L’oroscopo di Foucault – Le stelle viste da sud
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È il momento dei progetti, tra il caldo che si appiccica addosso e i pomeriggi lunghi al tempo di una birra. Magari non siete a una svolta, nemmeno a un bivio. Partite per tornare o, chi lo sa, con un biglietto di sola andata. Come che sia, c’è bisogno di un punto di fuga. Scrive Pino Cacucci: “Il punto di fuga è quello da cui partono infinite linee: basta seguirle per scoprire altrettante realtà, dimensioni, mondi. Non è solo un modo per fuggire, ma anche per capire quanto siano risibili le cose che ci sembrano assolute, se appena le guardiamo da lontano. E tornare serve a riguardarle da vicino con occhi diversi”. Ovunque andiate, vicino o lontano, preparatevi a occhi diversi.
Oddio, è stata un anno così duro, tra crisi, spread, patriottismo di terza mano, governi tecnici, nipotine di Mubarak, quotidiana fatica, che se il vostro desiderio fosse quello di trascorrere l’estate al chiuso della vostra casa, con birra, libri e aria condizionata non ce la sentiremmo di biasimarvi. Ma resistete alla tentazione della pigrizia, cugina della solitudine. Piccole cose accadono quando ci si muove, piccole cose perfette. Racconta Saramago: “Lidia, scese le scale, contrariamente al solito Ricardo Reis andò sul pianerottolo, lei guardò in su, lui fece un gesto di assenso, entrambi sorrisero, ci sono dei momenti perfetti nella vita, questo fu uno, come una pagina che era già scritta e appare bianca di nuovo”. Avete ancora mille pagine bianche, tutte da scrivere alla luce di questo sole.o
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“Una volta a terra, Floreana solleva nuovamente la valigia come aveva fatto quasi tre mesi prima, quando era arrivata all’Albergo. Ne percepisce di nuovo tutto il peso e si mette in marcia, ignorando la fatica perché si sente leggera quando c’è aria di sfida. Non è più tempo di chiedersi dov’è la patria: orma ha imparato che la patria è il posto dove non si sente freddo” [Marcella Serrano]. E finalmente è estate, che per i signorini significa camice di lino e le signorine piedi scalzi e libertà. Voi la valigia l’avete sempre pronta, anche perché, disordinati come siete, difficile mettiate le cose da parte. Così non si distingue se siate appena arrivati o se siete già pronti per andarvene. In ogni caso, andate leggeri per questa estate di sfide e di giochi.
Il mondo corre e la vita va veloce. Meno male che a un certo punto arriva l’estate che si, fa caldo, ma almeno le cose rallentano un po’. E se rallentano i pensieri è possibile dare più spazio ai sentimenti. Heinrich Boll racconta di due amanti che discutono: “Sicuro, rispose, il cambiamento è troppo rapido e sento che tu vuoi evitare la discussione. Che cosa vuoi in conclusione?” “Te, risposi, e non so se vi sia qualcosa di più bello da dire ad una donna”. Ecco che la vostra estate sia questo, dire, o sentirsi dire, di essere parte di un desiderio.
Con l’estate finisce o comincia qualcosa? Questo è un falso problema, direbbe qualcuno. Per voi tempo e distanza non sono un problema. Comunque vada sarà un’estate rampante. Ma non farete come il Barone Rampante che sceglie di andare a vivere sugli alberi. Voi sarete capaci di arrampicarvi ovunque per prendere quello che desiderate e meritate. E per scendere giù felici del vostro bottino. “Si conobbero. Lui conobbe lei e se stesso, perché in verità non s’era mai saputo. E lei conobbe lui e se stessa, perché pur essendosi saputa sempre, mai si era potuta riconoscere così” [Italo Calvino]. È tempo di fare il punto di ogni conoscenza, vecchia e nuova che sia.
Siete un po’ inquieti per colpa del caldo, delle vacanze da programmare o per congiunzione astrale? In ogni caso, per uscire dall’incertezza è sufficiente scegliere un nome, il nome giusto da dare alle cose, alle persone e ai sentimenti. Fernando Pessoa, ad esempio, che sentiva di essere molteplice si diede più nomi, Alberto Caerio, Riccardo Reis, Alvaro de Campos, Bernardo Soares, per dare corpi alla sua fantasia. Ogni cosa trova un posto, anche nella immaginazione se solo le si da un nome, breve o lungo non importa, basta che suoni bene. Questa estate piena di vita scegliete i nomi e fate esercizi di immaginazione. Perché, come insegna Pessoa, “la vita è per noi ciò che immaginiamo in essa”.
