da La Repubblica Napoli, 7 novembre 2012
Il motore malato dell’economia regionale continua ad avere nel suolo il suo principale propellente, anziché nell’innovazione, nel know how, nell’avviamento dei giovani talenti: in Campania si cementificano ogni anno duemila ettari di suolo fertile, per la produzione di una conurbazione invivibile, senza volto né qualità, in larga misura illegale, non pianificata. È come se ogni giorno, al posto di orti e frutteti, si producesse un nuovo rione grande sei ettari, l’equivalente di dieci campi di calcio.
Si tratta di un’emergenza sulla quale finalmente ha posto l’attenzione la politica nazionale, con il recente, per molti versi rivoluzionario disegno di legge del ministro all’agricoltura, che mira a contrastare il consumo di suolo agricolo, fissando per la prima volta criteri e obiettivi di azione per lo stato e per gli enti territoriali, le regioni, i comuni. Naturalmente è solo l’avvio di un percorso lungo e impegnativo, ma il dato saliente è il riconoscimento del suolo come risorsa strategica per la sicurezza agro-alimentare del paese e per la vitalità dei nostri straordinari paesaggi rurali.
È in assoluta controtendenza, dunque, che la regione Campania si accinge ad approvare in questi giorni un controverso disegno di legge che, con la scusa del paesaggio, abolisce le tutele vigenti nella zona rossa del Vesuvio e nelle aree pedemontane della penisola sorrentino-amalfitana, aprendo così i nostri territori più fragili e pregiati alla prospettiva di nuovi condoni, alla speculazione dei voraci piani casa comunali. Per rendere meno cruenta la cosa, il disegno di legge introduce improbabili strumenti compensativi (del tipo: se tu edifichi in quel posto, devi piantarmi un boschetto da qualche altra parte) che, oltre che inutili, rendono se possibile il dispositivo più pericoloso e arrischiato.
Gli aspetti contraddittori della vicenda risultano evidenti. La stessa amministrazione regionale impegnata in un disperato tentativo di rientro del colossale debito ereditato dal passato, pone le premesse per l’ulteriore espansione del debito pubblico territoriale – il costo cioè della mancata manutenzione del territorio e dei danni a cose e persone che il paese quotidianamente sopporta – che è purtroppo del medesimo ordine di grandezza di quello finanziario. Minando alla base quella che in prospettiva è la nostra più grande industria, il paesaggio della regione.
Stupisce ancora l’atteggiamento remissivo della Direzione regionale del paesaggio, che ha di fatto accettato un patto compromissorio al ribasso, negoziando alcuni correttivi che dovrebbero emendare i principali profili di incostituzionalità del provvedimento, eludendo invece gli aspetti sostanziali, di merito. Si crea così il pericoloso precedente di smembrare l’unità funzionale e giuridica del Piano territoriale della penisola Sorrentina-Amalfitana, trattando separatamente le sue parti di tutela statale, e lasciando alla Regione l’iniziativa nelle aree non protette, con il piano casa che potrà così insinuarsi sino al cuore dell’ecosistema e del paesaggio più celebre della Campania. Per il Piano territoriale della penisola è purtroppo suonato l’ultimo giro.
Le ragionevoli proposte di modifica delle associazioni ambientaliste sono state ignorate, nonostante la preoccupata adesione al loro appello di esperti e intellettuali tra i quali Salvatore Settis, Alberto Asor Rosa, Piero Bevilacqua, Edoardo Salzano, Vezio De Lucia, Pierluigi Cervellati. Sono prevalsi invece gli ésprit animal, la necessità di offrire all’elettorato di riferimento un risultato, qualunque esso sia, nel senso del via libera, della deregulation a beneficio degli inestinguibili appetiti locali.
I messaggi che la comunità nazionale ci invia dovrebbero al contrario muoverci verso un sempre onorevole momento di resipiscenza, ricordando che il rigore finanziario non è nulla, se la macchina del territorio si scassa, moltiplicando all’infinito costi e rischi per una cittadinanza inerme. (antonio di gennaro)
By maria vitacca "Articolo 9" November 8, 2012 - 12:05 am
Non dobbiamo comunque arrenderci!Bisogna non sentirsi soli in questa battaglia di civiltà in nome della Costituzione!