«La nonna sotto al letto/ il letto sotto all’occhio/ e l’occhio sopra la nonna»
Quando entriamo nella sala del Teatro Sybaris di Castrovillari, gli attori ci aspettano in scena, a sipario aperto, tutti in total black, su uno sfondo vermiglio. Oltre a Riccardo Spagnulo e Licia Lanera – nucleo costitutivo di Fibre Parallele – Mino Decataldo, Danilo Giuva e, novità assoluta, Lucia Zotti, settantotto anni, storica attrice barese della compagnia del Kismet, per la prima volta in scena in un lavoro di Fibre. Goliardici e impettiti, ci guardano dall’alto con occhi di sfida. È proprio la regista e attrice a dare il segno d’inizio, da dentro la scena. Silenzio: buio, si comincia. Il suo monologo-incipit iniziale è un po’ un libretto d’istruzioni per l’uso: facciamo confusione tra realtà e finzione, siamo fragili imperfetti, destinati a sbagliare, a cercare quell’errore dolce che ci trasporta lontano dal regime di tutti i giorni, a creare un altro mondo in cui «dare un ordine a ciò che un ordine non ha». Ma le istruzioni per l’uso, a teatro, sono parte stessa del gioco e vanno considerate come tali, fino alla fine. In questo gioco, in scena ci sono due quadri speculari che si animano a turno, con scambi di battute acute e caustiche, e tempi e ritmi morbidissimi, incastrati alla perfezione.
Da un lato, Licia e Riccardo, coppia scoppiata, hanno perso un figlio e ora sono alle prese con Cosimo, un bambolotto di sei anni col ghigno alla Shining, che va cambiato e nutrito come i bambini veri. Dall’altra parte, Lucia, settantotto anni, una vita intera passata a fare la madre-badante di Danilo, trentacinquenne, bloccato sulla sedia a rotelle. Esattamente nel mezzo, stagliato sul fondale rosso, nell’ombra, Cosma Damiano, esilarante mago pastore, ciarlatano da televendita, deus ex machina e voce off che l’attore Mino Decataldo interpretava anche nella parte del boia ne Lo Splendore dei Supplizi. Sullo sfondo, come sempre, Bari: nel dialetto irriverente della signora Lucia, nel mare agognato e mai raggiunto da Danilo, nella formula magica pronunciata dal vaticinante ciarlatano, cui Riccardo si rivolge per risolvere i suoi problemi.
Ecco allora che i due quadri speculari, prima separati perfettamente – anche grazie a un disegno luci particolarmente efficace – gradualmente si mescolano, fino a diventare un tragicomico e farsesco tutt’uno di corpi, un’esplosione detonata, un boato interno di desiderio finalmente appagato, sporadico sollievo, seguito dall’immancabile, necessaria – e ormai caratteristica dei lavori di Lanera e Spagnulo – violenza. La beatitudine, oltre al titolo del brano di Rino Gaetano che parte sarcasticamente sul finale, è una pausa di cinque minuti dall’horror vacui quotidiano; felicità a tempo, soddisfazione momentanea del corpo, senza motivo, né direzione. A questo siamo ridotti, come le pecore del mago pastore che, imbonite dalle sue storie, vivono “fesse e contente”, in attesa della macellazione.
Il palcoscenico, per Fibre, si conferma spazio sociale, politico, in cui problematizzare, senza filtri, i tempi che stiamo vivendo. In un sistema della ripetizione forsennata – che è quella della catena di montaggio, del call center, ma anche quella che serve per fare la memoria dell’attore – anche i rapporti sono ammaccati, resi instabili: fragili. L’unico briciolo di umanità e di bellezza resta nei corpi, controllati ma potenzialmente ribelli, nel loro essere desideranti o nella loro poetica e preziosa imperfezione. Come quella di Licia Lanera e Lucia Zotti, che si spogliano in una danza impacciata, delicata e grottesca, e si osservano in silenzio come in uno specchio, in quella che forse è una delle immagini più coinvolgenti di tutto lo spettacolo.
Nei lavori di Fibre, il corpo, come il dialetto, ha sempre avuto una funzione drammaturgica e scenica fondamentale. Non ci sono molte compagnie che fanno un lavoro simile senza entrare nei cliché: in questo caso, il corpo in scena non ha nulla da ostentare, provocare, pretendere, ma semplicemente racconta. E non è un caso che si sia scelto di far raccontare corpi come quello di un ragazzo disabile, di una donna che ha subito un raschiamento, o di una signora che a quasi ottant’anni ancora vorrebbe provare «l’estasi».
Nato anche dallo spunto di un laboratorio sul rapporto corpi giovani/anziani nella Storia della sessualità di Foucault e poi costruito sui vari attori/personaggi, La Beatitudine è un altro scorcio del complesso e mai convenzionale universo drammaturgico della giovane compagnia barese, alla sua settima produzione, e ormai una delle realtà più valide della nuova drammaturgia italiana.
L’anteprima nazionale dello spettacolo si è svolta a Castrovillari nel secondo giorno di Primavera dei Teatri, festival ideato e curato dalla compagnia calabrese Scena Verticale (Saverio La Ruina, Dario De Luca, Settimio Pisano), quest’anno alla sua sedicesima edizione. Tutto è concentrato nel centro antico del paese, che si trova nel Parco nazionale del Pollino. Nel programma di quest’anno, oltre all’anteprima nazionale di Fibre Parallele, anche quelle di Mario Perrotta, Milite Ignoto. Quindicidiciotto; Ombretta Calco, con Milva Marigliano e la regia di Peppino Mazzotta; Al Muro. Il corpo in guerra, di Renata Molinari. Tra i lavori già in scena e ripresentati al festival, l’ultimo dei padroni di casa, Polvere, di e con Saverio La Ruina. Nella stessa sera di Fibre, anche la prima “uscita nazionale” di Scannasurice di Imma Villa e Carlo Cerciello che ha registrato il tutto esaurito. Sia per la qualità degli spettacoli e dell’organizzazione, che per l’atmosfera accogliente, Primavera dei Teatri dimostra di essere uno dei festival più interessanti e attenti ai nuovi linguaggi della scena italiana contemporanea. (francesca saturnino)
Fibre Parallele, anteprima nazionale a Primavera dei Teatri
La Beatitudine
di: Licia Lanera e Riccardo Spagnulo
drammaturgia: Riccardo Spagnulo
regia: Licia Lanera
con: Mino Decataldo, Danilo Giuliva, Licia Lanera, Riccardo Spagnulo, Lucia Zotti
luci: Vincent Longuemare
spazio: Licia Lanera
assistente alla regia: Ilaria Martinelli
produzione: Fibre Parallele, coproduzione Festival delle Colline Torinesi, CO&MA Soc.Coop. Costing & Management e con il sostegno di Consorzio Teatri di Bari – Nuovo Teatro Abeliano
30 maggio 2015, Teatro Sybaris di Castrovillari