Il cuore c’è. Lo si capice già dalla prima traccia, Tiemp Luntan. Chi ha attraversato o attraversa la cultura hip hop, ascoltando questa traccia, potrà tornare ai tempi dell’adolescenza, quando registrare freestyle su cassette e acquattarsi tra i binari della cumana con sole a picco sulla nuca e la puzza di ruggine sulle mani era il gioco più bello del mondo. È sempre stato un gioco serio, ma c’è chi si è fermato e chi ha continuato, senza abbandonare l’emozione di quando registravi la tua voce o scrivevi su un muro per le prime volte, e avevi la sensazione di non essere più un punto muto della città, ma una sua parte attiva.
Ognuno dei membri dei Sangue Mostro ha attraversato punti nodali della storia del rap partenopeo, ognuno ha portato con sé in questa formazione il proprio bagaglio di esperienze, che nel disco si sentono e si intersecano. Napoli pt.3 non è solo un remake di Napul’è dei 13Bastardi, ma un omaggio a un pezzo che ci ha fatto muovere la testa per molti anni e che adesso è pronto per tornare in strada, aggiornato da featuring che partono dalle origini, con La Famiglia, e che arrivano alle ultime promesse (promesse mantenute) come Oyoshe, passando per gli importanti contributi di Joz (13B) e dei Kimikon Twinz.
Repressione non la si poteva cantare che con Zulù e Macole, il linguaggio è diretto, come sempre: “‘A repressione sai che r’é? È ca nuje primma o poi ce ne jamme tutte quant’ n’galera”, solo rap, zero chiacchiere. Featuring importanti, non solo per il ruolo che hanno svolto nel mondo della musica i diversi artisti ospitati nel disco (basti pensare a A.G. dei D.I.T.C., pietra miliare dell’hip hop), ma per la stesso concetto del disco. Cuo-rap è libero dall’autoreferenzialità che spesso contamina i testi di alcuni emcee, è un album che guarda al di fuori di sé, al mondo che lo circonda, all’atmosfera di crisi in cui è immerso e alla città in cui abita: come un featuring con l’ambiente circostante. I Sangue Mostro si adattano con originalità ai diversi stili degli artisti che suonano con loro, cosa che gli permette di fare un gran bel pezzo sia con Nto che con Valerio Jovine. Dj Uncino fa da colonna portante del sound, mantenendo sempre il livello fino a quando l’album non sfuma negli ultimi echi della bonus track, piena dell’atmosfera di Dj Gruff.
Si rappa in napoletano, perché quando parli con la pancia ti esprimi in dialetto; si usa la vecchia figura del magliaro per parlare dei “rammaggi” tutti contemporanei che si fanno per campare, perché il tempo passa, ma la metafora è ancora valida. Abbiamo ancora una cultura, che non è solo quella degli stereotipi del passato, ma qualcosa che si rinnova e si esprime in altre forme, come in Cuo-rap, dei Sangue Mostro. (umberto piscopo)