Pasquale. Ventinove anni, è diplomato in ragioneria dai primi anni del Duemila. Da sei mesi ha trovato un nuovo lavoro, distribuisce e ripara macchinette video-poker nei locali di Napoli e provincia. Certamente non ha studiato per fare questo, però ha imparato presto e si è subito immedesimato nel nuovo lavoro. Il trucco è non pensare mai a quello che stai facendo, altrimenti ti ricordi che stai istallando macchinari elettronici che prendono i soldi e ne ricacciano una percentuale minima, mentre il tuo stipendio è quello che una macchinetta riesce a ingoiare in un’ora. Pasquale aveva lavorato in precedenza in un autolavaggio, lui passava “la pezza” e curava gli interni, prendeva settecento euro al mese, ma lavorava tutti i giorni dal lunedì al lunedì successivo. Due giorni a settimana finiva a metà giornata, ma la domenica mattina era un disastro.
Sarà stato per questo che dopo tre anni ha lasciato: non riusciva a tenere quel ritmo, nonostante col passare del tempo il suo stipendio aumentasse. Eh si, perché quando ha cominciato, tre anni prima, ne prendeva cinquecento di euro al mese. Poi diventando veterano e visto che il proprietario, alla fine, gli voleva bene, stava anche riuscendo a entrare nel cuore del suo datore di lavoro, e forse chissà, nel giro di pochi anni sarebbe anche riuscito a raggiungere novecento o mille euro. La mamma ci credeva, la fidanzata quasi non gli parlava più quando ha saputo che cambiava lavoro: «Ma chell’ se vò spusa’…». Ci ha provato prima di lasciare, ha acchiappato il datore elencandogli i problemi di questo lavoro, e soprattutto facendogli presente che lo stipendio non rispecchiava l’impegno e il tempo che metteva a disposizione. Ma la risposta era sempre la stessa: «Sai quanti disoccupati verrebbero per meno?».
Ciro. Trentadue anni, è diplomato all’istituto di scienze sociali da fine anni Novanta. La mattina si sveglia tardi, adesso, perché prima si alzava alle 5:30. La madre gli dava la marenna e lui scendeva sotto il palazzo, dove lo zio veniva a prenderlo per portarlo a lavorare. Nei palazzi del Rione Traiano ci sono varie ditte addette alla pulizia, lui lavorava in una di queste, e la mattina alle 6, massimo alle 6:15, già stava salendo le scale del primo palazzo per iniziare a spazzarlo. Poi dopo passava un altro e lavava, mentre lui passava alla scala accanto per fare lo stesso lavoro. Prendeva seicentottanta euro al mese, è single, e non si vuole sposare: «Troppe spese!». È uno di quelli che vive e che spesso ha storie e situazioni libere da ogni vincolo, che «già tengo ‘o mast’ aret’ ‘o cuoll’».
Da qualche mese ha appeso, si sentiva troppo sfruttato, e poi si era scocciato di quella vita, ormai era troppo tempo. Aveva deciso di fare spazio a tutti quelli che don Antonio, proprietario della ditta, diceva fossero lì ad aspettare questo lavoro. Pronti a tutto per venire in quella ditta dove ti davano anche i contributi, anche se te li toglievano da quelli che dovevi avere tu.
Salvatore. Ventisette anni, diploma di scuola media inferiore. Scarica i furgoni che vengono in deposito, sistema quello che ha scaricato dai furgoni, fuma venticinque a volte trenta sigarette al giorno, e alle 18 ha finito di lavorare. Guadagna quasi mille euro al mese, lavora sei giorni su sette ogni settimana, però a volte se i carichi sono esagerati si prolunga la sera fino a tardi, per il piacere di essere ringraziato dal datore di lavoro. Una volta si portò il fratello a lavorare, il quale giustamente gli chiese che se ne facessero del ringraziamento. Però lui è guaglione, non riesce a capire il piacere che il proprietario gli fa, tra tutta la gente disoccupata e in cerca di un lavoro, proprio noi stiamo lavorando e già andrebbe ringraziato. Prima anche Salvatore era come il fratello, litigava con i datori di lavoro, voleva essere pagato bene e in tempo, non voleva aspettare ed era pignolo, ma poi facendo la fame e stando senza soldi in tasca ha imparato.
Maurizio. Ventitre anni, laureato in scienze politiche. Lavora in un call-center, sei ore, ma con contratto part-time prende quattrocentonovanta euro al mese. Quotidianamente, a telefono, vende l’impossibile, qualche volta vorrebbe essere il migliore del mese, così gli regalano l’articolo che ha venduto di più. Si sveglia la mattina, sul presto, anche se il suo turno a lavoro comincia alle 14 e comincia a mandare curriculum a tutta forza, a chiunque. Da un po’ di tempo ha iniziato a scriverli in inglese, perchè in Italia «è troppo una perdita di tempo». Pensa poco al lavoro che fa, altrimenti lo appenderebbe senza pensarci una seconda volta, ed è convinto di essere in un momento transitorio della sua vita. Passati gli anni bui riuscirà, dopo anni e anni di studio, a trovare un lavoro soddisfacente, in tutti i sensi. Ci crede, ne è convinto o se ne convince. Quando vede passare il responsabile del suo reparto prova odio: è l’unico che guadagna, l’unico che non rischia, e pensa sempre di litigarci e andarsene nel bel mezzo del turno di lavoro. Solo che non lo fa mai: non gli conviene. Sai che ci mette lui a prendere a uno di quelli che quotidianamente vede in fila al primo piano dell’edificio, per portare curriculum e sperare di entrare in quel call-center, e a farlo sedere alla sua scrivania? (raffaele aiello – bafucaanemaflegrea.wordpress.com)
By chicco October 26, 2012 - 11:19 am
ma non saranno un po’ troppo choosy questi qua…