Ho sempre pensato che le multisala fossero la morte del cinema. Se poi ti hanno cresciuto guardando Nuovo cinema Paradiso, non puoi che diffidare di quelle strutture enormi, di solito piantate nel bel mezzo di deserti di periferia (ma in una città strana come la nostra anche al centro, o quantomeno in quartieri residenziali come Fuorigrotta-Agnano). All’inizio ti senti alienato, come quando metti piede in un centro commerciale per la prima volta, e ti dicono che è bello perché lì puoi trovarci di tutto, ma in realtà puoi anche non trovarci niente. Poi prendi l’abitudine e passi dall’automobile al grattino alla cassa al bagno al popcorn alla sala, senza nemmeno pensarci più di tanto. E se ti senti per un attimo ingranaggio perfetto di un fordismo indotto, vai avanti, perché in fondo sei lì solo per vedere un film.
Sono le stesse sensazioni che provi la domenica quando guardi una partita della tua squadra del cuore sulle tv a pagamento. Sai bene che la colpa dello sfacelo del calcio è loro (o del meccanismo messo in piedi al loro servizio), ma la tivvù difficilmente la spegni. Un po’ perché alla Rai non ci sono più i Bruno Pizzul di una volta, un po’ per questioni tecniche, e tecnologiche, e quindi di risorse da investire. Anche la multisala è così. Non la sopporti ma ci vai, così come il sottoscritto – per circostanze varie della propria vita – negli ultimi anni ha frequentato il Med, l’enorme multisala di Fuorigrotta, godendosi oltre alla buona compagnia anche tanti bei film.
Ciò non toglie che se due amici ti offrono un biglietto gratis per un cinema di venerdì, non puoi declinare, anzi, non stai nemmeno troppo su a pensare al film. Se il film è brutto, poco male, hai perso due ore della tua vita, ma non hai cacciato un soldo. Se è buono, la sua bontà è raddoppiata dal non aver pagato. Magari non sai che andare al cinema Arcobaleno, impianto storico nel cuore del Vomero, è un’esperienza ormai estrema. Quando ero piccolo il Vomero era il quartiere dei cinema: il Plaza, l’Arcobaleno, l’America, l’Abadir, l’Acacia. Tutte belle sale, sempre piene, o quasi, o comunque vuote ma in maniera dignitosa, che alternavano un cartellone più o meno popular a seconda della linea. Con l’avvento delle multisala, all’inizio del decennio scorso, la maggior parte di loro ha cercato di scimmiottarne l’impostazione, e nei cinema in cui c’erano una o due buone sale hanno cominciato a nascerne tre, quattro, cinque, minuscole e mal attrezzate.
Chiunque abbia un po’ di cervello si rende conto della differenza tra il vedere un film a casa o al cinema. Ma allo stesso tempo chi ha visto ieri il (pessimo) film presentato in sala 4 all’Arcobaleno, difficilmente metterà piede in un cinema nei prossimi mesi. Una sala trascurata, sporca, piena di carte di patatine e lattine vuote gettate per terra; poltroncine rovinate, lerce o sfondate, strane luci che durante il film filtravano dai punti meno opportuni della sala, e un perenne puzzo che se si fosse stati in una di quelle sale soft-porn degli anni Ottanta, si sarebbe probabilmente associato all’epilogo dell’atto sessuale.
Ora, senza star troppo lì a fare i choosy, anche a chi si accontenta di poco si presenta davanti una situazione non facile. Che cosa vuol dire, oggi, andare al cinema? Passare quattro ore in un palazzone a Casoria o a Marcianise, dove non sai nemmeno se sei consumatore o consumato? E magari prima o dopo sedersi nel fast-restaurant che porta il logo del cinema, a mangiare una pizza dura da digerire quanto l’ultimo film con Scamarcio? Oppure andare in un cinema “storico” e doversi distrarre dieci volte durante la proiezione perché non sai se con il piede stai pestando una carta di patatine o uno scarrafone? A memoria, mi vengono in mente massimo due o tre cinema decenti in tutta la città, tutti al centro, nessuno negli altri quartieri. E poi le multisala, due in città e il resto in periferia, dove il film almeno lo vedi.
Altrimenti la serata finisce come la mia: ti guardi in faccia con i due amici, tanto più se il film era penoso tanto quanto la sala, e cominci a camminare. Svolti al primo bar/pub che trovi aperto, e con ancora meno voglia di comunicare rispetto a prima ti siedi al tavolo e bevi birra fin quando ne hai. Dopodiché tutti a casa e buonanotte. (riccardo rosa)