«Sentite l’aria diversa, siamo arrivati al Kef», così Amin, batterista e percussionista tunisino del gruppo Labess, presenta il Kef, abbassando il finestrino dopo tre ore di aria condizionata dalla capitale Tunisi. L’aria che si respira a finestrino abbassato è in effetti totalmente diversa, l’aria di montagna e campagna a quaranta chilometri dall’Algeria. L’orizzonte dello sguardo dall’alto della Kasba (la cittadella di costruzione ottomana nel centro della città) è sul confine algerino: ed è in questo sito storico-monumentale che canta per la prima volta Nedjim Bouizzoul, cantautore e compositore autodidatta di origine algerina: «L’Algeria l’ho lasciata a diciotto anni con la mia famiglia e ci siamo installati in Canada. Suonavo fin da quando avevo quindici anni e in Canada ho cominciato e continuo a farlo nei metrò». Dagli incontri e i contatti con musicisti e con la scena underground di Montreal, nasce otto anni fa il gruppo Labess, che ora si ritrova al confine e a due passi dalle proprie origini, dove il cielo azzurro grigio rosa si mescola col verde giallo marrone delle montagne, un orizzonte che può parlare dalla Tunisia solo dell’Algeria.
E non c’è altro luogo di confine in Tunisia come il Kef capace di apprezzare maggiormente il melange musicale che Nedjim crea: con in mano una chitarra classica, un mandolino, una darbouka o un djembé, si mescolano rumba gitana, flamenco, musica tradizionale del Nordafrica e raggae, con la sua voce calda che in arabo o in francese parla di libertà e identità. «La musica a cui mi ispiro proviene dal Sudamerica, dal Nordafrica, dall’India e viene denominata musica del mondo. Per me la musica è l’abbattimento delle frontiere. I cantanti e le canzoni che ascoltavo dall’Algeria non sempre mi rappresentavano, sono io che volevo creare la musica che mi rappresentasse e che rappresentasse il mio paese. Per farlo ho custodito dentro di me le melodie prime, tradizionali del mio paese, che si sono allargate in un genere alternativo, amato spesso come “esotico” e classificato come musique du monde».
Quando Nedjim è arrivato in Tunisia per esibirsi al Festival musicale nella capitale Musiqa wa Salam, Musica e Pace, è stato indetto nello stesso giorno un coprifuoco, che il governo aveva lanciato in seguito agli scontri provocati dai salafiti, violentemente critici nei confronti di un’esposizione d’arte con opere considerate immorali. Ma Nedjim, così come tanti altri tunisini, è uscito per strada: «Ho già vissuto tutto questo in Algeria per anni durante la guerra civile. È qualcosa di estraneo al popolo. Il cammino per la rivoluzione, di cui sono stato fiero, e per costruire una democrazia è ancora all’inizio, ma il coprifuoco è solo propaganda mediatica». Così il pubblico di Tunisi, qualche giorno dopo, a coprifuoco finito, ha accolto Nedjim, insieme ai musicisti che suonano con lui in Tunisia, più Remi, un trombettista francese che lo segue da dieci anni: «La musica è il linguaggio universale ed è la storia di grandi amicizie, come quella mia e di Nedjim. Per noi essere militanti significa essere vivi. Accettare la tristezza evidente che c’è nel mondo e trasformarla in gioia come questa musica».
Hanno suonato in Francia, come in Bosnia e in Palestina. Ed è grazie agli amici del Kef conosciuti via Internet che si è creata anche questa nuova famiglia e collettivo artistico di musicisti in Tunisia per cantare il nuovo album di Nedjim dal titolo Identité: la poesia musicale del cantautore ripercorre il cammino dalla terra d’origine alla terra di accoglienza, e viceversa. Tunisi e il Kef sono l’ennesima terra di accoglienza per Nedjim, nei giorni in cui il dibattito nel paese vede artisti sotto minacce di morte, la musica considerata Haram, ossia peccato, da quei salafiti che seminano il terrore nel paese. Ma dopo le prove con Labess, che in dialetto tunisino e anche algerino significa proprio “tutto bene”, anche il percussionista e il batterista tunisino Amin si ritrova a suonare e cantare per strada, sulle scale del teatro municipale, in Avenue Bourghiba. L’ultima volta che avrebbero dovuti farlo erano stati cacciati dai salafiti, rimasti impuniti di fronte la polizia inerme. Adesso un pubblico si avvicina: estate, festa della musica, sera che rinfresca e musica che scalda. La Tunisia non verrà abbattuta dai pochi salafiti estremisti. E dall’alto della Kasba del Kef si spera ugualmente nell’orizzonte dell’Algeria, da dove le note prime di Labess si sono originate. (marta bellingreri)