(disegno di cyop&kaf)

(disegno di cyop&kaf)

La polveriera

Ancora una volta si è dovuto verificare un drammatico fatto di cronaca per riportare all’attenzione nazionale la complessa vicenda di Castel Volturno, dove ormai da anni una numerosa comunità africana vive nell’abbandono più assoluto.

A qualche settimana di distanza dal ferimento di due ragazzi ghanesi abbiamo riletto le cronache dei quotidiani, le testimonianze e le dichiarazioni ufficiali provando a dare un ordine a quest’insieme di voci, ricostruendo i fatti, mettendo in evidenza i vari punti di vista e descrivendo quali sono state le decisioni prese dal governo per far fronte a questa nuova emergenza. Infine, abbiamo provato a raccontare la complessa realtà che caratterizza oggi Castel Volturno e abbiamo cercato di elencare alcune possibili politiche da intraprendere.

Domenica 13 luglio, Cesare Cipriano, un ragazzo di ventun’anni, ha sparato alle gambe di due ragazzi ghanesi ferendoli gravemente. Secondo quanto ha raccontato al giudice per le indagini preliminari, sarebbe intervenuto in difesa dello zio Pasquale, che poco prima aveva avuto un’accesa discussione con un ragazzo ghanese, Yussef, accusato di aver rubato una bombola di gas. Accusa che Yussef aveva respinto affermando che la bombola era di sua proprietà. Da lì è nata una discussione. In difesa di Yussef è intervenuto Nicolas, un connazionale che era lì di passaggio. La discussione è degenerata in una colluttazione. Poi, dopo una decina di minuti è sceso in strada Cesare Cipriano e ha sparato.

Pag. 2, 3, 4 e 5 – La polveriera Castel Volturno – Dopo il ferimento in estate di due africani e le manifestazioni contrapposte di bianchi e neri, il governo ha preso delle misure che riguardano l’ordine pubblico ma non gli investimenti, la salute, la convivenza. Attori e scenari di una situazione esplosiva.

Pag. 6 e 7 – Quarant’anni e quattro figli – Sposata e con un figlio, Maria è partita dalla Nigeria a sedici anni. Appena arrivata è stata venduta agli sfruttatori per cinquanta milioni e messa a fare la prostituta in strada. Da allora sono passati quasi trenta anni. Così, Maria racconta la sua storia.

Pag. 8, 9, 10 e 11 – Il Vangelo nell’altra Africa – Il comboniano Giorgio Poletti è arrivato a Castel Volturno nel 1994, di ritorno dall’Africa. Racconta l’impatto con la prostituzione, le messe in pineta per i tossici, le iniziative sempre più politiche, fino ai permessi di soggiorno “in nome di Dio”.

Pag. 12 e 13 – Viaggi al termine della notte – Emanuele viene dal Gambia. Voleva raggiungere la Grecia ma si è fermato a Castel Volturno. Negli anni Ottanta gli stranieri erano pochi. Ha cominciato a vendere droga. Poi è andato al nord, ha lavorato, ha smesso, è ricaduto. Infine è tornato.

Pag. 14 e 15 – Un’odissea di vent’anni – Domenica è arrivata in Italia dal Ghana nel 1992, a venticinque anni. Donna di servizio a Villa Literno, operaia in fabbrica a Brescia e Pordenone, poi il negozio di parrucchiera, l’import-export, un bar a Castel Volturno, un figlio e la voglia di tornare.

Pag. 16 e 17 – Ascoltare come prima cura – A colloquio con Gianni Grasso, medico di base, punto di riferimento per le donne africane che vivono a Castel Volturno. La necessità dell’ascolto, la pratica del consiglio, le strategie di una medicina povera che in questi anni ha aiutato migliaia di persone.

Pag. 18 e 19 – Dodici pollici – Libri: Camorra Sound, di Daniele Sanzone; Tra le macerie, di Davide D’Urso; I Buoni, di Luca Rastello. Giornalismi: Un archivio di storie contro i luoghi comuni. 

