da: I Siciliani giovani di marzo 2015
Ma insomma, come faccio a distinguere l’antimafia fasulla da quella di cui fidarsi? Facilissimo: quella povera è quella vera. L’antimafia, difatti, è gratis. Perciò non puoi farci soldi o carriera. Puoi rischiare la pelle, questo sì, puoi farti emarginare dappertutto, puoi – ovviamente – restare senza lavoro, puoi anche fare la fame se occorre. Tutte queste belle cose puoi fare, e altre ancora. Ma soldi e carriera no. Ci spiace, ma non l’abbiamo messa noi questa regola. A noi piacerebbe di più ricevere – in un paese civile – soldi, onori, carriere felici e tranquille, e magari qualche buona parola. Ci piacerebbe anche di più poter promettere tutte queste belle cose ai ragazzi che, un anno dopo l’altro, arrivano freschi e decisi: «Voglio dare una mano all’antimafia». Ma, in un paese civile. In questo, la prima cosa che insegnamo è: «Ragazzi, l’antimafia si paga». Eppure, non restiamo mai soli.
La mafia, in Sicilia, nasce storicamente al servizio dei grandi imprenditori del comparto agricolo e successivamente industriale. Già nel 1920, a Palermo, giustiziò per loro conto il sindacalista Fiom Giovanni Orcel; negli anni tra i Quaranta e i Sessanta, per conto dei latifondisti, venne assassinato un centinaio di dirigenti contadini.
“Imprenditore”, in Sicilia, non è una gran bella parola, e comunque con l’antimafia ha sempre avuto poco a che fare. Così, desta poca sorpresa la “scoperta” che le proclamazioni di questo o quell’esponente dell’imprenditoria “antimafia” andavano in realtà prese cum grano salis. In realtà, la vera sorpresa è data dalla facilità con cui tutta una serie di personaggi del genere ha potuto essere presa sul serio dall’antimafia “perbene”, quella almeno di provenienza non popolare.
I motivi son tanti. Primo, l’approssimazione politica di gran parte della nuova antimafia, dove la ripetizione di buoni principi sostituisce spesso la lucidità delle analisi e la radicalità delle azioni. Secondo, è molto più facile prendere a interlocutori (finché non smascherati) i vari Montante e Haeg che non gli Umberto Santino, i Pino Maniaci o i Siciliani. I primi hanno denari da mettere nei vari “rinnovamenti”, e i secondi no; i primi non minacciano in alcun modo l’assetto sociale “perbene”, e i secondi sì. Ma così va il mondo; e noi perdoniamo volentieri agli amici perbene quella che non è certo malafede ma solo disattenzione e pigrizia.
Noi, all’antimafia dei simboli, preferiamo quella palpabile e concreta. Che fare dei beni confiscati? Affidarli ai Montante o magari (come gli immigrati) ai Castiglione? Questo, ormai è pacifico, non si può fare più. Metterli all’asta, come dice il capo della commissione antimafia siciliana, Musumeci? Allora tanto varrebbe ridarli direttamente ai mafiosi. Invece bisogna farne beni sociali, distribuirli con equità, farne economia sana. Questo è ciò che sostiene Libera da metà anni Novanta, e noi da dieci anni prima. E fra il buon elefante e le formichine, sarà ben difficile per le bestie feroci – gattopardi e iene – rimettere le zampe sulla preda.
Questa è la nostra antimafia. Antimafia utile a tutti, antimafia vera. Certo: alla tv e sui giornali non la troverete, troverete quella urlata. I vari Buttafuoco e Merlo (sempre amici dei Berlusconi e dei Ciancio, e ora improvvisamente grandi antimafiosi) hanno molta più udienza, lassù, dei nostri poveri Giacalone, Ester Castano e Capezzuto. Ma ha davvero importanza? I punti si contano alla fine, dicevano i maestri di tressette, e a Sedriano e a Trapani la borghesia mafiosa, grazie ai nostri cronisti, i suoi bravi colpi li ha pur presi.
Quest’antimafia è politica: in un sistema dove i poteri mafiosi sono tanto inseriti nell’economia, è ovvio che la vera lotta alla mafia sia condizione primissima per cambiare qualcosa. Avete già sentito ‘sta tiritera, se siete vecchi lettori dei Siciliani. Non si può dire che abbia avuto molto successo: la destra, ovviamente, ha avuto ben altro da fare. Il centrosinistra, col suo partito-nazione, in queste settimane sta reclutando generali e soldati di tutto il vecchio Sistema non esattamente antimafioso. E la sinistra “pura”, gli alternativi? Non sembra che il potere mafioso (e in Sicilia abbiamo avuto due presidenti di fila o condannati o inquisiti) sia esattamente in cima ai suoi pensieri. Con belle e lodevoli eccezioni, certamente: ma certo non proprio al centro della strategia. (riccardo orioles – continua a leggere)