A chi interessa capire cosa c’è dietro tutti questi morti nella periferia nord di Napoli? A chi interessa sapere come mai una nuova “scissione” sembra consumarsi all’interno del clan degli scissionisti, e come mai persino il nome della famiglia Di Lauro stia tornando a galla in questi giorni? A chi interessa sapere che c’entra Melito con i morti di Secondigliano e Scampia, con la famiglia Amato, i clan di Barra e la politica spregiudicata di ringiovanimento del boss Mariano Riccio?
La verità è che interessa a pochi, anzi come è abitudine in questa città, quello che interessa è centrare l’attenzione non sui problemi, ma sulle sfumature più marginali di questi ultimi. Per esempio, molti teatri napoletani sono a un passo dalla chiusura, ma la cosa più importante è capire come mai la figlia dell’ex ministro Di Donato, oggi nel Cda del Mercadante, abbia un contratto come organizzatrice del Napoli Teatro Festival. Oppure, le elezioni sono passate da otto mesi e di fare un impianto di compostaggio non si sente nemmeno parlare, ma la cosa più importante è sapere quanto costi una tonnellata di immondizia inviata in Olanda, e così via. È quindi assolutamente normale che i problemi strutturali di una periferia come quella a nord di Napoli vengano sottoposti all’attenzione pubblica solo quando gli equilibri di questa o quella famiglia criminale si spezzano o si incrinano.
Oggi accade anche di peggio, in realtà. Non sono nemmeno in tanti, infatti, a essersi resi conto dell’imminente guerra di camorra, che la presunta società civile napoletana si sta già mobilitando in direzione delle Vele per un fantomatico #OccupyScampia. Il cancelletto è dovuto, ovviamente, al twittaggio dell’iniziativa via social network, un gergo alla moda già di per sé irritante, ma che abbinato al fatto che ancora oggi c’è chi prova a farsi pubblicità con il nome di Scampia, mette addirittura i brividi.
In principio c’era un articolo del Mattino, la solita tirata apocalittica con cui veniva raccontato di saracinesche di negozi che si abbassano al calar del sole, donne invitate a rimanere a casa e di un coprifuoco da far west nel “quadrilatero della faida”. Un invito a nozze per una giovane deputata casertana del Pd, che fa partire il messaggio su Twitter: «Servono volontari! #OccupyScampia contro #coprifuoco imposto dalla camorra!». Poco importa se tra l’articolo e il tweet, associazioni locali e istituzioni, a cominciare dal presidente della municipalità, avevano provato a smorzare i toni, smentendo la notizia diffusa dal Mattino. “Abbiamo finito alle dieci, ieri sera, di provare a teatro per Scampia Trip. Una cosa è il clima di paura […] un’altra è il coprifuoco, che non c’è”, hanno per esempio comunicato dall’associazione (R)esistenza Anticamorra. Ma il balletto era ormai avviato, e centinaia di napoletani (tra cui parecchi giornalisti e politici) hanno annunciato una prossima occupazione del quartiere, per dimostrare la propria indignazione, almeno per un giorno.
Qualcuno, a dire il vero, si è detto addirittura pronto a scendere in piazza tenda alla mano, anche se con questo freddo è difficile immaginarsi una folla accampata lungo via Ghisleri o via Baku, a sfidare il coprifuoco dei camorristi a colpi di indignazione, sacchi a pelo e panini con il wurstel. È inutile star qui a specificare che le associazioni che da anni fanno i salti mortali per rendere Scampia un quartiere migliore, non figurano tra i promotori dell’iniziativa. E nemmeno ci sarebbe da meravigliarsi poi, se anche tra coloro che intrattengono con gli abitanti del quartiere un rapporto vero e fatto di cose concrete, qualcuno dovesse scegliere di aggrapparsi al salvagente mediatico di questa occupazione via twitter, magari per tirarsi fuori, fosse anche per un giorno, dalle secche di una quotidianità solitaria e non sempre gratificante.
