Sulle cime delle aste dove una volta sventolavano le bandiere degli Stati Uniti d’America e della Nato, ora si vedono gli stendardi di “NATA Bagnoli”, l’evento che in serata dovrebbe accogliere i cittadini nell’ex area Nato, con un concerto. I colori delle bandiere ricordano vagamente quelli dell’arcobaleno della pace, creando un contrasto inquietante con gli edifici bianchi dai quali gli eserciti occidentali coordinavano le loro missioni su tutto il globo. Il vento tira forte e fa sbattere i teloni del palco altrettanto variopinto, che copre un obelisco dalla forma aerodinamica, quasi il corno di un rinoceronte. Questa mattina è stata organizzata una visita guidata, in compagnia del sindaco e di numerose guardie di sicurezza, durante la quale è stato mostrato ben poco di quello che contiene la struttura. Si parla di piscine, uffici, edifici vuoti e in ottimo stato, palestre, campi sportivi, aree verdi, un eliporto e molto altro ancora, il tutto dispiegato su una superficie di 210.660 mq. Praticamente un nuovo quartiere, questa volta non disseminato di fanghi tossici e con intere fabbriche siderurgiche da smantellare, ma pronto per l’uso. Per l’uso di chi, questo è ancora da scoprire. Ha un forte valore simbolico vedere entrare in quest’area famiglie, persone di ogni età, attivisti dei vari movimenti di Bagnoli e di Napoli; perché l’ex area Nato, oltre a essere stata un area militare, ha anche rappresentato durante i suoi oltre cinquanta anni di permanenza uno degli esempi più lampanti di gated community: una zona circoscritta e invalicabile i cui abitanti godono di servizi e privilegi esclusivi, un’area in cui viene condotta una vita diversa e più agiata rispetto alle zone circostanti, che sono tenute a distanza con la forza militare. Una dimensione urbana riscontrabile in tutta la storia del colonialismo, spesso associata alle aree del cosiddetto “terzo mondo”, ma che da oltre mezzo secolo è presente anche nella zona metropolitana di Napoli.
Verso mezzogiorno di questa mattina si sono date appuntamento per un’assemblea pubblica le diverse realtà che militano a Bagnoli e nell’area flegrea per la bonifica e la riappropriazione dal basso degli enormi spazi vuoti disseminati nella zona. Nel programma ufficiale non era previsto niente del genere, l’assemblea è autorganizzata e si tiene subito dopo la visita guidata di cui sopra. Appare subito chiaro che la riapertura di questo spazio è stata fatta con forti limitazioni. Il tema di fondo degli interventi è la richiesta di una partecipazione collettiva alla gestione della riapertura della ex Nato. Si sottolinea la necessità di non ridurre la riappropriazione degli spazi a una fila di associazioni di fronte agli uffici del comune per ottenere ognuno il proprio piccolo spazio, ma un coordinamento di tutti i movimenti e comitati interessati per trovare una soluzione condivisa. Si fanno presenti le carenze infrastrutturali e le emergenze che in quest’area potrebbero essere in parte risolte se l’ex Nato venisse restituita alla collettività. Si parte dalle diverse scuole dell’are flegrea, che sono in una situazione di emergenza: il Boccioni, situato nella Mostra d’Oltremare, sul punto di essere sfrattato per far spazio a un albergo; il Labriola, che paga l’affitto di due succursali e non riesce a dare spazi adeguati ai suoi studenti, così come il Rossini, dove gli alunni fanno tripli turni scolastici per sopperire alla mancanza di spazio. Ci sono poi le ampie zone verdi della collina di San Laise, da cinquant’anni chiusa al pubblico, dove potrebbero nascere spazi coltivati da associazioni che si occupano di agricoltura biologica e che rappresentano comunque una risorsa naturalistica che darebbe un po’ di respiro a uno spazio urbano che ne è sprovvisto. Le palestre, le piscine e le aree attrezzate sopperirebbero ai disservizi dell’area che era rimasta al di fuori di quella gated community. Si teme la privatizzazione e le modalità clientelari della distribuzione degli spazi, che riguardano non solo l’ex Nato, ma tutti gli ettari di suolo pubblico che a Bagnoli suscitano gli appetiti di imprese e associazioni private. Per questo viene proposto, attraverso l’uso di una cassa e un microfono, ai piedi di un grande palco attrezzato, di non lasciare decidere alle istituzioni quale sarà il destino di questa struttura. La Nato ha pagato finora l’affitto per l’utilizzo dell’area alla fondazione Banco di Napoli per l’assistenza all’infanzia. Al momento della dismissione, il comune ha chiamato in tutta fretta varie associazioni per l’infanzia per stabilire dei contatti e verificare la possibilità di attribuire degli spazi. Ma la varietà delle infrastrutture presenti nella zona, e la vastità della stessa, danno luogo a prospettive che vanno al di là dell’assistenza per l’infanzia.
Per chi si avventura nei pressi delle recinzioni che delimitano la zona messa a disposizione per il concerto c’è il garbato invito delle guardie giurate di andare a passeggiare altrove. Si fanno quattro passi, fino ad arrivare ad altre transenne. Per chi chiede se altre zone oltre alla piazzetta centrale possono essere visitate c’è il gentile e secco “no” di una guardia con gli occhiali da sole sotto un cielo già buio alle cinque del pomeriggio. Le tante possibilità che offre l’area corrispondono ad altrettanti rischi che chi lotta per una riapertura realmente pubblica non ignora; per questo è stata indetta una manifestazione il 4 dicembre per rientrare tra questi palazzi bianchi, dove chi cerca di guardare dentro vedrà solo la sua faccia: i vetri sono tutti specchiati. (umberto piscopo)