“[…] dunque, io gioco quest’antico gioco come lo si giocava all’epoca e come lo si gioca tutt’oggi nei quartieri popolari che hanno reso nobile quest’antica, prestigiosa, favolosa / ma a volte anche sfortunata / nostra splendida / Napoli!”.
Al botteghino, assieme al biglietto, ti danno anche due cartelle: a Galleria Toledo la tombola si gioca per davvero. Fuori diluvia e il teatro si riempie, entriamo con l’odore di caldarroste appena fatte che si è sparso per tutto il vicolo di via Montecalvario.
Al centro del palco, un tavolo con un panaro e dell’incenso, ai lati alcune sedie per “gli ospiti”; arriva la padrona di casa: «Avita passat’ ‘na buona Vigilia? Un buon Natale, un buon Santo Stefano? Sì? E mo’, ve ‘ntussicate».
Imperlettato, imparruccato e truccato a dovere, Gino Curcione è bellissimo. Prima di dare inizio all’estrazione racconta una sua personalissima e indispensabile versione della storia della tombola. A Napoli il culto dei numeri ha un’origine antica, che risale alla fondazione di Partenope e arriva, dopo rocambolesche vicissitudini e coraggiose resistenze, fino a noi. La divinazione e interpretazione dei numeri è una vera e propria liturgia, una complessa dottrina con regole precise, che mescola sacro e profano, la drammatica comicità del quotidiano e la saggezza popolare. Estrarre i numeri è come intessere una tela, o raccontare una storia, e Curcione lo sa fare ad arte: non solo li interpreta, ma li combina tra loro, innescando un’irresistibile esplosione di estemporaneo realismo, guizzi di fantasia e inaudita, esilarante volgarità.
In questo flusso travolgente, oltre ai numeri Curcione dispensa pure gustosi aneddoti popolari, ricette gastronomiche antiche, canti della tradizione (tra cui una struggente interpretazione di Bammenella di Raffaele Viviani). Entra ed esce dal personaggio, coinvolgendo di continuo il pubblico. Per ogni vincita infatti ci sono dei premi, che si ritirano rigorosamente sul palco, solo dopo aver scambiato quattro chiacchiere con la padrona di casa. E a ognuno che sale in scena questa chiede di raccontare un po’ di sé, della propria storia, delle proprie origini; così lo spettacolo diventa co-azione, condivisione, confronto; con i numeri vengono estratte storie diverse che l’autore/attore usa sapientemente per arricchire, umanizzare ulteriormente questa compartecipata sceneggiata.
Si ride molto, sì, ma ci si commuove anche, soprattutto si ascolta il suono di una lingua che persino nelle sue bassezze e volgarità riesce a risultare poetica. Curcione – Premio Napoli 2013 per la sua splendida interpretazione della mandolinista napoletana in Napoli ‘43 di Enzo Moscato – va in scena da più di vent’anni con questo rito teatralizzato, allestito nel Natale del 1991, proprio a Galleria Toledo. La sua Scostumatissima Tombola è una magica evocazione, a ogni giro il panaro “partorisce” sogni, fissazioni, bizzarrie che sono come radici. Questo spettacolo ripristina e vivifica la memoria, in un certo senso la sfrocolea, risvegliando quella parte di noi più atavica e fantasiosa che forse, in questi tempi di “accostumata” assuefazione, fa un po’ fatica a venir fuori. In scena fino al 30 dicembre. (francesca saturnino)