da: Repubblica Napoli del 26 marzo
Dopo l’occupazione dell’ex ospedale psichiatrico giudiziario di Materdei da parte di alcuni collettivi studenteschi, il sindaco ha definito gli occupanti come “abusivi socialmente utili”, manifestando la propria condiscendenza verso coloro che si insediano in edifici pubblici per sottrarli all’abbandono. Le dichiarazioni di de Magistris, lo sappiamo, sono spesso più “avanzate” delle sue azioni di governo, in questa materia però gli va riconosciuta una certa coerenza: circa un anno fa, infatti, la sua giunta aveva approvato una delibera in cui riconosceva le occupazioni per uso sociale, ponendo limitazioni ai privati nei casi di proprietà immobiliari abbandonate da lungo tempo.
Le politiche della giunta in tema di beni comuni e partecipazione hanno seguito in questi anni un cammino tortuoso, oscillando tra la cavillosità dei primi tempi e il successivo lasciar fare e la delega quasi in bianco degli ultimi mesi. Fallito il tentativo di avviare procedure standard attraverso le fantomatiche “consulte”, si è passati alle delibere che permettono ad associazioni ma anche a singoli individui, di gestire in concessione spazi pubblici e aree verdi, e di recente anche intere strade. Nel mezzo ci sono state occupazioni rilevanti, come quella dell’ex Asilo Filangieri, una palazzina già designata come sede del Forum delle Culture ma in realtà inutilizzata, fin quando un collettivo di operatori culturali non ne ha preso possesso trasformandola in un centro culturale molto attivo e del tutto autogestito, al cui confronto la programmazione di un centro omologo come il Pan, gestito dai servizi comunali, non fa certo una bella figura.
Con gli occupanti dell’ex Asilo il comune ha dialogato fin dal primo giorno, inviando assessori in missione e stilando bozze di regolamenti, ma in definitiva con esiti irrilevanti. Di fatto, si è limitato a lasciar fare, consentendo agli occupanti di gestire il posto come un centro sociale. In fin dei conti si è rivelata la non-scelta migliore. Un gruppo di persone abbastanza giovani, motivate e capaci, pur tra mille difficoltà, è di solito in grado di gestire più efficacemente e con una proposta culturale più attraente luoghi del genere, facendo dell’informalità il proprio presupposto e la propria forza.
Le delibere che consentono ai cittadini di gestire pezzi di città, in qualche modo prendono atto di questa realtà e la assecondano; rinunciano a ogni tentativo di istituire meccanismi partecipativi più complessi e certificati, segnando il passaggio dalla partecipazione alla delega. Nella lista delle aree verdi affidate finora ci sono più di duecento luoghi, con una casistica che va dalla piccola aiuola gestita dall’esercizio commerciale, fino all’ex convento delle Teresiane a Materdei, dove un comitato di quartiere da un paio d’anni si prende cura del giardino interno e di alcune stanze del complesso, che ha ristrutturato per stabilirvi una biblioteca, una sala prove e altre attività, anche qui in totale autonomia, confermando che quel che importa è soprattutto la coesione e la vivacità del gruppo di persone che decide di attivarsi; ancor meglio se ciò avviene in una cornice di garanzie istituzionali.
Più controversa è la delibera Adotta una strada, approvata dalla giunta nel settembre scorso, che accorda tra l’altro ai “comitati civici” la possibilità di gestire progetti di riqualificazione superiori ai quindicimila euro. In questo senso, forti perplessità sono state sollevate riguardo alla difficoltà di controllare appalti del genere e di attribuire con certezza le responsabilità della gestione, facendo in modo che l’adozione non diventi sostituzione e, in definitiva, appropriazione.
La soluzione della delega al privato per affrontare le difficoltà nella gestione del territorio, comincia a farsi largo in tempi di magre risorse per i municipi, ma presenta più di un risvolto negativo, e per questo andrebbe stabilita con la massima chiarezza e onestà intellettuale. In città come Roma, l’applicazione di tale principio sta aprendo la strada a rischiose ipotesi di privatizzazione. Da noi, un certo tipo di “arretratezza” ci tiene per il momento al riparo da grosse speculazioni. Il progetto Antica Dogana, con il quale l’imprenditore Romeo si proponeva come gestore di una microarea alle spalle di via Marina, è stato archiviato dopo aver suscitato un lungo dibattito sulla possibilità per i privati di amministrare interi segmenti di territorio cittadino. Difficile capire se il progetto sia stato accantonato per l’abituale inerzia amministrativa o per una precisa volontà contraria. Così come è difficile stabilirlo nel caso, “minore” ma a suo modo clamoroso, del parco dei Quartieri Spagnoli, lo spazio verde a ridosso del corso Vittorio Emanuele, per il quale un noto imprenditore non napoletano – che aveva richiesto l’anonimato –, proponeva di destinare cinquecentomila euro a fondo perduto con l’obiettivo di potenziare la struttura comunale, dotata di campetti all’aperto e di ampi capannoni da ristrutturare. Le uniche condizioni poste dall’anonimo benefattore, nel corso di un incontro con i responsabili comunali, erano state la celerità della messa in opera e il coinvolgimento dei ragazzi dell’istituto penale di Nisida. Il comune però ha tardato un anno per approvare il preliminare d’intesa. Nel frattempo, inevitabilmente, il benefattore se n’è andato altrove. (luca rossomando)