Con i testi di jefferson seth annan, salvatore porcaro, sara pellegrini, riccardo rosa, luca rossomando e i disegni di cyop&kaf, sam3, diegomiedo

( copertina di cyop&kaf )

Regione Campania, Commissione antimafia: presidente indagata per voto di scambio di stampo mafioso. Come se un sindaco ex giudice facesse apologia dell’anarchia.

flash

Scavi di Pompei: cinque anni, cinque ministri, un governatore

(archivio disegni napolimonitor)

(archivio disegni napolimonitor)

Stefano Caldoro è eletto il 29 marzo 2010 come nuovo presidente della regione Campania. Nel 2010 il tema Pompei è già caldo. Il governo, attraverso il ministro della cultura Sandro Bondi, ha commissariato il sito e lo ha dato in mano a Marcello Fiori, al quale obbediscono tanto la soprintendenza quanto il direttore degli scavi: questi sciorina i numeri della sua gestione, con turisti e introiti in crescita, con la riapertura delle domus di Polibio e dei Casti Amanti. Il ministro Bondi assicura “la totale dedizione, il lavoro serio, quotidiano, per la faticosa risoluzione di problemi lasciati incancrenire per troppo tempo”, e nel mese di ottobre la frangia di centrodestra rivendica i primi importanti risultati: Nicola Cosentino parla di “rivoluzione” nel sito archeologico, fino a poco tempo prima “un vero e proprio suk, assediato da prostitute, scippatori e commercianti abusivi”.

Nel febbraio del 2010 era già crollato un pezzo di muro affrescato della Casa dei Casti Amanti, mentre di lì a un mese Pompei vede crollare il tetto della Casa dei Gladiatori, una palestra per buona parte di restauro moderno. L’evento diventa simbolo di un degrado che in realtà il sito subisce da oltre due secoli. Un’autentica sfortuna per il neoeletto Caldoro, che subito deve intervenire a tappare le falle della precedente gestione con “un ordine del giorno” per il reperimento delle risorse atte al ripristino della Domus dei Gladiatori. Il bene era in restauro dal 2008, ma erano lavori di contenimento e non d’impermeabilizzazione, come la struttura avrebbe necessitato. I crolli nel sito continuano, come accade da decenni, solo che ora sono puntualmente registrati: “Evitiamo allarmismi, la situazione a Pompei è monitorata dalla soprintendenza”, smorza il ministro Bondi, mentre per dicembre il ministro stesso, il presidente della provincia Cesaro e Caldoro s’impegnano a incontrarsi per risolvere la questione in modo radicale. L’idea è quella di trasformare il sito in una fondazione, avendo come modello il Museo Egizio di Torino. Sul tavolo il ministro Bondi mette cinquanta milioni e l’idea di una soprintendenza autonoma, così da far ripartire il sito come “attrattore culturale”. Il problema restano i soldi: gli enti locali non possono permettersi una spesa simile, e nemmeno il ministro può pretendere tanto dal Tesoro.

Il problema dei soldi non viene risolto nemmeno con l’arrivo dei privati che la fondazione consentirebbe, giacché Banca Intesa non erogherebbe più di centomila euro. Resta il secondo stadio della proposta: assoldare i manager. Mario Resca è uno di questi. Dopo alcune esperienze nel settore dei fast food, dei trasporti e dell’energia si presta alla cultura, entrando in azione per volontà del ministro Bondi. Resca vuole incrementare i ricavi dei musei campani e scrive al direttore del museo archeologico di Napoli, Amedeo Maiuri, morto nel 1967. Frattanto, l’incontro tra Caldoro, Cesaro e Bondi sembra essere andato bene: Caldoro accoglie la proposta della soprintendenza speciale che permetterà “un ruolo amministrativo rafforzato e una task force con operai specializzati e archeologi” e sottolinea l’impiego di “fondi nazionali e non regionali”.

Con il nuovo anno, il governo si muove per i fondi europei: s’impegna a fare un progetto per ricevere il denaro da Bruxelles, con l’appoggio di Johannes Hahn, commissario europeo per le politiche regionali. Nel quadriennio 2009-2013 l’Unione europea mette in bando ventinove miliardi di euro per le politiche regionali, e la regione vuole accaparrarsene una fetta. Il sito vesuviano comincia ad attrarre molti personaggi in cerca di una vetrina: Diego Della Valle è tra questi, e si propone per creare una rete d’imprenditori che sovvenzioni il sito. Il 2011 inizia alla grande per Pompei: oltre ai Della Valle, sono pronti a investire Gianni Punzo, partner di Ntv e Aurelio de Laurentiis, col patrocinio di Bondi, entusiasta. Caldoro si sente ottimista per la ripresa del sito: tra il 48% dei fondi Fas nazionali non spesi e i fondi europei a Pompei dovrebbero arrivare dieci miliardi di euro. Se a questi si aggiungono fondi regionali e Poin nazionali, si arriva alla cifra di ottanta miliardi in dieci anni, assicura il governatore.

