È difficile dare una collocazione precisa all’ultimo lavoro di Marina Confalone. Come pure difficile è definire la sensazione strana, un misto tra amarezza e impotenza, che ci si porta appresso a spettacolo finito. Interamente scritto e montato da Marina Confalone, Fuitevenne è un trittico su Napoli. Tre storie molto diverse l’una dall’altra, come I cani, Il sorriso del pescatore e Fuitevenne, che rappresentano tre originali punti di vista da cui guardare e raccontare questa città. Tre episodi tenuti insieme da un tratto comune forte, oltre che dalla bravura della protagonista, che per chi vive tutti i giorni Napoli è un pugno nello stomaco: questa realtà è dolore, dolore congenito, sedimentato nel tempo, che fa parte di noi.
Il dolore di Rosetta, la figlia “scema” del boss, sposa tardiva e grottesca, che a quarant’anni ancora aspetta il ritorno della sorellina uccisa da piccola; quello di un autista di una famiglia bene, povero cristo che ha lavorato onestamente tutta la vita e che si trova in carcere per errore; o quello di una donna che vaga per le strade di Napoli come una vagabonda, nel ricordo del figlio che non c’è più. Il dolore va di pari passo con la rassegnazione, e con la strafottenza di chi sta bene e non ha interesse a che le cose si spostino anche solo di un centimetro da dove sono. La Confalone ne ha per tutti: per il sistema, per la sua violenza, per la borghesia egoista e sorda e, infine, si rivolge pure a “noi”, giovani abitanti di Partenope, messi davanti alla scelta di restare o andar via da qui.
Il sipario si apre su un bozzetto napoletano, caricaturale quanto basta, ma che allo stesso tempo apre a considerazioni amare. Accanto a Giovanni Martino, ben calato nella parte del boss, la Confalone, sempre autoironica, riesce a infondere realismo e problematicità al suo personaggio, a trasmetterci la fragilità e la struggente delicatezza di un animo più sensibile, e contemporaneamente l’assurdità del silenzio, del non poter dire come stanno realmente le cose “per non fare brutta figura”. Tutto questo pronunciando una scarsa manciata di battute in tutta la pièce.
L’ultimo episodio, quello che dà il titolo allo spettacolo, è il racconto di una madre e di suo figlio (Mario di Fonzio, attore napoletano che rende ancora più credibile il personaggio, data la giovane età) che si è lanciato dalla panoramica del Credito Popolare e che ci parla negli ultimi dilatati minuti della sua vita, prima di schiantarsi al suolo.
Due monologhi che s’incastrano l’uno con l’altro con un incedere sempre più concitato e drammatico, che passa anche per un ballo al ritmo di salsa – scena onirica e malinconica – tra mamma e figlio, fino al silenzio finale. I riferimenti sono molto attuali: la laurea in filosofia, i Massive Attack, Enzo Avitabile e la Balena. Il suicida è un ragazzo come tanti a Napoli, che dopo anni passati a prendersi il “pezzo di carta” non ne vuole sapere di trovarsi un lavoro solo per tirare avanti. Un trentenne che però si sente assai diverso dalle “cape gloriose” dei suoi coetanei, “che tra una passeggiata a via Toledo, una pizza da Mimì alla ferrovia e una protesta davanti alla Regione, la felicità più grande è sempre se poi domani vinciamo il campionato!”.
Il taglio dello spettacolo è invettivo e sarcastico, e anche il titolo non lascia molti dubbi: eppure non dà risposte, piuttosto pone molte domande. Il testo nasce infatti dalla necessità dell’attrice di raccontare la città: «Bisogna rischiare, scrivere del contemporaneo, parlare di questo materiale incandescente», dice la Confalone, che già dai tempi di Tre terzi, andato in scena al Ridotto del Mercadante con la regia di Bertolucci, pensava a uno spettacolo che parlasse «meno di televisione e ancora più di Napoli».
Una particolare nota va al disegno luci, curato dalla stessa Confalone e Francesco Adinolfi: scarno ed essenziale ma molto funzionale, così come la scenografia. In totale controtendenza rispetto alle scelte registiche contemporanee, Fuitevenne affida la sua efficacia soprattutto alle qualità della protagonista, che ancora una volta ha dispiegato la gamma delle sue capacità espressive, e che fa del cambiare volto e identità uno dei suoi maggiori punti di forza attoriali. (francesca saturnino)
Fuitevenne, trittico napoletano.
Di: Marina Confalone
Con: Marina Confalone, Giovanni Martino, Mario Di Fonzio
Musiche: Paolo Coletta
In scena a Galleria Toledo fino al 17 Novembre