Summertime fu composta da George Gershwin nel 1935, il testo fu scritto da DuBose Heyward e Ira Gershwin. Il brano era, in origine, l’aria di un’opera teatrale, Porgy and Bess, opera che ebbe anche accuse di razzismo. In ogni modo, la canzone ha auto una vita autonoma, fino a diventare uno dei brani più celebri al mondo. L’hanno interpretata Billie Holiday, Louis Armstrong, Miles Davis, ma la migliore interpretazione resta, a nostro avviso, quella di Janis Joplin. Vabbè, tutta questa premessa per dirvi che c’è una sola estate, ma mille modi di interpretarla. E come dice la canzone “One of these mornings / You’re going to rise up singing/ Then you’ll spread your wings/ And you’ll take to the sky” [una di queste mattine ti alzerai cantando, aprirai le tue ali e andrai verso il cielo]. Volate alto.
C’è un libro di Cesare Pavese, meno celebre della Bella Estate, che rimanda nel titolo alle vacanze, ed è Feria d’agosto. Una raccolta di racconti brevi e incantati. Pavese ne parlò così: “Non sempre si scrivono romanzi. Si può costruire una realtà accostando e disponendo sforzi e scoperte che ci piacquero ognuno per sé, eppure, siccome tendevano a liberare da una stessa ossessione, fanno avventura e risposta”. Se questa estate mettete assieme tutti i vostri sforzi, fatti nel corso dell’anno, vi accorgerete che in loro c’è una trama che risponde a una unica ossessione. Scoprire quale sia è compito vostro. La scoperta di questa estate sarà, assieme, avventura e risposta.
“Estate, sei calda come il bacio che ho perduto, sei piena di un amore che è passato, che il cuore mio vorrebbe cancellare”. Bellissime parole di una canzone che i più giovani credono sia di Vinicio Capossela (che per carità ne fa una interpretazione bellissima). E invece la canzone Estate, del 1961, è di Bruno Martino. Un successo enorme, tanto che il brano è stato anche ripreso da Chet Baker. Poi Bruno Martino ha inciso anche E la chiamano estate, nuovo struggente testo di un amore finito. E poi, più tardi ancora Una calda sera di estate (1977), ma questa volta sembra andare meglio, l’amore tiene. Ora, senza nulla togliere a Bruno Martino, noi sappiamo che non amate ripetervi. Comunque sia la vostra estate, di amori felici o sofferti, mi raccomando tirate dritto. “Tutto ciò che dovete fare è tenere il vento alle spalle” [Joseph Conrad].
Caldo e ostinazione, ostinazione e caldo. Queste le parole chiave di una estate che, per citare una canzone famosa, vorremmo non finisse mai. E poiché non vi immaginiamo pigri e ciondolanti su una spiaggia, ma alla ostinata ricerca del prossimo obiettivo vi salutiamo con questa riflessione di Banana Yoshimoto: “Scrivo romanzi perché c’è sempre stata una cosa, una sola cosa che volevo dire, e voglio a tutti i costi continuare fino a quando non ne potrò più. Il mio libro è l’inizio di questo cammino ostinato. Conquistare e crescere: credo che in queste due azioni sia scritta la storia spirituale di ognuno, con tutte le sue speranze e potenzialità”. Ecco qui, per voi, le altre parole di questa estate: conquistare e crescere, con impeto o con dolcezza.
“Non ho spento il falò: quando i bambini sono scomparsi dietro la curva gli ho tirato un calcio per domarlo ma ha continuato a bruciare sparpagliato sui ramoscelli secchi, avvampando le sterpaglie ammucchiate ai lati dei bungalow. Ho pensato: È inutile, cosa importa. Ho pensato: certi piccoli incendi bisogna lasciarli spegnere da soli. Meglio che prenda fuoco tutto e che, in qualche modo, si ricominci” [Raffaella R. Ferrè]. Questa estate lasciate che le cose che devono spegnersi brucino da sole. Anche gli inutili fuochi hanno un senso. Voi pensate solo a camminare, la direzione viene da sé. E per evitare scottature portate con voi una buona crema protettiva. Non si sa mai.
Padre e figlio camminano lungo la strada di un piccolo paesino della Sardegna. Poi il padre volge lo sguardo verso il piccolo: “Mi guardò negli occhi come un viaggiatore nel deserto guarda un miraggio, e tracciò con la mano un gesto sulla tela del cielo. – Ninè, non ti ho mai regalato niente vero? – No bà, mai niente. – E allora apri la tasca, perché questa sera ti regalo una fetta di cielo. Mi aprì la tasca del camiciotto e la richiuse ben bene dopo averci soffiato dentro. – Conservala bene Ninè perché quella fetta di cielo rimarrà sempre e solo tua. Non perderla e non venderla mai!. Con quella fetta di cielo in tasca cominciammo la discesa verso le lampade a pera che teneramente illuminavano le prime case (…)”[Salvatore Niffoi]. Mentre regalate fette di cielo, questa estate, custodite attentamente la vostra.
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