Negli anni Settanta Edenlandia è il parco divertimenti preferito dagli italiani. A cavallo tra gli Ottanta e i Novanta le cose cominciano ad andare male. Giostre come “la casa dei fantasmi” o il “drago cinese” in pochi anni diventano obsolete, si succedono i fallimenti fin quando subentra, nel 2003, la gestione di Cesare Falchero, proprietario della Parks and Leisure. La quale, dopo diversi tentativi di ricapitalizzazione e rinnovamento, fallisce il 12 ottobre 2011, lasciando circa settanta dipendenti in cassa integrazione e trecento animali in condizioni precarie. La sentenza del giudice fallimentare – che autorizza l’attività straordinaria sino al 31 maggio 2012 – apre le porte alla cosiddetta “democrazia partecipata”, leitmotiv della campagna elettorale del sindaco de Magistris: “Siano coinvolti nella fase programmatica tutti i soggetti interessati e portatori di interessi rilevanti”.
Ad affiancare l’amministrazione comunale nella speranza del rilancio dell’area – che comprende, oltre a zoo ed Edenlandia, anche l’ex cinodromo – è l’Assise di Bagnoli. Composta da cittadini dell’area flegrea (tra i quali architetti, attivisti, urbanisti) e supportata dai lavoratori in cassa integrazione, l’Assise redige un documento progettuale che viene consegnato agli assessori in una criticata riunione dello scorso dicembre. L’idea cardine del documento dell’Assise è quello di un rilancio dell’area che possa fare a meno dei grandi capitali privati, rivendicando l’originale destinazione dell’area, prima “bene comune”, aperto a tutti gratuitamente, poi monopolizzato dagli imprenditori. L’amministrazione lascia intendere di non essere disposta a fare discorsi su mercati equo-solidali e fattorie didattiche. L’intenzione è quella di vendere nuovamente le concessioni a un privato che possa rimettere in sesto il parco giochi o costruire ciò che vuole. La data di promulgazione del bando di gara internazionale viene stabilita: 31 gennaio.
Come prevedibile, il bando di gara va per le lunghe. Nei mesi successivi l’Assise continua ad avanzare richieste, quantomeno di ascolto. I dipendenti del parco fanno sapere di non essere più disposti ad aspettare ed entrano in assemblea permanente. Solo a giugno viene pubblicato il bando, su internet. L’asta, però, va deserta – se si esclude una provocatoria offerta dei Verdi, di cento euro, che fa infuriare i sindacati. Il flop era scontato e già previsto da Assise e lavoratori, ovvie le ragioni: da un lato l’eccessiva richiesta della giunta de Magistris, dall’altro l’elevato rischio d’impresa; si consideri poi la crisi che da qualche anno ha colpito tutti i parchi divertimento.
Sulla preda si cala Aurelio De Laurentiis, che pare abbia già ricevuto rassicurazioni dal sindaco sulla possibilità di rendere l’intera area una cittadella sportiva (anche se a meno di un chilometro dovrebbe essere attivo il Parco dello sport). L’eventuale ingresso in campo del presidente del Napoli o di un qualsiasi imprenditore “accompagnato” dall’amministrazione comunale cambierebbe totalmente lo scenario: non più bando di gara ma una sorta di vendita tra privati, con la giunta arancione che volentieri concederebbe il beneplacito alle modifiche di piano regolatore, vocazione dell’area e destinazione d’uso. E tanti saluti ad Assise, beni comuni, democrazia partecipata e tutte quelle chiacchiere da campagna elettorale.
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