“Sto crescenno nu bello cardillo/quanta cose che l’aggio ‘mpara’/adda ire da chisto e da chillo/ll’immasciate po’ m’adda purtà”.
Il Teatro Arcas è in un condominio a via Veterinaria, alle spalle del Real Orto Botanico e dell’Albergo dei Poveri. È uno spazio molto grande, in origine destinato a lavanderia dello stabile. Marcello Raimondi che cura la rassegna teatrale “Senza Sipario” mi racconta che questo posto esiste da cinquant’anni. Prima era un’associazione sportiva che ogni tanto ospitava anche spettacoli, da tre anni è diventato un vero e proprio teatro, gestito da un circolo di soci che, con tutte le difficoltà degli spazi off, ha un suo variegato cartellone e un suo pubblico. Il palco è basso e stretto e la sala ha un aspetto intimo, familiare. Tutto inizia con un insolito prologo: alcuni personaggi di questa “grande rappresentazione” si materializzano nel foyer per accoglierci e introdurci nella storia; già in queste brevi performance è racchiuso il senso dell’operazione che sta dietro lo spettacolo: un continuo entrare e uscire da testi, autori, personaggi, epoche – storiche e teatrali – che si sovrappongono; sullo sfondo c’è Napoli, il suo patrimonio storico, culturale e linguistico che non si finisce mai di esplorare.
Quando arriviamo in sala, steso al centro del palco c’è Pulcinella, personaggio emblematico del teatro dialettale di Antonio Petito che ne fu il “padre” e di Eduardo Scarpetta che lo trasformò in Felice Sciosciammocca. Dopo aver intonato le prime strofe de Lu cardillo, Pulcinella chiama Don Gennà, suo padrone e motore di tutta la storia, che finalmente ha inizio. Ci troviamo nel mezzo di una trama scarpettiana, due coppie di giovani si amano segretamente fino a quando il capofamiglia decide di far sposare sua figlia con Don Albè, imbrogliando le coppie. La trama procede per equivoci e comicissimi tentativi di risolvere la situazione ingarbugliata: il personaggio più esilarante è ovviamente Don Feliciello (Sciosciammocca), attore del Sancarluccio che recita alcune parti del suo repertorio, producendo così un effetto di spettacolo nello spettacolo. In questo modo il testo scarpettiano viene continuamente innestato con brani e richiami petitiani, il risultato è che questi due autori – e i diversi dialetti da loro usati – dialogano tra loro, ma c’è dell’altro: lo spettacolo è disseminato d’inserti e richiami meta-teatrali alla nostra contemporaneità, come don Gennà che corre a mettere benzina “perché c’è lo sciopero”, o la danza rock’n’roll di Don Felice e Donna Emilia su A hard day’s night dei Beatles; a volte gli attori si rivolgono direttamente al pubblico. Tutto si risolve con l’intervento ex machina di Pulcinella, servo furbo che tutto vede e tutto capisce e riferisce al padrone, come il cardillo della canzone all’inizio.
I cinque attori – quasi tutti giovanissimi – sono molto capaci, su tutti Vittorio Passaro nei panni di Felice Sciosciammocca/Pulcinella e Federica Totaro nella parte di una scetatissima Donna Emilia intrighessa: alla fine, la piccola sala dell’Arcas si accende di applausi. Dietro questo intelligente progetto di studio – non retorico, né canonico – c’è Tonino Taiuti, a sua volta storico esponente del teatro napoletano d’avanguardia degli anni Ottanta in coppia con Antonio Neiwiller (e non solo), che per questa occasione scende dal palco e va in regia – “anche se in scena è come se ci fossi anch’io”, dice poi. Nu Petito dint’ a Scarpetta è il secondo lavoro che Taiuti, da studioso del teatro napoletano, ha prodotto su questi due autori. L’anno scorso, sempre all’Arcas, fu presentato Na lettera pe tre ‘nnamurate che partiva, al contrario, da un testo di Petito contaminato con Scarpetta. «C’è qualcosa che unisce profondamente questi due autori, in entrambi respiriamo la stessa aria, la stessa atmosfera. Vorrei che questo teatro non fosse solo archeologia, vorrei che uscisse fuori, come un repertorio che fa parte del teatro europeo. Più che uno studio si tratta di un gioco. Tradizione vuol dire anche tradire».
Spesso succede che i lavori più interessanti prendano corpo lontano dai riflettori, nei luoghi meno visibili, clandestini. In questi tempi di miti e mausolei teatrali, questo spettacolo è una sorpresa che colpisce, più di tutto, per la sua genuina vitalità. (francesca saturnino)
Nu Petito dint’ a Scarpetta
dai testi di: Antonio Petito, Eduardo Scarpetta e Tonino Taiuti
regia: Tonino Taiuti
con: Marcello Raimondi, Federica Totaro, Vittorio Passaro, Aurelio De Matteis, Simona Pipolo
scene: Clelio Alfinito
costumi: Maria Rosaria De Liquori
luci: Enrico Scudiero
fonico: Franco di Carluccio
in scena dal: 19 al 28 dicembre e dal 1 al 6 gennaio
presso: Arcas Teatro