Maggio 2011-maggio 2012: sui rifiuti, il primo anno della giunta de Magistris si chiude con piccoli passi in avanti e molta strada da percorrere. Le questioni aperte sono tante: incremento della differenziata, compostaggio, discariche, il problema del piano regionale in contraddizione con le dichiarazioni del sindaco, infiltrazioni della criminalità. La partita forse più importante per la giunta arancione si gioca però proprio sui rifiuti, terreno sul quale il sindaco aveva promesso di “scassare”, emanando su questo tema la sua prima delibera dopo l’insediamento.
Gli ultimi dati sulla differenziata, relativi al 2011, non sono confortanti. Il comune di Napoli si ferma al diciotto per cento, all’ottantesimo posto della classifica nazionale. De Magistris prova a correggere il tiro: sono dati di tutto il 2011, dice, mentre «da quando si è insediata la nuova giunta la percentuale è arrivata al venticinque per cento». Le cifre, però, sono praticamente uguali al 2010. Il sindaco aveva promesso la differenziata al settanta per cento entro sei mesi, ma la percentuale si è ben presto sgonfiata, arrivando alla previsione del sessantacinque entro il 2012, ma solo «se il governo sblocca i fondi». Alcuni risultati sono stati raggiunti: più isole ecologiche e l’incremento della raccolta porta a porta a Bagnoli, Colli Aminei, Rione Alto, Ponticelli, Chiaiano e San Giovanni. Si è ancora in alto mare, però, nei quartieri più popolosi che potrebbero fare la differenza, Fuorigrotta e Vomero su tutti.
La buona notizia di quest’anno è che non abbiamo navigato nell’immondizia. L’ultima grande crisi c’è stata l’estate scorsa, e quindi, a parte il discusso proclama delle “cinque giornate di Giggino” («Rimuoverò i rifiuti in cinque giorni», disse poco dopo l’elezione), il fragile sistema campano è rimasto in equilibrio. Merito soprattutto dei bastimenti di immondizia spediti verso i paesi del nord, che pure hanno sollevato critiche e polemiche. Comunque la si pensi, le cifre spese in questi trasferimenti restano di gran lunga inferiori rispetto a quelle pretese in Italia. La nostra spazzatura è stata portata anche in Liguria, Emilia, Toscana, Lombardia e Veneto, in alcuni casi con il sì degli amministratori locali, ma in altri grazie ad accordi commerciali dissanguanti, tanto che gli smaltitori hanno intascato fino a tredici milioni e mezzo di euro.
Eppure il sindaco sembrava aver iniziato con il piede giusto, grazie allo sblocco dei fondi per la ricapitalizzazione di Asìa (quarantatre milioni di euro). Il momento più impopolare della giunta arancione, è stato però a gennaio scorso, con l’addio di Raphael Rossi, ex amministratore delegato dell’azienda, dimissionato all’improvviso. Il manager (che in seguito ha intentato una causa contro palazzo San Giacomo) ha puntato il dito contro il vicesindaco e assessore all’ambiente Sodano, sostenendo che dietro l’“epurazione” ci fosse l’opposizione proprio del dirigente italo-francese all’assunzione di ventitre dipendenti del Consorzio di bacino Napoli 5. Sodano rispose legando invece la sostituzione ai ritardi nell’attuare le strategie sui rifiuti e alle tensioni all’interno dell’azienda. Dal Co.Re.Ri. (il coordinamento regionale rifiuti) raccontano: «A giugno scorso, in piena emergenza, prememmo perché fosse emanata un’ordinanza di separazione tra secco e umido; ci fu detto che loro non erano d’accordo, e questa decisione fu attribuita a Rossi. Ci apparve strano che davanti a una proposta che avrebbe aiutato a evitare allarmi igienico-sanitari, si preferisse puntare su siti di stoccaggio indifferenziato come ad Acerra». Al posto di Rossi oggi c’è Raffaele Del Giudice. La gestione del caso, però, ha lasciato l’amaro in bocca a molti, e qualche dubbio anche alla magistratura, che sta indagando sull’assunzione dei ventitre lavoratori.
Un altro fronte riguarda i dipendenti dell’azienda ligure Lavajet, uno dei subappalti dell’Asìa, che a sua volta aveva ereditato parte di Enerambiente, altra azienda in subappalto e in odor di camorra. Le tensioni sono scoppiate a luglio, a causa del processo di internalizzazione dei servizi, che prevedeva la rescissione del contratto con Lavajet e con Docks Lanterna. Si è stabilito che i trecentocinquanta dipendenti dovranno essere tutti assorbiti da Asìa (senza concorso), e il procedimento è in corso. I problemi con gli ex Lavajet, però, non sono per niente terminati: a marzo hanno scioperato contro Asìa, perché la vecchia azienda non aveva versato loro una mensilità. Mensilità che ora chiedono all’amministrazione comunale.