Quel che importa però sono quegli altri, chissà se più spregiudicati o incoscienti, che non esitano a travestirsi da improbabili e non richiesti liberatori solo per veicolare per qualche ora o per qualche giorno il proprio nome sui mezzi di comunicazione. Ma anche questa, in fondo, è una vecchia storia, una vecchia praticaccia da mestieranti della politica. Stupiscono solo l’accanimento e la mancanza d’immaginazione, il fatto che non si esiti a riesumare l’immagine già devastata di una comunità afflitta da problemi concreti, per assestarle un colpo ancora, senza pietà, sovrapponendole, ma svuotato di senso, l’ultimo slogan ribellista, con l’unico inerte risultato di additarla una volta di più al pubblico compatimento. E scoraggia, come sempre, l’attenzione degna di miglior causa che dedicano alla questione coloro che per mestiere dovrebbero raccontarci giorno per giorno, e nei dettagli, quel che accade, di bello e di orrido, a Scampia e in tutte le altre periferie dimenticate della metropoli. Dimenticate, naturalmente, fino al prossimo tweet. (napolimonitor)
By ciro pellegrino February 1, 2012 - 12:58 am
a parte il ditino alzato, ecco, di che parliamo?
Magari vogliamo parlare del fatto che di certe cose non si parla (poi non è vero, ma vabbè)? Ok, discutiamo. Ma basta cattedre e ditini alzati: da Napoli Monitor in questi mesi sono partite molte accuse al sistema giornalistico napoletano. Pensate di non farne parte? Io dico di sì, in pieno. Faccio parte di un coordinamento dei giornalisti precari della campania, vogliamo discutere un poco dell’editoria che malpaga o non paga alla base di certe storture? Facciamolo, io sono qui a disposizione e non mi nascondo, metto nome e cognome nelle cose che faccio. Sempre.
Anche in #OccupyScampia ce l’ho messo: condivido la riappropriazione di spazi e il riempimento del vuoto politico l’imbarazzante inadeguatezza delle nostre amministazioni (approposito, Napoli Monitor è oggi critica con l’amministrazione de Magistris: mi fa piacere, noto un cambio di linea da giugno ad oggi). Com’è nata #OccupyScampia? Io ho letto un tweet, l’ho condiviso. Ho letto che era di Pina Picierno una parlamentare del Pd. Non la conosco se non via twitter, non ho motivo di pensarne male. Faccio la mia parte, su #OccupyScampia insime ad altri che ci sono nati e cresciuti all’ombra delle Vele affiché si possa realizzare qualcosa, di concerto con le associazioni sul territorio. Però nessuno si arroghi il diritto di decidere se si può o non si può fare una cosa: il ditino alzato della mediaborghesia quando si parla di area nord non mi è mai piaciuto.
Coprifuoco, non coprifuoco: ma perchè a Scampia non c’è da anni, il coprifuoco? Io queste famigliole in giro per le vetrine illuminte di via baku non le vedo, forse voi sì e allora siete fortunati, fumate quello buono e non il puzzone che pure si vende lì dietro, voi siete inchiestisti di razza, approfondite.
Mi dispiace per il tono vagamente polemico, ma l’atteggiamento da manganello radical chic su ogni cosa che non è “confessata e comunicata” in un certo modo non mi va più. Per chi come me è fuori dalla logica dell’appartenenza ma guarda solo alla professione, alla sua identità e al giusto compenso che aspira ad ottenere è ingiusto leggere certe pregiudiziali su proposte di solidarismo e attivismo nate dal basso (figuriamoci se il pd ha la forza di organizzare pure una festa della porchetta a mugnano).
E’ come, ad esempio, se partecipando domenica alla riunione della Balena al Madre avessi detto “non mi piace” solo dopo aver visto un bancariello di Napoli Monitor in vendita (l’avevo già comprato eh…). Bisogna provarle sulla propria pelle, le cose, poi giudicarle. Si costruisca, se si è capaci, questo OccupyScampia. E poi magari OccupyForumdelleCulture e così via. Ma ci si rimbocchi le maniche: i ditini non bastano più.
ciro pellegrino
By riccardo rosa February 1, 2012 - 1:46 am
“(approposito, Napoli Monitor è oggi critica con l’amministrazione de Magistris: mi fa piacere, noto un cambio di linea da giugno ad oggi).”
è possibile citare l’articolo, la notizia, l’aneddoto, da cui hai dedotto una atteggiamento favorevole o ammiccante del nostro giornale nei confronti dell’operato del sindaco?
