate dei napoletani, quelle che con l’ambiente esterno hanno pochi contatti perchè, checchè se ne dica, è l’ambiente stesso a rifiutarli. Proletari, sottoproletari, tossici. Questo è invece il racconto di un normale percorso della linea R5, quella che, come noto, porta i tossici a farsi a Scampia ma anche lavoratori/trici a casa dopo il lavoro:
R5 Anti – Social Napoli Club
https://www.ilsalottodeiciarlatani.com/2011/05/r5-anti-social-napoli-club.html