da Napoli Monitor n.43, ottobre 2011
Lello è uno che non sta mai fermo. Si è laureato all’Orientale studiando lingue, a breve finirà la specialistica, ma nel frattempo si muove in cerca di lavoro. Da qualche giorno ha iniziato un corso di formazione con la regione (con borsa) su marketing e commercio. Abita a Santa Maria del pozzo, praticamente di fronte alla stazione della Circumvesuviana. «Per andarci, però, a questo corso, devo buttare il sangue. Il primo giorno, per esempio, ho cominciato alla grande e non ci sono andato. Volevo prendere la Vesuviana e scendere a piazza Garibaldi, ma ormai quando si aprono le porte non si capisce più niente», racconta con invidiabile self control, anzi scoppiando a ridere.
Il problema è semplice: con i tagli delle corse il numero delle persone è lo stesso, ma anziché in quattro-cinque treni, devono entrare tutti in due, massimo tre. «“Pigliate il prossimo che già stiamo schiattando”, ti urlano. Oppure si fa quel vecchio giochetto che quando sta per arrivare la fermata, si azzeccano tutti quanti vicino al vetro per non farti salire. Anzi, devo dì la verità, questo lo faccio pure io». Lello mi racconta che da quando la Circumvesuviana ha cancellato alcune corse – a seguito dei tagli da parte della stessa regione Campania che gli sta pagando il corso di formazione – la mattina ognuno prova un espediente diverso. Lui per arrivare in orario ha trovato una soluzione che teme presto anche gli altri scopriranno, e quindi sarà tutto inutile: «Praticamente la mattina esco di casa dieci minuti prima, prendo il treno che va verso Sorrento, e che quindi è meno affollato. Poi scendo a San Giorgio, dove ci sta un treno più piccolo che fa molte meno fermate, tra cui una che è perfetta per me, perché scende al Centro direzionale. Solo che quando la gente capirà che può arrivare a Napoli così facilmente, e soprattutto senza fare a mazzate tutte le mattine, staremo punto e daccapo».
Qualcun altro, come mi racconta Lello, ha deciso che così proprio non va, e il biglietto non lo sta facendo: «In realtà non è solo un fatto di protesta, che comunque sarebbe anche giusta secondo me. È che la gente è furba, e capisce che un controllore non salirebbe mai su ‘sti treni, sennò se lo mangiano vivo. Stesso discorso se torni agli orari di punta, tra l’una e le due, o verso le sei la sera. Tu pensa quanti soldi ci perdono questi». Lello è puntiglioso. Uno di quelli che si va a leggere i verbali del Senato accademico dell’università, «per scoprire le magagne che fanno. Ci stanno figli di professori che a un altro po’ non tengono nemmeno l’abilitazione, ma riescono ad avere una cattedra grazie a cavilli burocratici». Figuriamoci se può essere tenero con quelli della Circumvesuviana. «L’altra mattina l’ho passata nell’ufficio informazioni, per convincerli a cambiare il tabellone che tengono affisso con gli orari, perché ci stanno gli orari vecchi, con le corse ancora non tagliate. Allora se la gente vede che il treno deve passare alle otto, e alle otto e trentacinque ancora non arriva, è logico che si imbestialisce e comincia a fare casino. Loro ti rispondono che hanno messo un foglio con gli orari nuovi, ma lo mettono azzeccato con lo scotch su una bacheca: il risultato è che dopo tre ore non ci sta più! La verità è che nemmeno tengono il coraggio di dire: “Arrangiatevi, il treno non passa perché i soldi non ci stanno. La mattina dovete scendere più presto e picchiarvi per entrare”. Certo magari non proprio così, ma se mettessero il tabellone con gli orari nuovi lo schifo che stanno facendo sarebbe davanti agli occhi di tutti». Quando gli chiedo che cosa gli hanno risposto ride di nuovo: «Mi hanno detto che l’avrebbero fatto, ma non se ne sono fregati. Eh ma tanto io non gli do pace, ho pensato che giovedì mattina non tengo da fare, e ci vado un’altra volta».
Anche Anna studia all’Orientale, come dottoranda, e vive a Pagani. Parliamo di provincia di Salerno, e di biglietti di fascia quattro, saliti da due euro e ottanta centesimi a tre euro e quaranta nel tempo necessario per dire CSPT. La CSPT è l’azienda del consorzio Unico che copre con i suoi autobus Salerno e provincia. «Ci sono stati licenziamenti, ci sono stati i tagli alle corse, e ora in una giornata se devi andare e tornare da Napoli spendi quasi sette euro». A salvarsi, almeno per il momento, ci sono i treni: «Io posso fermarmi sia a Pagani che a Nocera, che è un po’ più lontana ma meglio servita. Non sono lontanissime e si può fare. Però la maggior parte delle persone si muove con gli autobus, e il pendolarismo è stato colpito in maniera incredibile da quello che sta succedendo».
La SITA, come la CSPT, ha eliminato diverse corse, e ormai chi deve affrontare viaggi quotidiani in pullman deve prepararsi a una battaglia che si gioca sul filo dei secondi: «Prima, per essere a Napoli alle dieci prendevo l’autobus delle otto e mezza, che in realtà dato il traffico non passava mai prima delle nove meno venti. Arrivavo a piazza Garibaldi dopo un’ora, e avevo giusto il tempo di raggiungere l’università a via Marina. Ora che tutte le corse intermedie sono state soppresse posso partire solo alle otto, perchè con la corsa delle nove, considerando anche il ritardo fisso, arriverei troppo tardi. Chi partiva alle sette e mezza ora deve farlo alle sette, e così via a scalare».
Anche qui, come in Circumvesuviana, il viaggio è tutt’altro che piacevole, a causa dell’affollamento dovuto all’assenza di corse intermedie. «Per non parlare della mancanza di pulizia, dei servizi scadenti, degli spifferi d’inverno e dell’aria condizionata rotta d’estate, roba che non fa più scalpore in nessuno degli autobus sulla tratta Napoli-Pagani-Angri-Nocera. La verità è che nessuno pensa ai pendolari. Perchè non promuovono agevolazioni mensili, forme di abbonamento differenziate per chi non deve andare in città tutto l’anno? Noi le proteste le abbiamo fatte, ma finora non siamo riusciti a ottenere nulla». In realtà Anna si dimostra ingiusta, perché al contrario di quanto dice, qualcuno ai pendolari ci pensa. Il presidente della CSTP, per esempio. Dopo i tagli alle corse, infatti, la consolazione è stata un messaggio di scuse da parte dell’azienda. «Due righe ridicole pubblicate sul sito, in cui diceva che non era colpa sua ma di una politica di tagli imposta al Consorzio». Amen, e chi si è visto si è visto. (riccardo rosa /viola sarnelli)