da: Il Mattino del 26 aprile
Un giorno di sette anni fa Pasquale Villani, lo storico dell’età contemporanea scomparso l’altra notte a Napoli a pochi giorni dal novantunesimo compleanno, decise di regalarsi una grande libertà. Lui straordinario, rigoroso analista della società meridionale, autore di libri-caposaldo come Mezzogiorno tra riforme e rivoluzione (Laterza, l962) e Feudalità, riforme e capitalismo agrario (Laterza, 1968), lui maestro indiscusso di una schiera di storici come Paolo Macry, Annamaria Rao, Luigi Mascilli Migliorini, Marcella Marmo, Silvio De Maio, Guido Panico, Luigi Musella, Giovanni Montroni, Giuseppe Ovile, Laura Guidi e molti altri, dedse di raccontare una storia d’amore. Lo fece da studioso di alto rango, cimentandosi con un corpus di cinquecento tra documenti di famiglia e soprattutto lettere tra suo padre Felice, nato a Nocera Inferiore a fine Ottocento, e sua madre. E l’esito di quel cimento, Rievocare il privato – Un fidanzamento ritrovato (1905-1920) (Il Mulino), fu molto più di ciò che il titolo indicava. Lo sguardo lungo dello studioso avvezzo a trasformare in collettivi i percorsi individuali si saldò lì con una capacità di narrazione emozionante, squarciandoli materiale opaco delle fonti e donando a chi leggeva una ricostruzione sulle relazioni private d’inizi Novecento più ricca, affascinante e completa di un saggio di storia delle mentalità.
«Ma è vera storia?», si chiedeva Villani nell’introduzione. E in questa domanda dubbiosa sul proprio stesso lavoro, stava una parte dell’essenza preziosa di questo grande studioso, lontano da qualsivoglia protagonismo o narcisismo e capace di anteporre a tutto la serietà e il rigore della ricerca. Quel tratto di discrezione, quel suo stile unico erano un motivo in più perché i suoi allievi formati nelle università dove ha insegnato, da Bari a Salerno, a Napoli, lo amassero, mentre lui generosamente trasmetteva loro il suo metodo di studio, la passione per le fonti, il culto della memoria.
Villani ha analizzato come pochi la società agricola meridionale, cominciando a dedicarsi, giovanissimo, al riformismo borbonico e alle leggi eversive della feudalità nel decennio francese. Del processo storico lo affascinavano le rotture, i momenti affiorati al di sotto della «lunga durata», esplorati in testi come La vendita dei beni di Stato nel regno di Napoli (Laterza, 1962), Gruppi sociali e classi dirigenti all’indomani dell’Unità d’Italia (nel primo annale dell’einaudiana «Storia d’Italia»), nella cura del Saggio storico di Vincenzo Cuoco del 1799 e degli scritti di Nitti dell’Inchiesta sulle condizioni dei contadini di Basilicata e Calabria. Fino all’ultimo libro, Gerarchi e fascismo a Napoli (Il Mulino, 2013), nel solco del suo interesse sociale e politico per la formazione della borghesia meridionale.
Assai prima che diventasse una moda, è stato tra primi storici italiani a confrontarsi con il metodo de Les Annales di Fernand Braudel e Lucien Febvre, riservandosi un’autonomia che lo portò a dissentire della ripartizione braudeliana tra storia delle strutture e storia politica. Villani innestò così l’interesse dei francesi per la cultura materiale su una tradizione che includeva Marx e i suoi maestri Benedetto Croce e Federico Chabod, e privilegiava il rapporto tra continuità e rottura. Quando diceva della giovinezza a Salerno, dov’era nato nel 1924, Villani non tralasciava dettagli sul proprio essere stato un “ragazzino bellicista”, cresciuto in una famiglia liberale. Ma fu tra i primi giovani intellettuali meridionali intenti in letture allora considerate eterodosse, poi attivo in gruppi antifascisti maturati nell’esperienza dei Guf; per poi approdare al socialismo, quindi al comunismo e a partecipare a La Voce di Alicata.
Ai maestri e agli amici attribuiva un ruolo decisivo nella sua crescita intellettuale. Tra i secondi ci furono Leopoldo Cassese, Franco Gaeta (autore con lui di Documenti e testimonianze), Giuliano Procacci, come lui giovane borsista dell’Istituto Croce. Un posto speciale lo occupò Ruggiero Romano, con cui nacque il rapporto con la Francia, rinsaldato nelle frequentazioni con Maurice Aymard, e ancora Mario Del Treppo, Manlio Rossi Doria, Giuseppe Galasso, Fulvio Tessitore. Se è vero che la traiettoria di un uomo si misura anche sullo spessore delle sue amicizie, ecco un altro segno della caratura speciale dello storico e dell’uomo Pasquale Villani. (titti marrone)