Galan e i mecenati francesi

Alcuni mesi dopo è cambiato il ministro ma non l’entusiasmo: col nuovo ministro Galan il lavoro riparte da Paolo Graziano, presidente dell’Unione industriali campana, che afferma “il progetto è a buon punto”, e sarà presentato a Caldoro e al ministro. Ad aprile 2011, tuttavia, la macchina messa in moto dalle eminenze sembra incepparsi. Di certo ci sono i cento milioni dei fondi europei, quelli già previsti dal 2009 e che andranno a sanare le condizioni di Pompei. Poi ci sono i cento milioni extra che Bruxelles avrebbe promesso, ma sia i primi che i secondi prevedono un piano ben strutturato da parte dello stato italiano. Caldoro, quando incontra Galan propone di avviare una STUR, società di trasformazione urbana, che funzioni da attrattore per i privati. Il ministro Galan si sbilancia approfittando che la campagna elettorale non è ancora iniziata: “Se sarà eletto Gianni Lettieri so già che ha trovato sponsor per tre domus”. La soprintendente Cinquantaquattro parla del coinvolgimento di quattro università straniere, progetti 3D, scannerizzazioni, mentre il professore Carmine Gambardella della SUN assicura che il sito sarà interamente mappato a costo zero dal suo dipartimento. Accantonata, perciò, l’idea della fondazione e dei commissariamenti, giacché Marcello Fiori è già in vacanza. Entro un mese, assicura Galan, partiranno le assunzioni di trenta archeologi e quaranta tecnici specializzati. Per non penalizzare i campani, per cui non erano previsti posti, “entro un mese si farà un bando ad hoc”.

In estate, tuttavia, l’entusiasmo scema di nuovo. I soldi europei arriveranno a settembre, ma intanto non c’è stata alcuna assunzione di archeologi, di cui Pompei scarseggia. Servono anche architetti, tecnici di scavo, personale amministrativo, marketing, comunicazione. La canicola però sembra rallentare le funzioni vitali delle amministrazioni locale e nazionale. Caldoro vuole capire cosa sta succedendo alle pendici del Vesuvio e invia una commissione a fare chiarezza: il resoconto registra che dei fondi PON 2000-2006 ben dieci milioni sono stati assorbiti da un deposito in cemento armato e cinque per una porta accanto all’Anfiteatro, per gestire il traffico dei turisti, che però non è mai stata aperta per l’impossibilità di realizzare una condotta di circa trenta metri per il collegamento con la centrale termofrigorifera di un’area adiacente. Inoltre, delle Domus restaurate nessuna è visitabile, per diversi motivi.

In autunno riprendono le piogge, e con esse nuovi crolli, che interessano sia le strutture antiche che quelle moderne. Le piogge, però, non inibiscono la Regione, che organizza un tavolo di coordinamento con le università, alcuni industriali e il presidente Cesaro per rilanciare da Pompei il “marchio Italia”: bisogna organizzarsi bene per i soldi che arriveranno dall’Unione europea, centocinque milioni per l’esattezza. Un progetto che si sviluppa negli anni 2011-2015 articolato su cinque punti fondamentali: il controllo degli elementi dell´area archeologica, il restauro delle parti del sito, il monitoraggio e la sorveglianza dell´area, il rafforzamento e la supervisione da parte della soprintendenza di tutti i siti di Napoli. Sotto il cielo nuvoloso di novembre il commissario Hahn, il ministro Galan, l’onorevole Fitto, il governatore Caldoro e la soprintendente Cinquantaquattro passeggiano per Pompei, mostrando il sito all’ospite straniero, il quale annuncia che i fondi sono sbloccati per gli anni 2011-2015, e con i primi mesi del 2012 inizieranno i lavori. Qualcuno si lamenta che in cassa ci siano sessanta milioni, nessuno speso per prevenire o restaurare i danni causati dal maltempo. Ma è una riflessione che rischia di rovinare una giornata fatta esclusivamente di sorrisi. Sorrisi giustificati, perché il Senato acconsente, con un decreto apposito, ad assumere venticinque unità di personale per Pompei: architetti, archeologi e funzionari amministrativi, collocati nelle graduatorie degli idonei ai concorsi fatti in altre regioni, perché in Campania non vi sono graduatorie aperte che riguardano queste categorie.

