Da: comune-info.net*
In meno di dieci anni Río de Janeiro subisce le conseguenze di tre grandi eventi capaci di modificare la sua fisionomia: i Giochi Panamericani del 2007, la Coppa del Mondo del 2014 e i Giochi Olimpici nel 2016. Questa sequenza di grandi eventi sportivi in così poco tempo viene utilizzata dal capitale finanziario per rimodellare una delle città più belle del mondo, ottenendo enormi profitti e provocando danni irreparabili per le fasce più povere di popolazione. In questo mese, il Comité Popular da Copa e das Olimpiades di Río ha lanciato il suo quarto dossier, intitolato Megaeventi e violazioni dei diritti umani a Rio de Janeiro (leggi o scarica il dossier). Nelle sue centosettanta pagine, il dossier analizza le principali conseguenze che investono la città e la sua popolazione e, allo stesso tempo, mette in luce chi trae benefici dai lavori milionari imposti, tra gli altri, dalla Fifa e dal Comitato Olimpico Internazionale.
“I grandi eventi sportivi segnano il ritorno, in forma più violenta, del disconoscimento dei diritti all’abitare”, si legge al principio del dossier. Si tratta di una pulizia sociale che consiste nel ricollocare i poveri per aprire opportunità di business alle grandi imprese in zone di pregio come Barra da Tijuca, Jacarepaguá e nel centro storico della città. Gli abitanti di queste aree vengono allontanati con la forza verso zone lontane dove devono ricominciare a vivere da zero. Finora sono quasi cinquemila le famiglie sgomberate da ventinove comunità, mentre altre cinquemila vivono sotto la minaccia di sgombero.
Il Comité della Coppa appoggia con ricerche e analisi le comunità allontanate, ma chi ne fa parte rischia anche personalmente per opporsi alle ruspe che abbattono le case. Sono alla testa della resistenza le donne, come Inalva Britos, a Vila Autódromo, e Alessandra nel Morro da Providencia. Nei quartieri popolari vendono cibo per il vicinato o fanno artigianato, una strategia di sopravvivenza che non potranno continuare ad attuare nei desolati quartieri cui le destina il Programma Minha Casa Minha Vida.
Rio è la città più colpita dalla speculazione immobiliare. Il prezzo delle case è salito del 65% tra il 2011 e il 2014, contro una media del 52% che si registra in tutto il Brasile. Il prezzo degli affitti è cresciuto del 43%, contro il 26% di São Paulo. L’elenco delle grandi opere è impressionante: due stadi (l’Olímpico e il Maracaná), la Vila Olímpica e il Porto Maravilha; sei linee di treni leggeri, l’ampliamento della metro e delle autostrade o delle strade urbane a scorrimento veloce: tutto finanziato con denaro pubblico.
Soltanto la ristrutturazione del Maracaná è costata un miliardo e cinquanta milioni di reais (quattrocentosettanta milioni di dollari). Il bilancio dei lavori è aumentato del 65% rispetto a quanto preventivato nel 2010, raggiungendo l’astronomica cifra di un miliardo e cinquecento milioni di dollari solo per le operazioni da effettuare in vista del Mundial e delle Olimpiadi. Quelli che ne hanno tratto i maggiori benefici sono i grandi costruttori: Odebrecht, OAS, Camargo Corrêa y Andrade Gutierrez. Casualmente, si tratta dei più grandi finanziatori dei partiti politici nelle campagne elettorali.
Il Maracaná è stato ricostruito completamente da Odebrecht, che conserva l’appetita gestione dell’area. Condivide con Andrade Gutierrez la costruzione e la gestione della Vila Olímpica, con OAS la gestione dello stadio Olímpico, e così via fino alle venti grandi opere di Rio de Janeiro. Sono centinaia nelle dodici città sedi del Mundial, compresi i nuovi aeroporti e gli hotel. Soltanto il nuovo Terminal III dell’aeroporto di Guarulhos (São Paulo) ha avuto finora un costo di un miliardo e mezzo di dollari.
Nel frattempo è molto forte la repressione da parte delle autorità. L’occupazione da parte dell’esercito del Complexo da Maré (centotrentamila abitanti distribuiti in sedici favelas),fino a quando il Mundial sarà finito, è solo l’azione più conosciuta dalla gente. Negli ultimi giorni di giugno, il governo dello stato di Rio ha dato notizia di otto nuovi automezzi blindati destinati al Battaglione delle operazioni speciali, mezzi che saranno utilizzati nelle attività operative definite di “pacificazione” delle favelas (O Globo, 24 giugno). Nei quattro mesi che hanno preceduto il Mundial, la Segreteria di stato di Rio ha comunicato la reclusione forzata di quattromiladuecentocinquanta persone che vivevano in strada e sono state trasferite in una residenza a settanta chilometri dal centro della città. Secondo il dossier dei Comités da Copa, sono alloggiate in condizioni precarie e soffrono pratiche di tortura.
Rio de Janeiro, intanto, si sta trasformando in una città sempre più costosa e diseguale. Una città divisa, conflittuale, come si è visto nel recente Carnevale, quando oltre il 70% dei netturbini è entrato in sciopero. Dopo otto giorni di duro conflitto e declassamenti, una delle categorie pagate in misura peggiore ha ottenuto un aumento del 37% sul suo salario base, che anche così resta di appena cinquecento dollari. Malgrado le pressioni, è ancora in piedi l’enorme accampamento di quattromila persone organizzato dal MTST (il Movimento dei Senzatetto) a tre chilometri dallo stadio Itaquerão.
Passata la metà delle gare del Mundial, le manifestazioni sono calate e la quantità di persone mobilitate è stata minore che nelle settimane precedenti. Anche così, tuttavia, le proteste sono tutt’altro che scomparse. Nessuno ha dimenticato l’esito delle giornate di giugno del 2013, che sono riuscite a frenare gli aumenti del biglietto dei trasporti urbani, ma che in realtà mettevano in discussione il modello di città che il capitale sta imponendo con il sostegno di un’ampia coalizione di partiti. Un recente comunicato del MTST, che mantiene un presidio di quattrocento persone di fronte al consiglio municipale per chiedere case popolari, assicura che lotta non è cominciata con il Mundial e non finirà con la sua conclusione. Sarà bene ricordare che il grande lascito della competizione è la speculazione immobiliare e l’esclusione sociale urbana.
Dopo luglio, quando il pallone avrà smesso di girare e si spegneranno i fuochi d’artificio mediatici, i brasiliani torneranno alla loro vita di ogni giorno pagando tariffe abusive per trasporti pessimi. La resistenza all’estrattivismo urbano è appena cominciata. (raul zibechi – traduzione di m.c.)
*articolo già pubblicato da La Jornada