da: comune-info.net
Il 4 ottobre è partita la campagna elettorale per le elezioni legislative in Tunisia. Iniziata in sordina a causa della coincidenza con le festività legate alla celebrazione dell’Eid-al- Adha (Festa del Sacrificio), è entrata nel vivo la scorsa settimana, animata da vecchie e nuove polemiche e infrazioni ai regolamenti da parte di alcuni partiti. Cittadini e cittadine non avranno il tempo di riprendere fiato all’indomani dei risultati perché già il 23 novembre dovranno ripresentarsi alle urne per scegliere direttamente il nuovo presidente della Repubblica. Ed eventualmente partecipare al secondo turno a dicembre. Si voterà per la prima volta in base a quanto stabilito dalla nuova Costituzione, entrata in vigore nel febbraio di quest’anno. A quasi quattro anni dalla rivoluzione, si spera verranno elette istituzioni democratiche stabili che prenderanno il posto dell’Assemblea Nazionale Costituente che finora, oltre ad aver varato la nuova carta costituzionale, ha svolto a tutti gli effetti il ruolo di Parlamento.
Su oltre otto milioni di potenziali elettori, in cinque milioni e trecentomila circa si sono iscritti nelle apposite liste, di questi circa trecentosessantamila sono i tunisini che vivono all’estero: dovranno scegliere fra circa mille e trecento liste di partito e indipendenti, di cui novantasette nelle circoscrizioni estere per eleggere duecentodiciassette deputati che formeranno quella che si chiamerà Assemblea dei rappresentanti del popolo. Le liste che sono state accettate dall’Isie (Instance supérieure indépendante pour les élections) ricevono un finanziamento pubblico che viene consegnato in due tranches: la prima, erogata immediatamente a tutte le liste partecipanti, rappresenta il 50% del totale e dovrà essere restituita dopo le elezioni da chi avrà raccolto meno del 3% dei suffragi, mentre la seconda verrà versata a chi avrà superato tale percentuale, ma solo all’indomani della pubblicazione dei rendiconto da parte dei tesorieri di partito o delle liste.
Come già nel caso delle elezioni per l’Assemblea Costituente, il metodo d’attribuzione dei seggi è quello denominato “au plus fort reste”. Dapprima si calcola il “quoziente elettorale” dividendo il numero totale dei voti per il numero dei seggi. Tale quoziente si applica al numero ottenuto da ciascun partito o lista che ha ottenuto più voti rispetto al quoziente. Il resto, cioè i seggi non attribuiti, vengono distribuiti fra i candidati che hanno ottenuto un numero di voti pari o inferiore al quoziente elettorale. Grazie a questo metodo, i partiti minori sono piuttosto favoriti.
A differenza del clima festoso ed emozionante che precedette le elezioni del 23 ottobre 2011, che comunque furono caratterizzate da un tasso di astensione molto elevato (48%), è piuttosto la disillusione a prevalere, specialmente negli ambienti di coloro che furono in prima fila durante le giornate della rivoluzione. Grande è il disincanto di coloro che parteciparono ai sit in della Kasbah, che furono decisivi per strappare al governo provvisorio post-dittatoriale l’impegno a indire le elezioni dell’Assemblea Costituente.
Il probabile testa a testa fra il partito islamico Ennahdha, liberista, ma che ha tinto il suo nuovo programma di sfumature socialdemocratiche e il soi-disant “modernista” (ultra liberista) Nidaa Tounes non appassiona più di tanto il tunisino medio, che invece nel 2011 seguiva con passione i dibattiti televisivi e si infiammava in interminabili discussioni. È come se in Tunisia, nell’arco di un tempo brevissimo, si fosse sviluppata la stessa diffidenza e sfiducia nei confronti dei partiti che altrove, come in Italia, ha richiesto dei decenni per arrivare a maturazione.
Non possiamo biasimare questo atteggiamento liquidandolo banalmente come mero disfattismo o nichilismo, dato che purtroppo nessun partito finora ha dimostrato di essere esente da critiche, chi per la gestione nepotistica dell’apparato partitico, chi per le posizioni opportuniste assunte in varie occasioni. (patrizia mancini – continua a leggere)