Caldoro segue la strada aperta dal ministro Galan, e vola a Parigi in missione assieme all’Unione industriali della Campania per firmare una lettera rivolta all’élite francese, per creare un modello come il Colosseo, dove accorrono generosi capitali stranieri: una pioggia di fondi per riqualificare l’intera area archeologica vesuviana. Finalmente spuntano i nomi dei mecenati transalpini: si tratta del consorzio Epadesa, con sede alla Défense di Parigi, che riunisce duemilacinquecento imprese, pronto a investire dieci milioni l’anno senza limite di tempo in progetti di restauro all’interno degli Scavi, mentre l’Unione industriali si farà promotrice di interventi nell’area vesuviana. Qualche problema sembrano darlo i custodi, in continuo sciopero per le condizioni di lavoro e i ritardi nei pagamenti per le aperture straordinarie.

L’era di Ornaghi e la rinuncia francese

Con il 2012 cambia il governo. Il nuovo ministro Ornaghi aspetta la fine dell’inverno per riprendere il cammino del predecessore: i centocinque milioni saranno utilizzati rispettando un calendario rigoroso. Inoltre, tornano i privati: sia i campani che i francesi, stavolta con la deputata Joélle Ceccaldi-Raynaud in rappresentanza dell’Epadesa. Il 12 marzo 2012, tuttavia, arriva una doccia gelata. I francesi, con una lettera indirizzata al ministro Ornaghi, si ritirano dal progetto: “Il periodo attuale non è il migliore per intraprendere azioni di mecenatismo”, scrive Ceccaldi-Raynaud, con toni ben diversi da quelli della gita a Pompei di alcuni giorni prima. Caldoro ci resta male, ma assolve i francesi. Mancano, sostiene il governatore, “crediti di imposta specifici o più semplicemente una fiscalità agevolata come è nel mondo anglossassone rispetto a questi temi”. E poi, “i tempi certi sono fondamentali per chi investe e invece a Pompei bisogna fare i conti con tantissimi strumenti e altrettanti interlocutori; così i privati si scoraggiano”. È pienamente d’accordo Paolo Graziano, che annuncia il ritiro degli industriali napoletani dal progetto Pompei. Restano solo i fondi dell’Ue, quelli promessi dal commissario Hahn.

L’area archeologica vesuviana, dopo le illusioni dei mecenati, perde d’interesse per il governo, che sembra indaffarato in altre cose. Non per la magistratura, però, che nel febbraio 2013 indaga l’ex commissario speciale Marcello Fiori, che gestì il sito nel 2010. La procura di Torre Annunziata contesta a Fiori di aver utilizzato i fondi erogati non per i lavori previsti, bensì per restaurare il Teatro Grande di Pompei e finanziarvi gli spettacoli. Restauro fatto dalla ditta Caccavo che, oltre a ricoprire il materiale antico con tufo moderno, è accusata di frode nelle pubbliche forniture e truffa ai danni dello Stato, corruzione di persona incaricata di pubblico servizio e di aver gonfiato i costi degli appalti del quattrocento per cento. Notizie che mettono di malumore l’intellighentia pro-Pompei, proprio nel giorno in cui il commissario Hahn arriva nel sito per vedere l’avvio dei restauri delle cinque domus finanziate dall’Unione europea.