Un’altra delle ferite aperte è quella dei precari Bros, quattromila persone formate sotto la precedente amministrazione per effettuare le operazioni di raccolta differenziata, con attualmente nessuna speranza di essere ricollocate. Il sindaco si era mostrato ottimista durante la campagna elettorale: forse ha fatto promesse, anche se poi ha smentito, e si è arrivati ai ferri corti.
Per quanto riguarda il capitolo compostaggio, va detto che non ci sono in città impianti che possano trattare l’umido differenziato e trasformarlo in fertilizzante. Napoli manda oltre regione l’umido pagando centosessanta euro a tonnellata, mentre conferirlo a un impianto in Campania costerebbe meno della metà. A maggio, dicono Sodano e de Magistris, ci sarà il bando per la costruzione dell’impianto, anche se dove e quando non si sa. E non si sa nemmeno, in realtà, se si tratta di compostaggio o di un digestore anaerobico. La differenza è enorme, perché ciò che esce fuori dall’impianto di compostaggio è fertilizzante, quello che deriva invece dal digestore si chiama “digestato” e va a finire nell’inceneritore. Serve, in pratica, ad amalgamare meglio le balle, soprattutto quelle stoccate da molti anni, e abbassare la temperatura per non danneggiare il termovalorizzatore. E qui si arriva al tasto dolente: il capitolo inceneritori e discariche.
L’Unione europea pressa: ogni due o tre mesi bussa alla porta e chiede conto all’Italia della sua strategia per trattare i rifiuti. Ora incombe una nuova multa, sebbene la Campania abbia emanato, nei mesi scorsi, un piano che, riassumendo, prevede: quattro inceneritori e un gassificatore distribuiti tra i vari comuni; poco riguardo alla riduzione dei rifiuti; altre discariche; costruzione di piccoli digestori anaerobici per umidificare le ecoballe stoccate da anni. In questo modo, come sottolinea Lorenzo Tessitore del coordinamento regionale rifiuti, «la Campania diventerebbe la prima regione d’Italia per capacità di incenerimento, in contrasto con le politiche europee che puntano sul recupero della materia». De Magistris ha dichiarato che a Napoli est non ci sarà alcun impianto di incenerimento, ma nel piano regionale tutto ciò è già scritto. Sul fronte discariche, infine, dopo la pausa di riflessione riguardo l’apertura di una nuova cava a Quarto, le ultime notizie danno quasi per certa una riapertura di Chiaiano (già satura) nel 2013. (gaia bozza)
By Alessandro May 26, 2012 - 1:53 pm
Per digestione anaerobica si intende la degradazione della sostanza organica da parte di microrganismi in condizioni di anaerobiosi. Si tratta di un processo alternativo al compostaggio, che è al contrario strettamente aerobico. In parole povere il digestore lavora senza ossigeno, il compostaggio con ossigeno.
La digestione anaerobica è suddivisibile in quattro stadi:
Idrolisi, dove le molecole organiche subiscono scissione in composti più semplici quali i monosaccaridi, amminoacidi e acidi grassi.
Acidogenesi, dove avviene l’ulteriore scissione in molecole ancora più semplici come gli acidi grassi volatili (ad esempio acido acetico, propionico, butirrico e valerico), con produzione di ammoniaca, anidride carbonica e acido solfidrico quali sottoprodotti.
Acetogenesi, dove le molecole semplici prodotte nel precedente stadio sono ulteriormente digerite producendo biossido di carbonio, idrogeno e principalmente acido acetico.
Metanogenesi, con produzione di metano, biossido di carbonio e acqua.
La digestione anaerobica può essere effettuata sia a umido che a secco. La digestione a secco si riferisce a miscele di materiale con contenuto minimo in solidi del 30%, mentre la digestione a umido si riferisce a miscele con un minimo del 15% di contenuto in solidi.
I principali sottoprodotti della digestione anaerobica sono essenzialmente tre: il biogas, un digestato acidogenico e un digestato metanogenico.
Il rifiuto in arrivo in un digestore anaerobico è prettamente umido e organico. Quindi ci sarebbe bisogno di un impianto che separi la frazione umida da quella secca nel caso in cui si tratti di raccolta indifferenziata.
Quindi il Digestato non va a finire affatto nel inceneritore, quel pochissimo che va, parliamo del 10% di scarti, non danneggia nemmeno la salute se bruciato.