By Paola February 1, 2012 - 9:25 am
articolo citato ora in pagina 3, rassegna stampa di radio tre rai
By colleranera February 1, 2012 - 9:46 am
Premessa: quasi tutte queste iniziative occupy-qualcosa non mi piacciono. Ormai si succedono da tanto tempo, ho avuto modo di farmi un’idea (almeno rispetto a quelle italiane). Spiego anche perché: occupare qualcosa l’ho sempre considerato un mezzo forte, che genera contrasti e libera le dinamiche dei rapporti di forza tra le parti in causa. In parole povere occupare è scontro. Queste iniziative occupy-qualcosa invece dentro di sè portano tutto fuorché lo scontro. Non intendo nulla di fisico, ma mi riferisco alle idee e alle proposte portate avanti (molto spesso vaghe, confuse, senza prospettiva e soprattutto senza neanche porsi il problema di una prospettiva. Delle sorte di dimostrazioni istantanee che lasciano il tempo che trovano). Una cosa la apprezzo molto invece: il tornare in strada, riprendere terreno. Certo che su 40 zilioni di persone che aderiscono con un messaggio su twitter ne corrispondono 20 in piazza, ma va bene così, molti si sentono a posto con sè stessi dopo aver dato la propria adesione virtuale.
Dopo questa enorme premessa, mi permetto di dire che secondo me il commento di Ciro ha del vero. Alzare il ditino non basta. Nel vuoto totale di una città che sembra abbia fatto un salto di 20 anni nel passato negli ultimi 6 mesi io alle critiche farei corrispondere anche qualche proposta concreta, altrimenti si rischia di farci una figuraccia.
By luca rossomando February 1, 2012 - 11:28 am
caro pellegrino, a dire il vero sono più le volte che ci mordiamo la lingua che quelle in cui ci arrischiamo a dire qualcosa, tanto che proprio ieri stavamo pensando di inaugurare una rubrica di ‘autocensure pubbliche’… abbiamo anche il titolo, vedremo. ci sono però due o tre cose che conosciamo bene, e non per aver letto dei libri ma per averle praticate, e sulle quali ci permettiamo di dire la nostra. io, per esempio, scampia la frequento da 20 (venti) anni, come cronista o raccontatore che dir si voglia, e come attivista. non è questa la sede per entrare nei dettagli ma, per esempio, in questi giorni stiamo organizzando (anche noi di monitor, chi come grafico, chi come cartapestaio, chi come videomaker, ecc.) un coordinamento dei carnevali di base (scampia compreso) che sfileranno a metà febbraio in una decina di quartieri della città. è il terzo anno che questo accade, e questa cosa fa sì che ogni volta la gente di montesanto e di chiaiano, di barra e della sanità si incontri, discuta, lavori insieme, proponendo anche pubblicamente una modo condiviso di fare politica e di (provare a) trasformare la città.
tutto questo ha poco a che fare con l’inconcludente disfida tra sostenitori e detrattori del sindaco che sembra agitare in questi mesi l’opinione pubblica alfabetizzata della città. mi spiace quindi che chi si dichiara libero da appartenenze legga questo pezzo in termini di schieramenti o di pregiudiziali verso qualcuno. davvero mi importa poco da dove provenga l’iniziativa, che sia il pd, de magistris o il pdl. mi sembra poco utile e inadeguata, oltre che strumentale in alcuni attori. e mi sembra così perchè conosco da vicino le facce, le storie e gli sforzi delle minoranze di buona volontà che operano nel quartiere, e so quanto impegno e perseveranza siano necessari per ottenere ogni minimo progresso, lì come in tante altre parti della città. magari mi sbaglio, spero sia così.
che poi napoli monitor non ami il modo in cui la stampa racconta la nostra città è verissimo, e non perdiamo occasione di sottolinearlo. crediamo di farlo in modo costruttivo, e con l’esempio, attraverso il mensile, il sito e l’attività editoriale. i mezzi a nostra disposizione non ci permettono al momento di proporci come alternativa reale (per fare le inchieste, lo sappiamo, ci vogliono tempo e denaro), ma sì come una finestra aperta, come una (incerta) possibilità che tutti potrebbero cogliere, ognuno a modo suo, se solo cominciassero a non dare per scontato il panorama (della stampa) esistente. e magari se indirizzassero i loro slanci in certe direzioni piuttosto che in altre, uscendo dalle caselle, anche quelle scomode, in cui fa comodo a tutti tenerli. se tu questo lo leggi come la mediaborghesia radical chic che alza il ditino, che te dovemo dì, pazienza.
