Ora tutti a parlare di van Gaal. Un grande stratega, un tattico sopraffino, un maestro di calcio. Ma questa cosa di sostituire il portiere a pochi secondi dai calci di rigore io l’avevo già vista fare al Votz. È così che i tifosi del Livorno chiamano ancora oggi Osvaldo Jaconi (“il capo”, in cirillico), eroe della promozione che riportò i toscani in serie B dopo quasi trent’anni. Era la fine degli anni Novanta, e la favola del Castel di Sangro fomentò assai meno persone di quella della Costa Rica, infranta ieri notte dagli schiaffi (sul pallone) di Tim Krul. In porta non c’era Cilessen ma De Juliis, che al contrario del collega olandese ebbe una reazione poco elegante quando fu richiamato da Jaconi per lasciare il campo, al minuto centodiciannove del play-off promozione tra Castel di Sangro e Ascoli.
Prima di arrivare in Abruzzo, Pietro Spinosa era stato il portiere della Fidelis Andria e della Turris. Il Guerin Sportivo l’aveva indicato come uno dei migliori giovani della serie C. Seguirono una serie di infortuni e la parte finale della carriera quasi sempre in panchina, da numero dodici. Al minuto centodiciannove il Votz decide che è il suo momento. Lo manda in campo come non aveva mai fatto in trentaquattro partite di campionato e gli dice di parare tutto quello che può. Solo che Spinosa non para molto. Il quarto rigore ascolano finisce fuori, ma senza effetti perché anche i ragazzi del Votz avevano appena sbagliato. Poi tutti gol, fino al tiro numero quattordici, quando Spinosa si distende alla sua sinistra e devia fuori il tiro di Milana. Il primo a correre verso l’eroe di giornata è proprio De Juliis, che smaltita la rabbia per il cambio, si precipita ad abbracciare il compagno. Spinosa sarà confermato, l’anno successivo, con il Castel di Sangro in serie B, ma non scenderà mai in campo, esattamente come durante la precedente stagione.
Olanda-Costa Rica è una partita finita ai rigori per puro caso. La squadra di van Gaal non gioca bene, ma la Costa Rica pensa quasi solo a difendersi e in effetti ci riesce, anche con un po’ di fortuna. Gli orange scendono in campo con un 3-4-3 che dà già l’idea di quella che sarà la partita: tre punte più Sneijder e Kuyt. Nel primo tempo le azioni offensive non sono poche, e i pericoli arrivano soprattutto da Sneijder (alla prima buona prestazione del mondiale), Robben e Van Persie. Nella ripresa il ritmo cala un po’, e i centroamericani provano a ripartire in contropiede, con Campbell che mette paura in un paio di circostanze, soprattutto a causa dei continui errori dell’impresentabile Martins Indi. Clamoroso il salvataggio costaricense sulla linea di porta, all’ultimo secondo dell’ultimo minuto di recupero, con Tejera che alza sulla traversa l’ennesima conclusione di Van Persie. Migliore in campo ancora el gato Navas, scenografico ma efficace portiere del Levante, che nei supplementari parerà l’impossibile, trascinando i suoi fino ai calci di rigore. Il resto della storia è nota. Tim Krul – portiere del Newcastle, che arrivò diciassettenne in Inghilterra e piantò subito una grana, facendosi mandare in prestito in Olanda perché non voleva fare il secondo di un monumento come Shay Given – ne para due (ma a dire il vero li intuisce tutti) e manda la sua nazionale in semifinale. Come Spinosa, tornerà ad accomodarsi in panchina, ma se l’Olanda dovesse vincere la coppa, la sentirà anche sua.
Alle 18,00 a Brasilia era scesa in campo l’Argentina, capace (era ora…) per una volta di creare qualcosa e non solo di difendersi per poi dar palla a Messi e Di Maria. Finalmente in evidenza Higuain, migliore in campo, con un bellissimo gol in girata, una traversa (azione spettacolare con tanto di tunnel) e una serie di giocate pregevoli che non gli avevamo ancora visto fare in questo torneo. Quando al minuto numero otto il Pipita insacca da vero rapace, l’Eurobet di via San Mattia (Quartieri Spagnoli) scoppia come fosse il San Paolo. Da quel momento si radunerà davanti allo schermo una folla di tifosi che elegge – per ovvie ragioni che non è qui il caso di rivangare – l’Albiceleste come la favorita a vincere il torneo, almeno per la barra napoletana. Anche Messi, che gioca una partita appena normale, è osannato: esce irrimediabilmente sconfitto dai paragoni con il più illustre numero dieci argentino, ma stravince in quelli urlati, sempre con gli occhi attaccati allo schermo della tivvù, che mettono a confronto il fantasista del Barcellona (anzi talvolta non lui, ma addirittura il suo membro virile) con l’eterno rivale Cristiano Ronaldo. La partita finirà uno a zero senza grossi rischi per la squadra di Sabella, che fa finalmente fuori Fernandez contentando tre quarti della popolazione argentina, e si presenta alle semifinali con una prestazione almeno decente. Brutta botta sarà l’assenza di Di Maria, uscito per un infortunio muscolare, che forse peserà quanto quella di Neymar per il Brasile, nella semifinale contro la Germania. Male il Belgio: spento, senza idee, sulle gambe. Nonostante i nove punti nel girone la squadra di Wilmots, arrivata in Sudamerica preceduta dalla propria fama, non convince mai del tutto, facendosi ammirare solo per una media di dieci-quindici minuti ogni partita. Troppo poco per puntare davvero in alto.
Eroi del giorno:
– Oltre ai già citati Krul, Higuain, Navas, spicca Alejando Sabella (non solo per aver messo in panca el Flaco Fernandez). Minuto cinquantacinque. Il Pipita parte in contropiede. Due contro quattro, bisogna inventare qualcosa. Due tocchi di palla, tunnel a Company, tiro di destro: traversa. Una grande occasione, creata dal nulla ma non concretizzata. Il tecnico argentino, sempre inappuntabile in giacca e cravatta, si lascia andare all’indietro per la disperazione. Solo che non controlla bene le gambe, e per poco non casca a terra come un Inzaghi qualunque in area di rigore. Sarebbe stato il momento più bello del mondiale.
– Charlotte, incantevole ventenne figlia del grande Caniggia, che pubblica in internet una sua foto con la maglia di Messi, ringraziando la nazionale per la qualificazione. Poco dopo sullo stesso social network arriva una serie di scatti firmato Marlene Doll, pornostar cilena, che promette ai tifosi (ma solo del suo paese: nazionalismi fuori tempo massimo), come consolazione, sei ore di sesso sfrenato se il Brasile dovesse vincere la competizione. Gli appassionati di tutto il mondo a questo punto tifano per una finale sudamericana.
– Da queste parti invece dobbiamo accontentarci di una intervista a Paola Ferrari (pubblicata da Di Più), che se sullo schermo appare sempre più stanca e nervosa, sulle pagine patinate della nota rivista racconta la sua amicizia con Alba Parietti, ringraziandola per avergli fatto incontrare l’uomo della sua vita, al secolo Marco De Benedetti, figlio del più noto Carlo (proprietario del gruppo L’Espresso). Ora un sacco di cose sono molto più chiare. (pazzaglia)