Teatro tra Siani e Bray

A rinfrancare gli spiriti nell’estate 2013 c’è l’arrivo del nuovo ministro Massimo Bray, che annuncia una soprintendenza autonoma per Pompei e l’area vesuviana. “Nascerà un Progetto Pompei per le iniziative di coordinamento fuori dal sito archeologico, ci sarà un direttore generale che garantirà il rispetto degli impegni relativamente ai bandi per Pompei, che avrà una sua soprintendenza speciale, con Ercolano e Stabia”. Niente più Progetto Grande Pompei, ma una significativa omissione dell’aggettivo. Per il resto, trasformare il sito nel cavallo di battaglia dell’industria turistica italiana rimane l’obiettivo primario. Frattanto negli ultimi mesi erano successe un po’ di cose: oltre al calo dei turisti e ad alcuni furti, si era aggiunta l’assegnazione di una parte della necropoli alla proprietaria del terreno, un agrumeto, per volontà del TAR; e lo show di Alessandro Siani che sarebbe dovuto avvenire nel Teatro Grande per sostenere la causa del sito, poi annullato per l’enorme quantità di biglietti regalati. Siani, annullato l’evento, ha comunque deciso di devolvere l’incasso – ventimila euro – alla soprintendenza e ai lavoratori del sito. Ma è acqua passata. Con il nuovo decreto Valore Cultura ci sarà un direttore generale del Progetto Pompei che “dovrà definire le emergenze, assicurare lo svolgimento delle gare, migliorare la gestione del sito e delle spese”. Anche Caldoro è contento della svolta: “Bene, benissimo il governo su Pompei”. Insomma, siamo sui binari giusti. Il ministro pensa di aggiungere alla nuova direzione dell’affaire Pompei anche il generale dei carabinieri Giovanni Nistri, che dal 2007 al 2010 è stato a capo del nucleo per la tutela del patrimonio. Il generale farà da supervisore affinché nessuna attività illecita sia perpetrata all’interno del sito.

Verso la soluzione finale: una nuova soprintendenza

Purtroppo i giri della politica sono imprevedibili e l’era di Letta sorge e tramonta come il sole autunnale scandinavo. Con Renzi nuovo capo del governo, è scelto come ministro dei beni culturali Dario Franceschini, e cambia anche il soprintendente di Pompei che diviene Massimo Osanna, professore di archeologia presso l’università della Basilicata, che si presenta “ottimista per natura”. Il soprintendente Osanna si dice soddisfatto dei lavori svolti e dell’aria di intesa che si respira: ne è un sintomo il completamento del restauro della Casa del Criptoportico, una delle cinque in programma con i fondi europei, che torna fruibile poco più di un anno dopo la visita del commissario europeo Hahn. L’operazione è costata trecentoquaranta mila euro dei centocinque milioni europei erogati, e presto si passerà alle altre case. L’unico non contento è l’architetto Irlando, che fa sapere che quei cantieri, come altri, sono oggetto di un’indagine della Guardia di finanza. Secondo l’inchiesta, infatti, i lavori sono stati aggiudicati tutti con ribassi superiori al 50% rispetto alla cifra iniziale di progetto. Salvo questi problemi, la nuova squadra di governo e le nomine recenti degli apparati amministrativi mantengono il buonumore, se non fosse che il maltempo torna a rovinare tutto. Con i primi di marzo del 2014 alcune strutture subiscono danni, mentre altre marciscono, e questo mette a dura prova la pazienza del governatore Caldoro, che ricorda gli sforzi compiuti da lui e dai suoi: “Siamo stati noi a sbloccare i finanziamenti europei. Dallo stato non è stato fatto mai un passo avanti”.

Insomma, se fosse per Caldoro, Pompei funzionerebbe come il Louvre. Ma la girandola di ministri – cinque in cinque anni – non facilità il compito. Quale soluzione, allora? Caldoro ha già tutto in mente: “C’è bisogno di soggetti attuatori ben individuati: una sorta di struttura commissariale ad acta che tenga dentro tutte le competenze di una conferenza dei servizi”. Una struttura ad anello: dopo quattro anni dall’ultimo commissario straordinario, silurato e lasciato a disposizione degli uffici della procura, si torna a proporre il commissario straordinario. Ora, però, non c’è più l’entusiasmo di un anno fa, quando gli emissari di Bruxelles e le delegazioni nazionali elogiavano il sito archeologico, le maestranze, gli organi preposti e i programmi accurati: il 31 dicembre 2015, giorno di termine dei lavori, si avvicina sempre più. Il ministro Franceschini capisce la situazione e telefona a Caldoro: a Roma è stato istituito un “ufficio di crisi” per Pompei, da cui scaturisce una Legge Obiettivo, come già era stato fatto per il centro direzionale e la tangenziale a Napoli. Un organo attuatore per le moltissime cose in programma.

Nel giugno 2014 torna in auge il Grande Progetto Pompei, con il ritorno dell’aggettivo che qualifica le buone intenzioni degli autori. È quello del commissario Hahn e dei soldi europei, per intenderci. In quei giorni è il commissario stesso che, assieme a Franceschini, torna a Pompei per vedere lo stato dei lavori. Purtroppo, osserva che solo l’1% delle risorse è stato impiegato, e inoltre “ulteriori venticinque milioni dei centocinque complessivi sono stati impegnati per lavori già in corso, ma il restante 75% va speso assolutamente entro la fine del prossimo anno”. Mancano, infatti, diciotto mesi alla scadenza del bando europeo, alla fine dei quali gli eventuali fondi rimasti ritorneranno sotto l’egida del presidente Junker. La collaborazione col governo italiano diventa strettissima: da giugno 2014 in poi ci saranno monitoraggi ogni quattro mesi per verificare l’andamento dei lavori.