luca rossomando
By gaia bozza February 1, 2012 - 11:39 am
Ecco, bene. Ognuno di voi ha detto la sua, entrambe le opinioni sono da rispettare. Però, come dire, è inutile prenderla sul personale in questa maniera così collerica. Sono praticamente cresciuta nel Rione don Guanella, posso affermare che tra mille difficoltà la gente per strada ci esce, va a fare la spesa, va in giro per il mercatino dietro il rione, va sul Corso Secondigliano. Certo, le Vele sono sempre state un tabù per molti, ma questo non succede da ieri. Succede da sempre. Ed è giusto provare a fare qualcosa di diverso. L’importante però è che non si riduca ad iniziativa promozionale per qualcuno, sapete, quelle cose che durano il tempo di uno spot nonostante la buona fede di tante persone impegnate nel giornalismo e nel sociale, compresa la buona fede di Ciro Pellegrino, visto che è intervenuto nel merito. Per creare qualcosa di più duraturo si potrebbe iniziare a coinvolgere in maniera attiva le associazioni che operano da anni sul territorio, sarebbe il primo passo indispensabile.
Però, per piacere: mettete giù le armi della polemica. E’ molto triste azzannarsi per una cosa del genere.
Con stima
gb
By luigis. February 1, 2012 - 1:13 pm
“Io queste famigliole in giro per le vetrine illuminte di via baku non le vedo”…Non le vedi perchè le vetrine illuminate a via Baku non ci sono e non ci sono in molte altre parti di Scampia…questo è uno dei motivi per cui esiste il cosiddetto ‘coprifuoco’ che citi…chi vuole scendere dopo le 18 di certo non resta a Scampia perchè c’è poco o nulla da fare…ma da qui a dire che la camorra ha imposto il coprifuoco ce ne passa…purtroppo, ed è questa la triste realtà, il Mattino ha detto una bufala e voi (soprattutto i giornalisti) non vi siete nemmeno presi la briga di verificare la veridicità della notizia ma l’avete presa per oro colato al punto da organizzare un ‘controcoprifuoco’…si è arrivati al punto che per essere riconosciuti professionalmente bisogna essere pro o contro qualcosa, bisogna occupare o liberare qualcosa…eppure che io sappia il compito dei giornalisti dovrebbe essere quello di raccontare la verità…ma in questo caso si è preferito continuare la finzione pur di avere un minimo di notorietà
By marco borrone February 1, 2012 - 2:00 pm
cit: Com’è nata #OccupyScampia? Io ho letto un tweet, l’ho condiviso. Ho letto che era di Pina Picierno una parlamentare del Pd […] è ingiusto leggere certe pregiudiziali su proposte di solidarismo e attivismo nate dal basso.
Il termine radical chic fu coniato per la prima volta dal giornalista americano Tom Wolfe nel 1970. Lo utilizzò per intitolare un suo reportage dove dava conto di un party tenutosi a casa del direttore di orchestra Leonard Bernstein, che riunì di fronte a vassoi di formaggi roquefort ricoperti di noci tritate, serviti con diligenza da domestici in elegante divisa nera, personaggi del mondo dello spettacolo, celebrità di spicco, rappresentanti delle istituzioni, giornalisti, per ascoltare le rivendicazioni che avevano da fare alcune Black Panthers. Il loro aspetto selvaggio, da uomini vissuti, suscitava grande palpitazione presso la platea, fremente di guardare da vicino qualcosa che per loro doveva sembrare eccitante come trovarsi faccia a faccia con strani animali esotici appena fuggiti dallo zoo. In quel periodo la discriminazione razziale era un tema molto alla moda, e pur di ricavarne un tornaconto personale a livello di immagine, questi vip erano disposti ad elargire sostanziosi finanziamenti per la causa, ad offrire i loro attici per bandire aste da cui ricavare fondi, industriarsi per trovare il modo di essere utili. Ovviamente, finchè tutto questo fosse rimasto un semplice gioco. Ascoltate le parole di uno dei leader, la frase più significativa di commento fu: “È un uomo magnifico, ma mettiamo che degli ingenui prendano sul serio tutta questa storia del bruciare la case?”. Appena i vip si resero conto che avevano tutto da perdere da un reale sommovimento dal basso, mollarono tutto e lasciarono le Panthers al loro triste destino, quella miseria materiale e talvolta umana che tanto li aveva affascinati.
Giusto per dare alle parole la loro esatta collocazione. Si può fare persino con un hashtag.
