Mario, Florin, Cristian, Alberto. Questi sono solo alcuni dei nomi dei ragazzi che incontriamo in un campetto da calcio nei pressi di Cinecittà, alla periferia sud est di Roma. I nomi dicono poco, tranne forse quel Florin che lascia presagire origini altre da quelle bardate con vessilli tricolori. Effettivamente questi quattro ragazzi sono rumeni, della minoranza rom per la precisione, ma loro, come gli altri che non si siedono a chiacchierare con noi, sono soprattutto dei giovani calciatori dell’ASD Birilli, i “birilli” come si chiamano scherzosamente a vicenda.
La squadra è nata ufficialmente un anno fa grazie al sostegno dell’associazione Popica ONLUS, che da anni lavora al processo d’inserimento sociale delle comunità rom della capitale. I Birilli hanno iniziato ad allenarsi tra le pietre del modesto campo da calcio del Metropolitz, una vecchia fabbrica abbandonata e poi occupata alle porte di Roma, dove vivono molti dei piccoli giocatori che abbiamo incontrato. Col tempo sono diventati così tanti che si sono divisi in tre categorie: i pulcini, i giovanissimi e gli esordienti. Iscrittisi quest’anno al campionato ACLI cittadino, i giovanissimi hanno raggiunto i play off posizionandosi quindi in vetta alla classifica, nei primi posti.
«Qui siamo tutti dello stesso paese, anzi della stessa città della Romania, ma nella squadra possono entrate tutti, è solo che ci capiamo meglio tra di noi, in campo parliamo la nostra lingua». Quando si chiacchiera con un ragazzo di quattordici o quindici anni interpretare le sue parole può essere un lavoro difficile, arbitrario in molti casi. Quando sono Lorenzo e Christian a parlarci della squadra, rispettivamente uno degli allenatori e il presidente dei Birilli, le parole dei ragazzi ci si chiariscono maggiormente. «Quando abbiamo creato l’ASD Birilli – racconta Christian – l’obiettivo era quello di togliere i ragazzi dalla strada e metterli sull’erba sintetica di un campo da calcio. Farli giocare con i loro coetanei, romani, italiani, e chi più ne ha più ne metta».
Insomma, l’ASD Birilli non nasce solo per dare un campo da calcio a chi giocava tra l’asfalto della periferia romana. L’altro obiettivo fondamentale della squadra è lo sviluppo di relazioni tra coetanei delle diverse estrazioni sociali. Così facendo si spera di rompere quell’isolamento nel quale le comunità rom vengono chiuse attraverso la sistematica costruzione di nuovi campi nomadi, ai margini della città, da parte dell’amministratore di turno. È contro tutto questo che, gli allenatori consapevolmente e i ragazzi forse un po’ meno, lottano scendendo in campo ogni settimana.
Non si abbattono così solo i muri che separano questi giovani rom dal resto della città, ma si sbatte anche in faccia a chi non vede o non vuol vedere questa ricca eterogeneità cittadina. Assieme alle contraddizioni di una politica che, mentre parla di integrazione, utilizza le peggiori pratiche di una violenta segregazione etnica di cui, a fare le spese, sono i nuovi cittadini di questo vecchio paese.
Per saperne di più sulla storia e gli obiettivi dell’ASD Birilli ascolta l’ultima puntata di Passpartù.