Ora che tutto fila liscio, i governi regionale e centrale possono occuparsi di altre questioni. Sul finire del 2014, quando i lavori dell’Expo a Milano prendono finalmente un abbrivio convincente, il ministro Franceschini riunisce gli onorevoli campani a Capodimonte, per parlare di una sua idea: “Pompei and Europe”, la mostra che partirà assieme all’Expo e che avrà luogo al Museo Archeologico Nazionale di Napoli. L’esposizione verterà sulla Pompei vista dai viaggiatori italiani ed europei, che l’hanno ritratta tra il XVII e gli anni quaranta del XX secolo, a cura del soprintendente Osanna. L’idea è quella di trattenere i turisti dell’Expo tanto in Italia quanto in Europa, considerando che è atteso “un milione di cinesi” che avrà premura di muoversi per la penisola e per il vecchio continente a caccia di attrazioni. “Bisogna puntare sull’attrattività, allargare il campo dell’offerta, scegliere oltre alla cultura anche l’infrastruttura, affinché il turista stia bene qui in Campania”, afferma Caldoro, in attesa che altre iniziative affollino l’agenda della cultura di massa in Campania in concomitanza con l’Expo.

Il 2015 si apre nel migliore dei modi: Franceschini si riunisce con l’eminenza campana, capeggiata dal governatore Caldoro, per dare una svolta a Pompei, il cui progetto ormai viaggia da solo. L’idea è di rilanciare anche il territorio circostante. Il governatore è contento dell’intesa col ministro, anche se “la vera scommessa è il coinvolgimento dei privati”, e vi è bisogno di “certezze sui tempi e chiarezza sugli investimenti”. Ad assicurare la riuscita di questo progetto sono gli strumenti legislativi messi a punto dal governo, per “velocizzare e coordinare gli investimenti, sul modello previsto dal decreto Bagnoli”. 

Epilogo

Buone leggi per un buon sito archeologico, pianifica il Pericle molisano Caldoro. A confermare la bontà di queste intese è il bando che a fine marzo 2015 pubblica Ales, società privata di proprietà dello stato, esperta in gestione del patrimonio culturale. Si tratta di trenta posizioni, di cui quattro archeologi, tredici operai, otto restauratori, cinque unità di trasporto e pulizia. Costoro si vanno ad aggiungere alle venticinque unità di due anni prima, per un totale di cinquantacinque assunzioni su settanta previste dal riformismo di Galan. Di queste, trenta dovevano essere archeologi, ma con il bando di Ales raggiungono quota tredici, meno degli architetti. Nel bando non sono specificati né la durata del contratto né il compenso: eccessi di zelo per un progetto che, dopo i debiti sforzi, è divenuto esempio di cura, gestione e valorizzazione. (alessandro cocorullo)

1 commento a "Scavi di Pompei: cinque anni, cinque ministri, un governatore"

Lascia un commento

Regione Campania, Commissione antimafia: presidente indagata per voto di scambio di stampo mafioso. Come se un sindaco ex giudice facesse apologia dell’anarchia.

flash

torna su

  • #000000
  • #FFFFFF
  • ----------
  • #1A181C
  • #1A181C
  • #006759
  • #A0D3C5
  • #00A48B
  • #1A181C
  • #000000
  • #FFFFFF
  • ----------
  • #1A181C
  • #004A3F
  • #006759
  • #A0D3C5
  • #00A48B
  • #004A3F
  • #000000
  • #FFFFFF
  • ----------
  • #1A181C
  • #004A3F
  • #006759
  • #A0D3C5
  • #00A48B
  • #006759
  • #000000
  • #FFFFFF
  • ----------
  • #1A181C
  • #004A3F
  • #006759
  • #A0D3C5
  • #00A48B
  • #A0D3C5
  • #000000
  • #FFFFFF
  • ----------
  • #1A181C
  • #004A3F
  • #006759
  • #A0D3C5
  • #00A48B
  • #00A48B