By Alessandro February 1, 2012 - 3:26 pm
Uhm…sto impazzendo…sono troppo indeciso… non so se sbellicarmi dalle risate per quest’ennesima e fantomatica cyber-manifestazione da cyber-indignati, o per la risposta del tizio della redazione di NM, che replicando si “vanta” di un “Coordinamento dei Carnevali di Base”…HAHuahuahuuahuahauhau!
Mi fate ridere! Tutti! Ma veramente credete che Scampia abbia bisogno di “Carnevali di Base” o di “#Occupyvari”? Ma veramente credete che abbia bisogno di riflettori, di eventi, di paillettes e cotillons?
Ma allora, ditemi un po’, cosa avete capito in questi 20-30 anni (almeno così qualcuno dice) di conoscenza del “fenomeno” Scampia?
Che lì c’è un quartiere che ha bisogno di interviste, telecamere, hashtag o mediaticità? O che ha bisogno di una sacrosanta NORMALITA’, di ordinarietà, di civiltà, valori sicuramente non coltivabili o incentivabili con questa cyberindignazione, piuttosto che con quel “carnevale di base”.
Anzi, se credete che un sedicente “coprifuoco” si combatta in un paio d’ore, mordi e fuggi, perché vi occorre un po’ di lustro alla vostra immagine (o alla vostra coscienza), lasciate perdere, Scampia non fa per voi. Qui a Scampia abbiamo bisogno di chi ci viene per vivere, gli spot possono servire (oltre ad auto-compiacersi nell’immarcescibile “Almen amm’ fatt coccos, megl e’ nient!”) solo ad attraversare, a passare sui nostri cadaveri e su quelli dei nostri concittadini illustri… qui c’è bisogno di resistere e di restare.
By monitor February 1, 2012 - 5:52 pm
Sul presunto ‘coprifuoco’ a Scampia e la mobilitazione di Twitter.
Il Centro Territoriale Mammut fa parte del Comitato Spazio Pubblico (https://comitatospaziopubblico.blogspot.com/), avendo tra le sue principali finalità quelle di liberare lo spazio di tutti, innanzitutto dalla paura e dalla logica securitaria che vede nei luoghi “non privati” il pericolo del nostro tempo. Finalità perseguita con la mediateca, con i laboratori con bambini, ragazzi e migranti, con le giornate d’arte, di sport e di vita varia che il Mammut e le altre associazione del territorio organizzano quotidianamente in piazza Giovanni Palo II e in altre strade e vialoni della città.
Per questo è ben venuto chiunque decide di uscire dalle vie virtuali e, anche se per un giorno solo, decide di vivere le vie della sua città a Scampia. Scampia non è di nessuno, tantomeno delle associazioni e dei gruppi che la popolano. E chiunque voglia aggiungersi nel quotidiano avrà la nostra accoglienza.
Invitiamo tuttavia chi ha il “potere” della comunicazione di massa (includendo nella massa anche il popolo di Twitter) a fare molta attenzione, soprattutto in momenti delicati come questi. E’ fatto noto che nell’area nord di Napoli ci sono giorni di tensione, dovuti ad un assestamento tra i poteri camorristici locali. Ma seminare panico e paura, diffondendo notizie infondate su “coprifuoco” e diktat della camorra, può servire solo ad “occupare” Scampia e Napoli con la paura che nasce dalla menzogna, seminando panico e false illusioni sulla forza della camorra stessa. Affrontare la “questione Scampia” in questo modo denota soprattutto ignoranza rispetto a questo territorio, e ai meccanismi stessi con cui funziona la criminalità organizzata.
Rispettiamo nella maniera più assoluta la buona fede di chi si è aggiunto al popolo della rete, pensando di fare del bene nell’onda mediatica del momento. E condividiamo l’idea che non sia accettabile, in alcun modo, che in nessun quartiere di Napoli, Scampia compresa, le persone debbano avere paura ad uscire di casa. A qualsiasi ora del giorno e della notte.
Lo stesso rispetto chiediamo a chi, in buona fede, sta contribuendo alla costruzione mediatica che vuole Scampia divisa in buoni e cattivi, alimentando l’immagine di questo quartiere come quartiere del male. Ripetiamo, la divisione della realtà in buoni e cattivi, non serve ad altro che ad una costruzione letteraria e giornalistica, per rendere più interessante le storie da raccontare. Tutto questo non è niente di nuovo, e fino ad oggi non è servito ad altro che ad alimentare la spirale di criminalità, miseria, abbandono in cui vive il quartiere.
