Primavera araba. E adesso in Tunisia la “Primavera delle Arti”. Un anno e mezzo fa era l’inizio delle rivoluzioni, oggi è, o meglio era, il nome della mostra di opere d’arte al palazzo Abdaliyya di La Marsa, quartiere a nord della capitale, sul mare. Una mostra immediato oggetto di critiche e attacchi da parte dei salafiti, che ancora una volta danno spettacolo della loro intolleranza. E dopo una notte di scontri e di fuoco, quella tra l’11 e il 12 giugno, seguono due notti di coprifuoco per la capitale e altri governatorati, per la Tunisia dei quartieri periferici dimenticati che non hanno mai smesso di bruciare.
A far irritare i salafiti questa volta, e farli convogliare in massa di fronte al palazzo della mostra, sarebbero stati alcuni dei quadri, in particolare forse quello che ironizzava “alla faccia loro”: il viso di un barbuto furioso, col fumo che gli esce dalle orecchie e coi denti da vampiro. Non basta. Ci sono anche delle formiche. Formiche che escono da uno zaino a formare la scritta “Allah”; formiche simbolo del lavoro, per chi ha realizzato l’opera. Ma lette come atto blasfemo contro il nome di Dio da chi nel proprio paese vedrebbe come unica strada l’applicazione della legge islamica.
«Questi uomini violenti sono pagati dall’ex-partito di Ben Ali che vuole continuare a occupare e distruggere il paese», la pensa così Meen One, un graffitista costretto a nascondersi lontano dalla capitale perché minacciato di morte da parte dei salafiti. Anche alcuni suoi quadri erano esposti nella mostra, accanto a quelli incriminati. Nell’irrazionalità e criminalità degli attacchi, in cui tribunali, uffici di polizia, sedi di partito, negozi sono stati incendiati nella stessa lunga notte, non c’è spazio per dei pittori sognatori e visionari: nulla hanno a che vedere i loro immaginari con la politica del terrore che i loro possibili aguzzini mettono in atto da mesi.
E il morto intanto già c’è stato: un giovane di ventidue anni, pare proprio un giovane salafita, a Susa, sulla costa a sud di Tunisi, è stato ucciso da un proiettile vagante nella notte degli scontri . Così come a Jendouba, nel nord-ovest del paese, numerosi sono i feriti e il fumo nero degli incendi non accenna a sparire. Non tutti infatti, aggressori o meno, hanno rispettato dapprima il coprifuoco della notte successiva al caos; in secondo luogo, quell’invito all’unità e alla solidarietà dei tre presidenti – Marzouki, presidente della repubblica; Jabali, del governo in carica; Ban Jafaar, dell’assemblea costituente. Ma non sono queste parole né il coprifuoco a rassicurare il paese. Il messaggio che a tutti loro i tunisini vorrebbero indirizzare è: svegliatevi!
Perché mentre scorrono notti di coprifuoco per evitare il caos totale e la violenza, il ministero della cultura ha fatto chiudere il palazzo della mostra. Svanisce pian piano la primavera, si scaldano le case, scotta il sole annunciando l’estate. I salafiti sono scaldati dagli appelli del capo di Al-Qaida, al-Zawahiri, a una vera rivolta islamica contro il partito moderato Nahda. I cittadini tunisini soffocano dal caldo: per le temperature sempre bollenti che friggono dal malessere i quartieri popolari e le città periferiche del paese; per il desiderio che rimanga una sola primavera, quella che da un anno e più aveva permesso loro di respirare. (marta bellingreri)