Se dico che questo sabato a Napoli ha suonato KRS One potresti avere una di queste reazioni: 1) Indifferenza: «Chi è chist’?»; 2) Complicità: «C’ero anche io, frate’»; 3) Disperazione: «Maro’! Che m’agg’ perz’!». Nel caso n.1 vuol dire che non hai niente a che fare con l’hip hop. Nei casi n.2 e n.3 invece vuol dire che sei stato contagiato anche tu da questa cultura, che ti marchia a fuoco da piccolo e poi non ti lascia più. Con la differenza che nel caso n.3 avresti bisogno di ri-connetterti: non potevi non sapere del suo arrivo.
Per spiegare chi è quest’artista bisognerà cominciare dall’Africa, dove pare il genere umano abbia avuto origine. È un po’ lunga come cosa, ma ne vale la pena. Assieme al genere umano è nata la necessità di esprimersi, di ricreare nella realtà quello che abbiamo nella mente, perché quello che è nella nostra testa possa far parte della realtà e interagisca coi nostri fratelli. Il genere umano si è propagato dall’Africa al resto del mondo, tirandosi dietro secoli di storia e sempre la stessa necessità di esprimersi. Il continente africano, quindi, si è diffuso più o meno uniformemente sulla faccia della Terra, edulcorandosi in altri continenti, tanto che a oggi si può dire che siamo tutti degli africani diluiti. Nel XVIII secolo, in America, c’erano molti africani meno diluiti degli altri. La loro concentrazione era dovuta al fatto che non arrivarono lì attraversando i millenni, consumandosi e sbiadendosi: furono portati via nave da quelli già sbiaditi, dalla sera alla mattina, conservando la loro africanità intatta (quelli che sopravvivevano).
Anche i figli di questa gente avevano un denso desiderio di esprimersi e pochi mezzi per farlo. Lo fecero con le latte e le chitarre, creando la Black music. I figli dei loro figli si ritrovarono in città come New York, lontani dalle proprie radici, reclusi in quartieri dove la gente sbiadita evitava di farsi vedere, così come la giustizia sociale, o almeno i soldi. Non c’era spazio per loro sui giornali, nelle radio, nei cinema, nei teatri. Non avevano i soldi per una chitarra né per un maestro. Avevano solo i muri. E si espressero lo stesso, nelle strade, con le bombolette dei ferramenta sotto casa. La musica la fecero con quello che avevano: i dischi. Chi a casa ne aveva li faceva muovere avanti e indietro, sopra e sotto per creare altri suoni; chi aveva solo la voce cominciò a parlare in rima, dando alle sue parole il ritmo di una poesia semplice e diretta. Ballarono sui cartoni presi dall’immondizia, fecero tutto da capo perché erano isolati da tutto, tranne che dalla musica. Crearono qualcosa di nuovo: come i loro predecessori che avevano tirato fuori una musica dalle latte, loro crearono una cultura dalle strade.
Partendo da lì, l’hip hop è diventato la cultura di chi non si riconosce nei mezzi ufficiali di diffusione della cultura, di chi sente di essere il gradino più basso di qualcosa di enorme e ingiusto, e ha preferito la strada a quello che il sistema aveva da offrirgli. In tutto il mondo chi è hip hop vive la città come foglio bianco e prigione, amandola e combattendola. Si tratta di una cultura tramandata oralmente, e che quindi devia, si evolve instabilmente. Così sono nati i sottogeneri musicali, e dal fiume si sono propagati rigagnoli. Molti di questi flussi sono convogliati negli stessi mezzi di diffusione e nelle stesse logiche dal cui rifiuto era nato il fiume. È il paradosso illogico della musica di protesta, che fa soldi assieme a quelli contro cui dovrebbe protestare, creando quella distorsione che rende artisti molto famosi altrettanto sgradevoli all’orecchio, e all’anima.
C’è, però, chi è rimasto famoso perché è bravo, c’è chi è rimasto famoso perché è buono. Come KRS One, che appartiene al fiume, che ha cominciato a rappare e a essere hip hop nel South Bronx, alla foce di questo corso dirompente. Non è questo, quello che c’è di speciale in Lawrence “Krishna” Parker, vero nome del rapper. Sono molti quelli che facevano rap alle origini e lo fanno tuttora, e sono grandi. Ma KRS One si è incaricato del compito di proteggere le radici e di venire dalla fonte fino all’ultimo rigagnolo di hip hop, finito in una spiaggia vicino CastelVolturno, che ribolle mentre lo aspetta salire sul palco, e che diventa tempesta quando lui salta sotto le luci con la sua voce enorme. KRS One ci viene a ricordare che saremo anche diventati un fiume a nostra volta, ma proveniamo da qualcosa di ancora più grande di noi, che non è nato a New York, non è nato a New Orleans, ma è venuto al mondo assieme al genere umano, in Africa.
KRS One viene a farci vedere come si fa, viene a darci il cinque, a stregarci parlando tutto il tempo in rima e con ritmo, come uno sciamano. Per questo KRS è conosciuto come il grandmaster, o come the theacha, il maestro. Il suo compito è quello di venire in persona a farci sentire la sua musica e ricordarci che nonostante tutte le derive e tutte le evoluzioni dell’hip hop, i suoi principi sono e resteranno sempre: peace, love, unity and havin’ fun. (umberto piscopo)
By manu July 2, 2013 - 2:38 am
Articolo bellissimo, condivido tutto. Purtroppo c’e’ un tragico errore, un inesattezza storica che ora rettifico: KRS-ONE ha iniziato nel SOUTH BRONX! Non nel Queens come viene scritto. Anzi lui fu anche protagonista di una delle faide storiche dell’H-H: BDP (la posse di KRS del south bronx) vs. Juice crew (storica crew del queens). La faida ruotava intorno alla nascita dell’H-H come argomento: e’ nato qui nel bronx o qui nel queens? Si concluse col pezzo della BDP – The bridge Is Over che non ricevette più risposta. Concerto bellissimo a Napoli, l’arte dell’mcing sul palco!
By Umberto Piscopo July 2, 2013 - 10:27 am
Grazie mille della correzione sulle origini di KRS, Manu. Mi confondevo con qualcun’altro. Infatti c’è anche il pezzo, South Bronx!
By Know leg July 3, 2013 - 12:29 am
“blastmaster” non grandmaster anche se lo è … “From the Bronx blastmaster krs1 provin that my job ain’t done until I get some” 😉
By Alessia July 3, 2013 - 10:14 pm
L’articolo è bello,seppur con alcune imprecisioni.
Sarebbe senz’altro auspicabile che tutti coloro che si riempiono la bocca di hip-hop operassero almeno un terzo delle riflessioni a cui invita questo pezzo.Come dice il caro Kris:”Get ur mind right!”