Ci auguriamo che le belle energie che si sono mobilitate in questi giorni, riescano invece a svincolarsi dall’onda mediatica e dell’entusiasmo del momento, aggiungendosi con discrezione e nel rispetto di chi a Scampia ci vive, a quanto di vivo e forte nel quartiere si muove da anni. Invitiamo tutti a riprendersi strade e piazze di Scampia con il Carnevale del Gridas che si terrà domenica 19 febbraio 2012 (www.felicepignataro.org). E a chi vuole dedicare qualche ora in più, a rinforzare le fila di chi si impegna nelle strade e negli altri spazi del quartiere e della città. Invitiamo ad indignarsi per la chiusura dei tanti progetti che non hanno più fondi e che, inevitabilmente, porterà all’azzeramento dei presidi che sul territorio sono nati in questi anni. Invitiamo tutti ad aggiungersi alle tante richieste di associazioni e cittadini, perché sul territorio possa nascere un’altra economia di vita (unica vera alternativa al sistema camorra), a partire da piccole misure di ripresa degli spazi pubblici del quartiere e dalla condivisione quotidiana delle gioie, delle paure e dell’esistenza di bambini, ragazzi e adulti di Scampia e del resto del mondo.
Il Centro Territoriale Mammut
By amaliaspide February 1, 2012 - 7:25 pm
in questa città qualcosa di condiviso almeno all’inizio, almeno per finta! mai!
By guidor February 2, 2012 - 10:18 am
e ora chi lo dice a saviano?
g
By mic zic February 2, 2012 - 1:29 pm
no, ma come, non sai chi è Pina Picierno? Lei : https://www.youtube.com/watch?v=IkNz_mwKeFM ?
By Vincenzo February 3, 2012 - 5:14 pm
Commento visto da fuori e forse speculativo: Mi sembra che ancora una volta la sinistra abbia voluto dimostrare di non riuscire piú a capire come si partecipa alla vita comune della societá. Punto uno: non mi venite a dire questa cosa non é di una parte della sinistra ma della “societá civile”, perché a quanto appare semplicemente non é vero. La controprova? Ecco il PD: “Per Francesco Nicodemo, responsabile comunicazione del Pd, «occupare Scampia significa liberare le migliori energie del quartiere. E per fare questo bisogna partire da chi lì lavora da anni, come il Gridas, il Mammut, il Centro Hurtado, le parrocchie, i comitati cittadini, l’esperienza di Punta Corsara, gli operatori sociali, i maestri, gli educatori, proprio per dire a tutti che Scampia è anche molto altro dall’immagine stereotipata e mediatica». Ed ecco la societá civile: “Il coprifuoco ordinato dai boss è una bugia corrosiva che serve ad attirare l’attenzione in vista delle prossime elezioni, dolciume puro per vendere qualche giornale in più. A noi ci trovate presso il Mammut, il Centro Hurtado, il Gridas, il Campo Rom, la Municipalità, la Piscina Galante, la Palestra Maddaloni, lo sportello Anticamorra, gli A67, le scuole, le parrocchie, le associazioni. ”
Ok continuiamo. La sinistra evidentemente pensa che partecipare e contribuire alla vita nei luoghi piú difficili sia una cosa semplice; vai lí, fai una cosa mediamente sensazionale e risolvi. No, non funziona cosí purtroppo; sarebbe troppo facile. Ci vuole costanza, lavorare nell’ombra, aiutare senza sensazionalitá le persone e le comunitá che vivono la quotidianitá del posto. Invece no, magari uno é assente per anni, poi una mattina si sveglia e si vuole fare la passeggiata per Scampia; per caritá Ciro certo ognuno fa quello che vuole, ma da qui a pretendere di assurgersi a paladini e liberatori, ce ne vuole assai. Ricordo i compagni che lavoravano fianco a fianco delle persone e delle comunitá, nell’ombra, senza necessitá di vedere il loro nome o quello del partito sul giornale solo per un motivo; perché credevano in quello che facevano. Ecco non sono cosí sicuro che #OccupyScampia# rappresenti questo.
By Supertelegattone February 6, 2012 - 7:05 pm
E fatela questa rubrica delle autocensure pubbliche. Ce poco da fare, gli articoli in cui si fa politica (anche editoriale) sono quelli che tirano di più. Visto che valanga di commenti. Signori, finalmente il dibattito, costruttivo, credo!